Contributi e stima della futura pensione: i tassi di sostituzione

Per costruire la pensione bisogna versare periodicamente parte del proprio reddito all'ente previdenziale di riferimento: ma di quanto versato, quanto viene "restituito"? Un buon indicatore per scoprirlo, ma ancora di più per stimare il proprio reddito disponibile dopo il pensionamento, sono i tassi di sostituzione… 

Sapere quanto si percepirà di pensione al termine dell’attività lavorativa è molto importante per poter affrontare il futuro con consapevolezza ed eventualmente capire se e come attrezzarsi per supportare il reddito derivante dal trattamento pensionistico con altre rendite (ad esempio, quelle derivante da una “pensione di scorta”).

Sono in realtà diversi gli strumenti che consentono di calcolare, a normativa vigente, quale sarà l’ammontare del proprio assegno previdenziale al momento dell’effettivo pensionamento ma, per quanto utile, soprattutto nel caso in cui il calcolo venga fatto da persone che hanno ancora davanti a sé una carriera piuttosto lunga, questo dato può di per sé non rappresentare un’informazione esaustiva: come prevedere quale sarà il valore reale del proprio risparmio previdenziale in futuro?   Proprio per rispondere a questo dubbio, viene in soccorso il cosiddetto tasso di sostituzione, vale a dire il rapporto – espresso in termini percentuali – tra l’importo del primo rateo pensionistico e l’ultimo stipendio o ultimo reddito percepito prima del pensionamento. In buona sostanza, dunque, un buon indicatore per stimare di quanto cambierà il reddito disponibile dopo il pensionamento.

 

Cos’è il tasso di sostituzione?

Il tasso di sostituzione è quindi una misura della copertura pensionistica garantita ai lavoratori al momento del pensionamento, calcolata nella forma di rapporto tra la prima rata di pensione e l’ultimo stipendio (o reddito da lavoro per autonomi e liberi professionisti): vien da sé che maggiore sarà il rapporto, minore sarà l’impatto del momento del pensionamento sul reddito disponibile. Volendo fare un esempio per semplicità… Con un tasso di sostituzione pari al 70%, a fronte di uno stipendio di 1.000 euro al mese, il futuro pensionato percepirà 700 euro di pensione; con un tasso di sostituzione al 60%, l’assegno pensionistico ammonterà a 600 euro. A fronte di uno stipendio di 1.500 euro al mese, con un tasso di sostituzione al 70% l’assegno sarà di 1.050 euro, con un tasso del 60% scenderà invece a 900 euro, e così via. 

Attenzione! Godere di un tasso di sostituzione elevato non è dunque di per sé garanzia di un assegno pensionistico pesante: una variabile altrettanto fondamentale è infatti l’ultimo stipendio o reddito da lavoro disponibile. D’altro canto, in presenza di bassi tassi di sostituzione, anche uno stipendio o un reddito elevato potrebbero determinare un assegno pensionistico non propriamente in linea con le attese. 

 

Come si calcola il tasso di sostituzione?

Premessa indispensabile è che non tutti i tassi di sostituzione sono uguali! In particolare, mentre i tassi di sostituzione lordi sono definiti come il rapporto la prima rata di pensione al lordo delle tasse e l’ultima retribuzione al lordo di contributi e tasse, i tassi di sostituzione netti sono calcolati esprimendo sia la pensione sia la retribuzione al netto del prelievo contributivo e fiscale. Una distinzione non di poco conto: nello stimare il reddito “spendibile” da pensionati i tassi netti risultano infatti decisamente più significativi di quelli lordi. 

In ogni caso, i tassi di sostituzione dipendono da vari fattori: età, tipologia di lavoro svolto (dipendente o autonomo), andamento del PIL, anni di contribuzione, periodi in cui si colloca la contribuzione (contributivo vs retributivo), dinamica della carriera lavorativa, inflazione, etc.

Tabella 1 - Tassi di sostituzione nella previdenza obbligatoria  
Tassi di sostituzione previdenza obbligatoria (simulazioni Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali)Fonte: elaborazioni Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali tramite il motore di calcolo Epheso


Semplificando, con un paio di esempi numerici*: 

- per un lavoratore dipendente, il tasso di sostituzione riferito alla pensione di vecchiaia è pari a circa il 70% (quasi l’80% per le generazioni che stanno entrando ora nel mondo del lavoro, sempre a patto – s’intende - di poter contare su una carriera lavorativa continua);

- per un lavoratore autonomo, tenuto conto del graduale aumento delle aliquote contributive, con ovvi riflessi sui tassi di sostituzione, si registra invece nel corso del tempo un lieve incremento e potranno contare su una pensione che ammonta a circa il 60% (percentuale che può variare fino a oltre il 70%) dell’ultimo reddito da lavoro.

* Le proiezioni sono elaborate dal Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali attraverso il motore di calcolo Epheso sulla base dei parametri ufficiali della Ragioneria Generale dello Stato (RGS): crescita delle retribuzioni individuali attese all’1,51% reale, ipotesi di crescita media quinquennale del PIL pari a 1,57% reale e inflazione al 2% (con relativo incremento della produttività pari all’1,53% annuo). Tenuto conto anche dell’attuale congiuntura economico-finanziaria, difficilmente questi parametri riusciranno a concretizzarsi nel prossimo futuro ed è quindi piuttosto probabile che i tassi di sostituzione subiranno una lieve riduzione rispetto alle stime qui riportate. 
 

 

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