Come funziona il contratto a tempo indeterminato

Il contratto a tempo indeterminato: cos'è e cosa cambia con le tutele crescenti?

Forma più comune di rapporto di lavoro, è il contratto di lavoro subordinato con cui il lavoratore dipendente si impegna a prestare la propria attività a tempo indeterminato, vale a dire senza vincoli di durata prefissati. Generalmente redatto in forma scritta, deve contenere tutte le informazioni necessarie a disciplinare il rapporto di lavoro, quali mansione, inquadramento, data di inizio del rapporto ed eventuali indicazioni sul periodo di prova, importo della retribuzione ed elementi costitutivi, luogo e orario di lavoro, giorni di ferie e permessi, termini di preavviso in caso di recesso. Laddove alcune di queste informazioni siano omesse, il rimando è  all'eventuale contratto collettivo nazionale del lavoro di riferimento.

Poiché il contratto a tempo indeterminato non ha vincoli di durata prestabiliti, affinché si risolva (eccezion fatta per il caso in cui il lavoratore arrivi al termine "naturale" del suo percorso professionale e acceda alla pensione) è necessario un atto di recesso in forma scritta, che prenderà forme diverse a seconda delle parti in causa:

  • dimissioni,  quando la risoluzione è scelta dal lavoratore; 
     
  • licenziamento, quando la risoluzione è scelta dal datore di lavoro. 
     

Mentre il lavoratore può rassegnare le proprie dimissioni senza l'obbligo di esplicitare motivazioni particolari, il datore di lavoro può licenziare un dipendente a tempo indeterminato solo a condizione che intercorrano delle valide ragioni. In particolare, il licenziamento può essere intimato per:

  • giusta causa, vale a dire per eventi gravi legati al comportamento del lavoratore tali da non consentire il proseguimento del rapporto di lavoro neppure in via provvisoria; il dipendente licenziato per giusta causa perde quindi il diritto al preavviso; 
     
  • giustificato motivo, oggettivo (derivante da motivi aziendali) o soggettivo (vale a dire legato a un'inadempienza del lavoratore). Il giustificato motivo soggettivo si differenzia dalla giusta causa perché non così grave da consentire il licenziamento senza preavviso. 


In entrambe le situazioni, il lavoratore ha il diritto di verificare le motivazioni addotte per giustificare il licenziamento. Sia in caso di licenziamento sia in caso di dimissioni, chi decide di interrompere il contratto di lavoro deve quindi garantire un preavviso all’altro soggetto coinvolto. La durata è normalmente stabilita dal contratto collettivo di riferimento; in mancanza di preavviso, chi recede è tenuto al versamento di un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. L'obbligo da parte del datore di lavoro viene meno, come già evidenziato, in caso di licenziamento per giusta causa; va tuttavia sottolineato che anche il lavoratore ha in realtà diritto a non concedere preavviso in caso di gravi inadempimenti da parte del datore di lavoro, ad esempio in caso di mancata corrispondenza della retribuzione.

Doveroso infine ricordare le novità normative legate al Jobs Act e al Decreto Legislativo 4 marzo 2015 n.23: la recente riforma del mercato del lavoro ha infatti portato  alla definizione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. A dispetto del nome, però, il contratto a tutele crescenti non rappresenta una forma ex novo di lavoro subordinato, ma introduce piuttosto una nuova disciplina normativa in riferimento alle tutele legate ai licenziamenti illegittimi. Va poi precisato che tale disciplina non ha validità universale, ma interessa esclusivamente i neoassunti a tempo indeterminato (ad esclusione dei dirigenti) a partire dal giorno 7 marzo 2015. Si applica inoltre alle trasformazioni da apprendistato o tempo determinato a contratti a tempo indeterminato, nonché ai rapporti già in essere nel caso nel caso di aziende che, a seguito di nuove assunzioni, abbiano superato il limite dei 15 dipendenti.

Per tutti gli altri lavoratori continuerà invece ad applicarsi quanto previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e dalla Legge n.604/1966, ossia le tutele di tipo reale od obbligatorio, così come riformate dalla legge 92/2012.

 

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