L'ABC della previdenza: i dipendenti pubblici

Dall'entità della contribuzione obbligatoria alla misura dei possibili trattamenti previdenziali: tutte le informazioni utili sulla previdenza di base per i lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione


CONTRIBUTI OBBLIGATORI (quanto costa la pensione)

Il sistema pensionistico dei lavoratori dipendenti del settore pubblico, iscritti all’ex INPDAP (ente confluito all’INPS dall’1 gennaio 2012), è finanziato attraverso un prelievo contributivo rapportato alla retribuzione erogata. La retribuzione imponibile ai fini del versamento della contribuzione previdenziale é costituita da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

La retribuzione utilizzata per il versamento dei contributi costituisce anche la retribuzione presa a base per il calcolo della pensione.

L’attuale aliquota contributiva destinata al fondo pensioni dei dipendenti pubblici è pari al 33%, di cui 8,80%, per i dipendenti delle amministrazione statali, e 32,65% per i dipendenti degli enti locali e Asl, di cui 8,85% a carico del lavoratore dipendente. Sulla quota di retribuzione annua d’importo eccedente la cosiddetta retribuzione pensionabile (55.008 euro per l’anno 2024) è prevista un’aliquota maggiorata di un punto, a completo carico del dipendente. L’1% aggiuntivo non dà luogo a pensione ma è di natura solidaristica.

 

La contribuzione obbligatoria dipendenti pubblici

Contribuzione dipendenti pubblici 2021

Per i lavoratori privi di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre 1995 che si iscrivono a far data dall’1 gennaio 1996  a forme pensionistiche obbligatorie  è stabilito un massimale annuo della base contributiva e pensionabile.  Tale massimale, fissato in lire 132 milioni per l’anno 1996, viene rivalutato annualmente sulla base dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (il limite relativo al 2024 è pari a 119.650 euro). Oltre tale limite di reddito non si versano i contributi e quindi la prestazione pensionistica è plafonata sul massimale contributivo.

 

 

I TRATTAMENTI PENSIONISTICI

Il diritto alle prestazioni pensionistiche è subordinato alle condizioni che in via generale sono il verificarsi dell'evento protetto (ad esempio il compimento di una determinata età) e il possesso da parte dell'assicurato di determinati requisiti contributivi e assicurativi.


La pensione di vecchiaia

La pensione di vecchiaia viene riconosciuta qualora ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni: compimento dell'età pensionabile; raggiungimento di determinati requisiti contributivi; cessazione del rapporto di lavoro dipendente.

Età
Spetta all'età di 67 anni per gli uomini e per le donne. Il limite di età delle donne è stato parificato a quello degli uomini dal 2018. il suddetto requisito anagrafico, a far tempo dall'1 gennaio 2013, è stato adeguato alla cosiddetta speranza di vita (sulla base dei dati forniti dall’ISTAT), con una periodicità triennale fino al 2018 e diventata biennale dal 2019.

Minimo di contributi
Il diritto alla pensione di vecchiaia è riconosciuto quando il lavoratore possa far valere almeno 20 anni di contribuzione. Al fine di tutelare posizioni precedenti al 1993 (riforma Amato) è stabilito che si continuino ad applicare i precedenti requisiti (minimo di 15 anni) per i seguenti soggetti:

  •  
  • lavoratori che abbiano maturato 15 anni di contributi alla data del 31 dicembre 1992;
     
  •  
  • lavoratori che al 31 dicembre 1992 risultino ammessi alla prosecuzione volontaria. Non è richiesto che l'assicurato ammesso alla prosecuzione volontaria abbia anche effettuato versamenti anteriormente alla predetta data;
     
  •  
  • lavoratori che possano far valere una anzianità assicurativa di almeno 25 anni e che siano stati occupati per almeno 10 per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare (i cosiddetti "precari").
  •  
  •  
  •  


La pensione di vecchiaia contributiva

Per i lavoratori che hanno iniziato l'attività dall’1 gennaio 1996 (privi di anzianità contributiva, anche all’estero, al 31 dicembre 1995), la pensione di vecchiaia, dall’1 gennaio 2012, richiede gli stessi requisiti di quelli previsti per i soggetti che risultano già assicurati alla data del 31 dicembre 1995: 67 anni di età e 20 anni di anzianità contributiva.

È inoltre possibile ottenere la pensione di vecchiaia contributiva all’età di 71 anni sia per le donne che per gli uomini, con almeno 5 anni di contribuzione effettiva, volontaria e da riscatto (non valgono i contributi figurativi). Viene richiesta la cessazione del lavoro dipendente.

Condizione
Affinché venga riconosciuta la pensione a coloro che hanno contribuzione solo a partire dal 1° gennaio 1996 è necessario che il valore minimo della pensione scende da 1,5 volte l’assegno sociale, come era fino al 2023, a 1 volta l’assegno sociale, pari per il 2024 a 534,4 euro lordi mensili.



La pensione anticipata (ex "pensione di anzianità")

La pensione anticipata è il trattamento previdenziale che si può ottenere in anticipo rispetto all’età prevista per la vecchiaia, da cui il nome.  Dall’1 gennaio 2012 per la pensione anticipata è richiesta un’anzianità contributiva pari a 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne. Tali requisiti sono aumentati di 4 mesi per l’anno 2013, di un mese nel 2014 e di ulteriori 4 mesi dal 2016 secondo la parametrazione periodica agli andamenti demografici. Nella tabella che segue sono dunque riepilogati gli adeguamenti alla cosiddetta speranza di vita dal 2012 - anno della loro introduzione con la legge Monti-Fornero – fino al 2028.

Attenzione! Proprio nel 2019 sarebbero dovuti ulteriormente aumentare i requisiti contributivi minimi sia per gli uomini sia per le donne: per i primi da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 3 mesi e per le seconde da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e 3 mesi.

                            Pensione anzianità dipendenti pubblici 2021                 

Il decreto legge del 28 gennaio 2019, n.4 è tuttavia intervenuto sul tema dell'indicizzazione dell'anzianità contributiva rispetto all’aspettativa di vita, bloccandola a 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (un anno in meno per le donne): come recita il testo del decreto legge, il "blocco" è sperimentale e dunque in vigore dall’1 gennaio 2019 al 31 dicembre 2026. Viene comunque introdotto un differimento della decorrenza di 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti pensionistici (la cosiddetta “finestra mobile”). Secondo le tabelle di riferimento rilasciate dal MEF nel dicembre 2023, i requisiti rimarranno bloccati fino al 2028 compreso.

Attenzione! Per i lavoratori iscritti al sistema pensionistico pubblico a partire dal 1/1/1996 (cioè i lavoratori interamente assoggettati al regime contributivo non avendo maturato prima di quella data contribuzione neppure all’estero), è previsto un ulteriore canale di accesso al pensionamento anticipato. Essi possono accedere con un’età inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia, fino a un massimo di 3 anni, dunque 64 anni per il 2024, se in possesso di almeno 20 anni di contribuzione effettiva (non sono considerati utili i contributi figurativi) e un importo minimo di pensione variabile in base allo status del lavoratore:

Uomo/Donna priva di figli: 3 volte l’assegno sociale (nel 2024 1.603 euro lordi mensili);
Donna con 1 figlio: 2,8 volte l’assegno sociale (nel 2024 1.496 euro lordi mensili) stesso valore del 2023;
Donna con 2 o più figli: 2,6 volte l’assegno sociale (nel 2024 1.389 euro lordi mensili) valore inferiore al 2023.
 

Quest’ultima forma di pensionamento, dal 2024 prevede una finestra di differimento trimestrale a partire dal momento del raggiungimento dei requisiti, e, dalla decorrenza della pensione e fino alla maturazione dell’età di vecchiaia (da 64 a 67 anni), non potrà avere un valore superiore a 5 volte il trattamento minimo (nel 2024 circa 2.990 euro mensili), dopodiché, raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia, l’assegno tornerà al valore pieno. 


Opzione donna

La legge n. 213/2023 ha modificato i requisiti di accesso ad Opzione Donna, precedentemente corrispondenti a almeno 35 anni di contributi e almeno 60 anni di età oltre al possesso di almeno un requisito soggettivo tra quelli previsti dalla normativa.

A partire dal 1° gennaio 2024, il diritto a Opzione Donna è concesso alle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2023 hanno maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di 61 anni, ridotta di 1 anno per ogni figlio nel limite massimo di 2 anni, e che si trovano in una delle seguenti condizioni:

a) assistono, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità o un parente o un affine di secondo grado convivente se i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 60 anni o siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o deceduti o mancanti;

b) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, pari o superiore al 74%;

c) sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa, Mimit (articolo 1, comma 852, legge n. 296/2006). Per queste lavoratrici la riduzione massima di 2 anni del requisito anagrafico di 60 anni trova applicazione a prescindere dal numero di figli, portando l’età da possedere entro la fine del 2022 a 58 anni.

Con la circolare 11/2019, l’INPS ricorda che per raggiungere il requisito dei 35 anni di contribuzione non concorrono i contributi accreditati per malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti. Non solo, la circolare 11/2019 specifica inoltre che alle lavoratrici madri che accedono al pensionamento tramite opzione donna non si applicano le agevolazioni previste dalla Legge Dini (articolo 1, comma 40, della legge n. 335 del 1995). In sostanza, per le pensioni contributive non sono riconosciuti i contributi figurativi relativi ai periodi di assenza dal lavoro per motivi di educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età o di assistenza al coniuge e al genitore, oltre a non essere riconosciuto l’anticipo di quattro mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di un anno.

La circolare 6/2020 ha specificato che le lavoratrici che presentano domanda per opzione donna, dal momento che la misura comporta la conversione al metodo di calcolo contributivo, possono presentare, contestualmente, domanda di riscatto agevolato della durata legale del corso di studi universitari, allegando alla stessa il modello AP142. Nel caso del lavoro dipendente, la pensione decorre in ogni caso 12 mesi dopo la maturazione dei requisiti, che diventano 18 per le lavoratrici che hanno maturato contribuzione anche nella gestione artigiani e commercianti. Le lavoratici del comparto scuola e AFAM, al ricorrere dei requisiti, possono conseguire il trattamento pensionistico rispettivamente a decorrere dall'1 settembre.

 

Quota 103 o Pensione Anticipata Flessibile
Si tratta di un’opzione introdotta dalla legge n. 197/2022 che ha modificato il decreto legge 4/2019 introduttivo di Quota 100 e che consente di accedere alla pensione con 62 anni di età e 41 di contributi; la misura ha carattere sperimentale e la sua validità si estende pertanto a tutti i lavoratori (dipendenti, autonomi e iscritti alla Gestione separata INPS) che matureranno i requisiti entro il 31 dicembre 2024.

Attenzione! Per esercitare questa possibilità, è necessario possedere contemporaneamente entrambi i requisiti minimi. A proposito del requisito contributivo, occorre inoltre si ritiene valida la contribuzione a qualsiasi titolo accreditata in favore dell’assicurativo, fermo restando – così come precisato anche dalla circolare INPS 11/2019 -  il possesso di almeno 35 anni di contribuzione effettiva, al netto di periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti. Per raggiungere il requisito contributivo, gli iscritti a due o più gestioni previdenziali, non titolari di pensione a carico di una delle stesse, possono cumulare i periodi assicurativi non coincidenti nelle stesse gestioni amministrate dall'INPS, ad esclusione dei contributi maturati presso le casse professionali per i quali è possibile ricorrere alla ricongiunzione onerosa.

La domanda può essere presentata una volta maturati i requisiti (anche nel 2024, se raggiunti entro il 31 dicembre dell’anno precedente), mentre la prestazione decorre, per i dipendenti della pubblica amministrazione, 9 mesi dopo la maturazione del diritto per effetto della finestra trimestrale prevista per i dipendenti della Pubblica Amministrazione. Per il personale del comparto Scuola ed AFAM la decorrenza rimane, invece, fissata dall’anno scolastico successivo alla domanda di collocamento a riposo, ricordando che coloro che abbiano maturato i requisiti entro il 31.12.2023 possono presentare domanda entro il 28.02.2024. 

Per quanto riguarda la misura della pensione, va precisato che l’importo non subisce nel calcolo alcuna penalizzazione, pur verosimilmente meno generoso di quello di un’ipotetica pensione anticipata per effetto sia del minor numero di anni di contribuzione sia di un coefficiente di trasformazione più basso. Va però tenuto conto che il trattamento di pensione anticipata flessibile viene riconosciuto per un valore lordo mensile massimo dell’assegno di pensione non superiore a quattro volte il trattamento minimo previsto dalla legislazione vigente, per le mensilità di anticipo del pensionamento rispetto al momento in cui il diritto maturerebbe a seguito del raggiungimento dei requisiti ordinari di accesso al sistema pensionistico ai sensi dell'articolo 24, comma 6, decreto legge n. 201/2011 (67 anni di età per entrambi i sessi fino al 2026 per l’accesso alla pensione di vecchiaia). Inoltre, la Legge di Bilancio 2024, ha modificato il metodo di calcolo relativo alla pensione Quota 103, prevedendo l’obbligatoria conversione al metodo di calcolo contributivo, solitamente più svantaggioso rispetto al metodo di calcolo misto. 

Attenzione! Chi andrà in pensione con Quota 103 non potrà percepire redditi da lavoro dipendente o autonomo fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia (attualmente, 67 anni): all’assoluto divieto di cumulo durante il periodo di anticipo – pena la sospensione della pensione stessa – è comunque prevista una deroga per il lavoro autonomo occasionale entro il limite annuale di 5.000 euro lordi annui. Chi richiede la pensione in Quota 103 deve dichiarare l’assenza o meno di redditi incumulabili, mediante la presentazione del modello AP140 in fase di domanda di pensione. 

Si ricorda anche per coloro che maturino i requisiti entro il 31 dicembre 2024, l'accesso è consentito anche negli anni successivi, ferma restando la possibilità di accedere anche alle pensioni Quota 100, Quota 102 e 103 versione 2023 per chi ne aveva maturato i requisiti entro, rispettivamente, il 2021, il 2022 e il 2023.

La Legge di Bilancio 2024 ha rinnovato il cd. Bonus Maroni, incentivo previsto per coloro che, raggiunti i requisiti per la pensione in Quota 103, decida di rimanere in servizio. Si potrà scegliere se continuare a versare contributi, aumentando la futura pensione, o godere dell'incentivo beneficiando di una decontribuzione totale in busta paga ricevendo il valore della quota di contributi previdenziali a carico del lavoratore (9,19% dell'imponibile previdenziale) che avrebbero dovuto essere versati all'INPS. Il bonus decorre dal mese successivo alla richiesta telematica da presentare all'INPS con una notifica al datore di lavoro e rimane attivo fino all'età della vecchiaia o, se anteriore, alla liquidazione della pensione.

 

Lavori usuranti

Il lavoratore che svolge attività usuranti per almeno la metà della vita lavorativa o per 7 anni negli ultimi 10 beneficia di una particolare normativa, come specificato da INPS con la circolare 90/2017. Dall’1 gennaio 2012, i lavoratori interessati - in possesso di un’anzianità contributiva minima di 35 anni e di una determinata età anagrafica minima - possono accedere al trattamento pensionistico attraverso il cosiddetto “sistema delle quote”, date dalla somma dell'età anagrafica e dell’anzianità maturata. I requisiti sono riepilogati nella tabella che segue, nella quale sono indicati anche i requisiti richiesti ai lavoratori notturni che prestano la loro attività a turni per un numero minimo di giorni lavorativi all'anno inferiore a 78.

I requisiti richiesti a partire dal 2016 restano “congelati” sino a tutto il 2026 in quanto nei loro confronti non trova applicazione né l’adeguamento demografico alla speranza di vita né il posticipo della decorrenza, fissata al 13° mese (18° per gli autonomi) successivo a quello di maturazione dei requisiti (la cosiddetta finestra mobile).

Lavori usuranti e notturni - dipendenti pubblici

 

Lavoratori precoci

La Legge di Bilancio 2017 ha riconosciuto la necessità di un intervento in favore delle categorie di lavoratori cosiddette precoci che si trovano in condizione di particolare disagio lavorativo e/o economico. Sono definiti precoci i lavoratori che possono vantare almeno un anno (12 mesi, anche non continuativi) di contribuzione, riferiti a periodi di lavoro effettivo, precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età.

Questi lavoratori, dall'1 gennaio 2017, possono ottenere la pensione anticipata con 41 anni di contribuzione, di cui almeno 35 effettivi (eventualmente maturati anche in regime di cumulo tra gestioni INPS e Casse di Previdenza per i liberi professionisti), a condizione che:

a) siano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, e che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno 3 mesi (compresi i tempi determinati purché abbiano lavorato almeno 18 mesi negli ultimi 36);

b) assistano in qualità di caregiver, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (Legge n..104/1992) o parente o affine di 2° grado convivente se i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità hanno compiuto 70 anni o sono anch'essi affetti da patologie invalidanti o sono deceduti o mancanti;

c) presentino una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%;

d) siano lavoratori dipendenti all’interno delle professioni indicate nella tavola sottostante, che abbiano svolto una o più delle attività usuranti riportate in tabella per un periodo di tempo pari ad almeno: 6 anni negli ultimi 7 di attività lavorativa, o 7 anni negli ultimi 10, oppure la metà della vita lavorativa complessiva.

      

   A. Operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici

   B. Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni

   C. Conciatori di pelli e di pellicce

   D. Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante

   E. Conduttori di mezzi pesanti e camion

   F. Personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con  lavoro organizzato in turni

   G. Addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza

   H. Insegnanti della scuola dell'infanzia e educatori degli asili nido

   I. Facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati

   L. Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia

   M. Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti

   Dal 2018 anche:

   N. Operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca

   O. Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative

   P. Lavoratori del settore siderurgico di 1a e 2a fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature      

   Q. Marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne

Attenzione! Per certificare che un dipendente abbia svolto attività gravose, non conta il premio Inail, ma la qualifica professionale del lavoratore sulla base della classificazione delle professioni adottata da Istat, come risultante dai flussi Uniemens trasmessi.

L’anticipo, in effetti, è di 22 mesi per gli uomini e di soli 10 mesi per le donne. Inoltre, dall’1 gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2026, in base al DL 4/2019 il requisito di 41 anni non è più soggetto all’adeguamento demografico del requisito contributivo alla variazione della speranza di vita, ma è assoggettato alla cosiddetta “finestra mobile” di 3 mesi: tra la maturazione del diritto e la decorrenza della pensione deve passare un periodo di 3 mesi.


 

 

TRATTAMENTI DI INVALIDITÀ

Sono previsti tre distinte prestazioni: la pensione di inabilità, la pensione per inabilità accertata, la pensione di privilegio.

 

Pensione d’inabilità

Si tratta della la stessa prestazione prevista per i dipendenti del settore privato. Il soggetto riconosciuto inabile, che si trovi nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa ha diritto ad una pensione costituita dal trattamento effettivamente maturato sulla base della contribuzione versata, maggiorato di una quota pari a quella che avrebbe maturato se avesse continuato a lavorare sino all’età di 60 anni (uomini e donne), entro il limite di 40 anni. Ai fini del perfezionamento del diritto la pensione di inabilità è richiesto il possesso di un minimo di 5 anni di contribuzione, di cui almeno 3 anni presenti nel quinquennio precedente la presentazione della domanda.

 

Pensione per inabilità accertata

Il dipendente pubblico può essere collocato a riposo a seguito di accertamento dello stato di salute se viene riscontrata una delle seguenti condizioni: inabilità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro, ovvero inabilità assoluta e permanente alle mansioni svolte. Indipendentemente dall’età anagrafica, il diritto al trattamento di pensione richiede almeno:

  •  
  • 14 anni, 11 mesi e 16 giorni di servizio utile, in caso di collocamento a riposo per inabilità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro;
     
  •  
  • 19 anni, 11 mesi e 16 giorni di servizio utile, in caso di collocamento a riposo per inabilità assoluta e permanente alle mansioni svolte.
  •  
  •  
  •  

Gli iscritti alla Cassa Stato cessati dal servizio per infermità non dipendente da causa di servizio hanno diritto a pensione di inabilità se hanno almeno 15 anni di servizio effettivo (14 anni, 11 mesi e 16 giorni).

 

Pensione di privilegio

Consiste in un trattamento di natura economica che spetta al dipendente pubblico divenuto inabile per patologie derivanti da causa di servizio. Per causa di servizio si intende un danno fisico subito o una malattia contratta per cause o condizioni insite nel tipo di lavoro prestato. La concessione del privilegio avviene indipendentemente dagli anni di servizio.

Affinché  sia riconosciuta la pensione di privilegio è richiesto che il soggetto contragga una malattia contagiosa o una malattia professionale, o riporti una ferita o una lesione traumatica, per causa o concausa di servizio (nel secondo caso la concausa deve essere necessaria e preponderante).

La pensione di privilegio è stata abrogata (con decorrenza a partire dall'1 dicembre 2012) dalla riforma Monti-Fornero. Rimane in essere (con i precedenti requisiti) solo per gli appartenenti al “comparto sicurezza”.

 

LA PENSIONE AI SUPERSTITI

Il diritto alla pensione in favore dei superstiti sorge in caso di decesso del pensionato oppure del lavoratore in attività, a condizione che quest'ultimo, al momento del decesso, possa far valere almeno 15 anni di contribuzione, ovvero 5 anni, di cui almeno 3 versati nel quinquennio precedente la data della morte.

Aventi diritto
I superstiti beneficiari possono classificarsi in tre gruppi: il coniuge e i figli (minorenni, maggiorenni studenti sino a 21 anni ed universitari sino a 26 anni, ovvero inabili e a carico del genitore defunto), i genitori, i fratelli e le sorelle (in mancanza di coniuge e figli).

Quote spettanti
La misura della pensione è stabilita in una quota dell’intero importo del trattamento già liquidato al lavoratore o che a lui sarebbe spettato. Le quote sono le seguenti: coniuge solo: 60%; coniuge e un figlio: 80%; coniuge e due o più figli: 100%. Qualora abbiano diritto a pensione soltanto i figli, ovvero i genitori o i fratelli o sorelle, le aliquote sono le seguenti: un figlio: 70%; due figli: 80%; tre o più figli:100%; un genitore: 15 %; due genitori: 30%; un fratello o sorella: 15%.

La pensione ai superstiti non può, in alcun caso, risultare superiore all’intero ammontare della rendita della quale risultava titolare, o che sarebbe spettata al lavoratore deceduto. Se il totale delle aliquote riferite a tutti i familiari supera il 100%, la pensione ai superstiti deve intendersi così ripartita: se superstiti sono il coniuge e tre o più figli, al coniuge spetta il 60%; il restante 40% va diviso in parti uguali tra i figli; se superstiti sono 3 o più figli, l'intero importo va diviso in parti uguali tra i beneficiari.

Se il superstite possiede redditi
La pensione attribuita ai superstiti, qualora il beneficiario faccia parte di un nucleo familiare dove non vi siano figli minori, studenti o inabili, è corrisposta nella misura ridotta: al 75%, in presenza di redditi imponibili IRPEF (escluso quello della casa di abitazione) d’importo annuo superiore a 3 volte il trattamento minimo INPS; al 60%, in presenza di redditi d’importo annuo superiore a 4 volte il trattamento minimo; al 50%, in presenza di redditi imponibili IRPEF d’importo annuo superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS (Legge 335/1995).

Ai fini della cumulabilità sono valutati i redditi assoggettabili all’IRPEF, al netto dei contributi previdenziali, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto comunque denominati e relative anticipazioni, del reddito della casa di abitazione e delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. In ogni caso non deve essere valutato l’importo della pensione ai superstiti interessata alla riduzione.

Il minimo INPS del 2024 è di di 7.781,93 euro annui, pari a 598,61 euro mensili.

Cumulo tra reddito e pensione ai superstiti

Cumulo tra reddito e pensione ai superstiti 2021

In ogni caso, il trattamento pensionistico che deriva dal cumulo dei redditi con la pensione ai superstiti ridotta non può essere inferiore a quello che spetterebbe al pensionato se il reddito fosse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti a quella in cui si colloca il reddito posseduto (cd. salvaguardia), come chiarito dalla circolare Inps n. 108/2023 a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2022.

 

DECORRENZA DELLE PENSIONI

La pensione di vecchiaia decorre dal mese successivo a quello in cui si maturano i requisiti richiesti per il diritto. La pensione anticipata (e di anzianità) decorrono, dal 2019, tre mesi dopo il compimento dei requisiti, con la cosiddetta “finestra mobile”; per il personale della scuola, la decorrenza è fissata all’1 settembre dell’anno in cui matura il diritto.

I trattamenti di invalidità decorrono dal  giorno successivo a quello della dispensa dal servizio. La pensione ai superstiti è fissata al giorno successivo alla data del decesso del dante causa.

 

MISURA DELLA PENSIONE

Il sistema di calcolo della pensione si differenzia a seconda dell’anzianità contributiva maturata alla data del 31 dicembre 1995:

  •  
  •  
  •  
  • per chi può contare su almeno 18 anni di contributi (compresi i contributi, figurativi, da riscatto e ricongiunzione), si applica il cosiddetto criterio e cioè “retributivo”, per l’anzianità maturata sino al 31 dicembre 2011, e “contributivo” per i periodi di attività dall'1 gennaio 2012 legato appunto alle retribuzioni dell’ultimo periodo lavorativo;
  •  
  •  
  •  
  • per chi ha meno di 18 anni di contributi, il criterio utilizzato è misto, e cioè “retributivo”, per l’anzianità maturata sino al 31 dicembre 1995, e “contributivo” per i periodi di attività dall'1 gennaio 1996;
  •  
  •  
  •  
  • per i nuovi assunti, dall'1 gennaio 1996 (privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995) si applica invece il solo criterio contributivo, strettamente collegato al valore della contribuzione versata nell’arco dell’intera vita lavorativa.
  •  
  •  
  •  

Criteri di calcolo della pensione

Attenzione! La Legge n. 190/2014 (art. 1, commi 707-709) ha stabilito che per i soggetti con più di 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, l’INPS effettuerà il doppio calcolo su ogni pensione liquidata dal 2012 con i seguenti criteri:

  •  
  • primo calcolo: applicando i criteri previsti dalla Riforma Fornero, determinando l’importo con il retributivo per i versamenti maturati al 31 dicmebre 2011 e con il contributivo per quelli maturati dall’1 gennaio 2012;
     
  •  
  • secondo calcolo: applicando il calcolo interamente retributivo per tutte le anzianità contributive maturate (sia antecedenti il 31 dicembre 2011, sia successivi) anche oltre i 40 anni complessivi di contribuzione.
  •  

Dal confronto dei due calcoli quello che sarà di minore importo verrà posto in pagamento. Restano escluse dal doppio calcolo le pensioni di inabilità.

 

Calcolo retributivo (e misto)

La misura della pensione nel sistema retributivo è data dalla somma di tre distinte quote (A + B+ C). La prima (A) corrispondente all’importo relativo all’anzianità contributiva maturata sino a tutto il 31 dicembre 1992; la seconda (B) corrispondente all’anzianità contributiva acquisita dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2011 e la terza (C) corrispondente all'importo relativo all'anzianità maturata dall'1 gennaio 2012.

La base pensionabile dei dipendenti pubblici è così costituita: l’ultimo stipendio (maggiorato del 18%, per gli statali), per la quota A; media annua delle retribuzioni dei 10 anni che precedono la decorrenza, per la quota B. La quota C si calcola invece con il sistema contributivo puro.

L’ammontare del trattamento relativo all’anzianità maturata al 31 dicembre 1992 (quota A) è stabilito, per gli statali, in misura pari al 35% della retribuzione pensionabile, per l’anzianità minima di servizio di 15 anni. Per ogni anno utile oltre il quindicesimo, l’aliquota di rendimento viene aumentata dell’1,8% fino a raggiungere l’80% in presenza di 40 anni di anzianità. Per il personale degli enti locali il trattamento spettante si ricava moltiplicando lo stipendio pensionabile per l’aliquota di rendimento variabile in base all’anzianità di servizio utile. Si va da un minimo del 37,5% per una copertura assicurativa di 15 anni, al 100% per i 40 anni.

Le retribuzioni utilizzate per la quota B (media degli ultimi 10 anni) vengono aggiornati tenendo conto dell’inflazione, con esclusione di quello dell’anno di decorrenza e di quello dell’anno immediatamente precedente, con riferimento alla variazione degli indici Istat dei prezzi al consumo.

La cosiddetta aliquota di rendimento relativa al calcolo della quota B è del 2% l’anno, come previsto per i dipendenti del settore privato.

 

Calcolo contributivo

Il sistema contributivo funziona ad accumulo. Il lavoratore provvede, con il concorso della pubblica amministrazione, ad accantonare annualmente il 33% del proprio stipendio. Il capitale versato produce una sorta di interesse composto, a un tasso legato alla dinamica quinquennale del PIL (il prodotto interno lordo) e all'inflazione.

Alla data del pensionamento al montante contributivo, ossia la somma rivalutata dei versamenti effettuati, si applica un coefficiente di conversione che cresce con l’aumentare dell’età. Con riferimento al 2024, ad esempio, il coefficiente è pari al 4,615%, per chi chiede la rendita a 60 anni, sale al 5,352% per chi resiste fino a 65 anni e al 6,395% se si decide di arrivare fino a 70 anni.  A partire dal 2019, i coefficienti di trasformazione sono rivisti ogni due anni - in precedenza lo erano ogni 3 - sulla base della evoluzione degli andamenti demografici (speranza di vita). Per le pensioni liquidate a soggetti di età inferiore a 57 anni (pensione di inabilità e pensione ai superstiti) si applica il coefficiente di trasformazione previsto per coloro che hanno compiuto i 57 anni.
                      

        
Coefficienti tra i vecchi coefficienti di trasformazione e i nuovi validi a partire dal 2023

Coefficienti tra i vecchi coefficienti di trasformazione e i nuovi validi a partire dal 2023

 

Per le pensioni liquidate sulla base del criterio contributivo, le disposizioni sull'integrazione al minimo non trovano applicazione.     

 

La rivalutazione delle pensioni

La perequazione delle pensioni è la rivalutazione annuale degli importi dei trattamenti pensionistici per adeguarli al costo della vita. Si applica a tutti i trattamenti pensionistici erogati dalla previdenza pubblica, dalle gestioni dei lavoratori autonomi, dalle gestioni sostitutive, esonerative, esclusive, integrative ed aggiuntive; trova applicazione per le pensioni dirette e ai superstiti (pensione di reversibilità e pensione indiretta), indipendentemente che siano integrate al trattamento minimo. L’applicazione della perequazione avviene al 1° gennaio di ogni anno sulla base degli incrementi dell’indice annuo dei prezzi al consumo accertati dall’Istat.

Il decreto ministeriale del 20 novembre 2023 ha stabilito che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per il 2024 è pari all'8,1% dal 1° gennaio 2024.

La rivalutazione dipenderà dalle fasce di reddito:

100% per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a 4 volte il trattamento minimo;

85% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 4 volte il trattamento minimo e pari o inferiori a 5 volte il trattamento minimo;

53% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 5 volte il trattamento minimo e pari o inferiori a 6 volte il trattamento minimo;

47% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 6 volte il trattamento minimo e pari o inferiori a 8 volte il trattamento minimo;

37% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 8 volte il trattamento minimo e pari o inferiori a 10 volte il trattamento minimo;

32% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 10 volte il trattamento minimo.

 

Il trattamento minimo di riferimento in pagamento dal primo gennaio 2024 è pari a 598,61 euro.

 

 

Regime del cumulo

Il cumulo pensione-reddito da lavoro è ormai un problema che riguarda esclusivamente i beneficiari della pensione di invalidità. I titolari della vecchiaia, infatti, da tempo possono svolgere sia attività di lavoro dipendente che da autonomo, senza subire alcuna riduzione della pensione. Lo stesso vale per i titolari dei trattamenti anticipati/anzianità a partire dal 2009.

La mappa del cumulo

* La trattenuta non può comunque superare il 30% del reddito da lavoro

*Per il 2024, la misura del trattamento minimo è pari a 598,61 euro

Attenzione! Chi andrà in pensione con Quota 103 (pensione anticipata flessibile) o Quota 102 non potrà percepire redditi da lavoro dipendente o autonomo fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia (attualmente, 67 anni): all’assoluto divieto di cumulo durante il periodo di anticipo – pena la sospensione della pensione stessa – è comunque prevista una deroga per il lavoro autonomo occasionale entro il limite annuale di 5.000 euro lordi. Così come chiarito da INPS con il messaggio 54/2020, chi richiede la pensione in Quota 100, Quota 102 deve dichiarare l’assenza o meno di redditi incumulabili, mediante la presentazione del modello AP140 in fase di domanda di pensione. Coloro che sono già titolari di pensione in Quota 100, Quota 102 o Quota 103 devono, invece, presentare il modello AP139 per dichiarare a preventivo o a consuntivo la percezione di redditi cumulabili o incumulabili con la pensione in Quota 100, Quota 102 o Quota 103.
 


Scegli la tua categoria professionale e scopri tutto sulla tua pensione!