La tutela del lavoratore in caso di malattia: diritti e doveri

Cosa succede al dipendente malato in caso di assenza dal lavoro? Dall'obbligo di reperibilità alla modalità di trasmissione del certificato medico, ecco tutto quello che è bene sapere sull'indennità di malattia (e non solo) al tempo di COVID-19

Ai sensi dell’art. 2110 del codice civile “in caso d'infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge (o le norme corporative) non stabilisce forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, (dalle norme corporative) dagli usi o secondo equità.”

Pertanto, secondo quanto disposto dalla normativa vigente, al lavoratore assente per malattia spetta il diritto di percepire comunque una retribuzione, nella misura e per il tempo determinati dalla legge o dalla contrattazione collettiva. A seconda dei casi, tale retribuzione graverà interamente a carico del datore di lavoro o sarà a carico dell'INPS; in questa seconda ipotesi, in particolare, l’Istituto previdenziale eroga un’indennità che può essere eventualmente integrata dal datore di lavoro.

Viene inoltre garantita per legge al dipendente assente per malattia la conservazione del posto di lavoro per un determinato periodo di tempo, nel corso del quale non potrà quindi essere licenziato dal proprio datore di lavoro. La durata del cosiddetto periodo di comporto viene definita dalla contrattazione collettiva applicata ed è generalmente quantificata in 180 giorni per anno civile. In ogni caso, il periodo di assenza dal lavoro per malattia è inoltre computato nell'anzianità di servizio del lavoratore.

 

A chi spetta l'indennità di malattia per lavoratori dipendenti?

L’INPS, contestualmente al verificarsi di un evento morboso che determini l’incapacità temporanea al lavoro, eroga un’indennità di malattia alle seguenti tipologie di lavoratori subordinati:

  • operai del settore industria; 
     
  • operai e impiegati del settore terziario e servizi; 
     
  • lavoratori dell’agricoltura; 
     
  • apprendisti; 
     
  • disoccupati; 
     
  • lavoratori sospesi dal lavoro; 
     
  • lavoratori dello spettacolo; 
     
  • lavoratori marittimi. 

Tale indennità invece non spetta (a titolo esemplificativo, ma non esaustivo) a:

  • collaboratori familiari (colf e badanti); 
     
  • impiegati dell'industria; 
     
  • quadri (industria e artigianato); 
     
  • dirigenti; 
     
  • portieri; 
     
  • lavoratori autonomi. 

Per poterne fruire, il lavoratore ha l’obbligo di farsi rilasciare il certificato di malattia dal proprio medico curante, che provvede a trasmetterlo telematicamente all’INPS, immediatamente o il giorno successivo alla visita che ha attestato la malattia. A differenza di quanto non accadesse in passato, salvo specifiche eccezioni, al dipendente non spetta dunque più l'obbligo di trasmissione del certificato, ma gli compete comunque l'onere di accertarsi della correttezza dei dati inseriti dal medico, compresi quelli anagrafici e quelli relativi al domicilio per la reperibilità (la cui variazione andrà sempre tempestivamente segnalata alla struttura territoriale di competenza e, di riflesso, al datore di lavoro). Qualora fosse espressamente richiesto dal proprio datore di lavoro, il lavoratore deve inoltre fornire il numero di protocollo identificativo del certificato rilasciatogli dal medico.

A ogni modo, in seguito alla trasmissione telematica del certificato medico, il lavoratore è esonerato dall’obbligo di invio dell’attestato al proprio datore di lavoro che potrà usufruire dei servizi messi a disposizione dall’Istituto previdenziale. Nel caso in cui, però, la trasmissione telematica non fosse possibile, il lavoratore deve farsi rilasciare il certificato medico in modalità cartacea: in questo caso, subentra quindi l’onere, entro 2 giorni dalla data del rilascio, di presentare o inviare il certificato di malattia all’INPS e al proprio datore di lavoro. Lo stesso vale in caso di ricovero in una struttura ospedaliera o ricovero/accesso al Pronte Soccorso: nel caso in cui non sia possibile il rilascio del certificato di malattia attestante il periodo di degenza e l'eventuale prognosi della malattia, è comunque possibile ottenere un certificato cartaceo da trasmettere poi all'INPS e al datore di lavoro. 

 

Assenza per malattia e obbligo di reperibilità

Per il lavoratore sussiste inoltre un obbligo di reperibilità presso il proprio domicilio per sottoporsi all'eventuale visita del medico fiscale, visita che può essere disposta sia d'ufficio sia su richiesta del datore di lavoro e la cui violazione è sanzionata disciplinarmente. Per i lavoratori dipendenti le fasce di reperibilità sono, per tutti i giorni riportati nella certificazione di malattia (compresi i sabati, domenica e festivi), dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.

Durante il periodo di prognosi del certificato, se effettivamente necessario, il lavoratore può cambiare l’indirizzo di reperibilità comunicandolo tempestivamente e con congruo anticipo al datore di lavoro, con le modalità contrattualmente previste, e all’INPS utilizzando il servizio "Sportello al cittadino per le visite mediche di controllo".

L’assenza alla visita medica è giustificata solo in caso di necessità a sottoporsi ad accertamenti medici che non possono essere effettuati in diverso orario, per provati gravi motivi familiari o personali oppure per cause di forza maggiore; in tutte le altre eventualità viene considerata non giustificata e comporta quindi per il lavoratore il mancato indennizzo per un massimo di dieci giorni di calendario dall’inizio dell’evento. Un'ulteriore assenza ingiustificata alla seconda visita di controllo comporta, oltre alla sanzione precedente, anche la riduzione del 50% dell’indennità economica nel restante periodo di malattia. Infine, nel caso in cui il lavoratore risultasse ingiustificatamente assente anche a una terza visita di controllo, verrà meno la totale corresponsione dell’indennità a carico dell’INPS.

 

Da quale giorno ha inizio la malattia? 

Sulla base della normativa vigente, l'INPS riconosce la prestazione di malattia ai lavoratori assicurati soltanto dal giorno di rilascio del certificato, il che implica che il medico - per legge - non può giustificare giorni di assenza antecedenti la visita e quindi il rilascio del certificato stesso. Solo nel caso di certificato redatto a seguito di visita domiciliare (feriale), è possibile il riconoscimento della giornata antecedente alla redazione, purché espressamente indicato dal medico curante. 

Attenzione! Per poter rientrare al lavoro prima della prognosi indicata dal certificato, è necessario chiedere al medico che ha redatto la rettifica della prognosi, da inoltrare all'INPS sempre attraverso l'apposito servizio di trasmissione telematica. 

 

Quanto spetta al dipendente in caso di malattia? 

Il diritto all’indennità di malattia a carico dell’INPS decorre, per la generalità dei lavoratori dipendenti, dal quarto giorno (i primi 3 giorni sono considerati di “carenza” e, se previsto dal contratto collettivo, devono essere indennizzati dal datore di lavoro) e termina con la scadenza della prognosi (fine malattia).

Generalmente, l’indennità a carico dell’Istituto è corrisposta ai lavoratori dipendenti nella misura del 50% della retribuzione media giornaliera (comprensiva dell’incidenza dei ratei delle mensilità aggiuntive) dal 4° al 20° giorno e del 66,66% dal 21° al 180° giorno. Tuttavia, la maggior parte dei contratti collettivi stabilisce che il datore di lavoro debba integrare l’indennità erogata dall’INPS, durante il periodo di conservazione del posto, fino a un determinato ammontare che può arrivare al 100% della retribuzione.

 

COVID-19, quarantena e malattia: quali tutele per i lavoratori?

Il cosiddetto decreto Cura Italia (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) ha disposto all’inizio dell’emergenza sanitaria provocata dal nuovo coronavirus l’equiparazione della quarantena alla malattia, estendendo di fatto la possibilità di fruire dell’indennità economica, con correlata contribuzione contributiva ed eventuale integrazione retributiva da parte del datore di lavoro se prevista, non solo ai lavoratori affetti da COVID1-9 ma anche a quelli disposti in quarantena o isolamento fiduciario. Il decreto-legge 146/2021 è tuttavia nuovamente intervenuto sul tema, stabilendo che l’equiparazione a malattia del periodo trascorso in quarantena  o in permanenza domiciliare fiduciaria dai lavoratori del settore privato fosse riconosciuta solo fino al 31 dicembre 2021, a seguito di apposito stanziamento.

Di conseguenza, salvo nuovi interventi normativi e pur a fronte della proroga dello stato emergenziale, a partire dall’1 gennaio 2022 il dipendente in quarantena o isolamento fiduciario non più fruire dell’indennità di malattia (né gode di riflesso delle altre forme di tutele correlate). In caso di malattia conclamata, il lavoratore è e resta invece a tutti gli effetti considerato temporaneamente inabile al lavoro, con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno, mediante trasmissione da parte del proprio medico curante del relativo certificato. 

Attenzione! Nell’attuale contesto emergenziale, si sono attivate diverse modalità alternative di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, una su tutte lo smart working: a riguardo, vale la pena precisare che non è in ogni caso possibile ricorrere all’istituto della malattia nei casi in cui il dipendente per esigenze comunque legate al contesto pandemico (sorveglianza o isolamento precauzionale, etc) concordi con il datore di lavoro lo svolgimento dell’attività lavorativa dalla propria (o altra) abitazione. In questa circostanza, il dipendente continua ad aver diritto alla propria retribuzione così come se svolgesse la prestazione dal consueto luogo di lavoro. 

D’altra parte, esattamente come per qualsiasi altra malattia, anche in caso di patologia conclamata asintomatica o con sintomi lievi, il lavoratore che si risulti positivo a COVID-19 è esentato dallo svolgere la propria attività professionale, anche in presenza di mansioni che potrebbero essere eseguite da remoto.