L'importanza di educare all'assistenza sanitaria integrativa

Nel 2021, la spesa out of pocket degli italiani è ammontata a 40,6 miliardi di euro, cui se ne aggiungono altri 5,8 intermediati da fondi sanitari, società di mutuo soccorso e compagnie di assicurazione: un dato che fa riflettere sulla diffusione della sanità complementare in Italia, su cui pesano resistenze culturali e l'assenza di una normativa precisa

Secondo i dati del Decimo Rapporto sul Bilancio del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, nel 2021 la spesa per welfare privato a carico delle famiglie per integrare le prestazioni pubbliche per pensioni, sanità e assistenza ha superato i 100 miliardi di euro.  Di questi 101 miliardi, il 46% è destinato alla sanità, sia direttamente, tramite la cosiddetta spesa out of pocket (40,6 miliardi), sia indirettamente grazie all’intermediazione da parte di Casse, fondi di assistenza sanitaria integrativa, società di mutuo soccorso e Compagnie di Assicurazione (5,8 miliardi). Se circa il 34% viene speso per la “non autosufficienza”, intesa come assistenza sia domiciliare che residenziale (33,78 miliardi), il 17% viene investito per la previdenza complementare (17,6 miliardi) e la restante quota per le protezioni assicurative individuali (3,3 miliardi).

Figura 1 – La spesa privata per il welfare complementare per l’anno 2021 (dati in milioni di euro)

Figura 1 – La spesa privata per il welfare complementare per l’anno 2021 (dati in milioni di euro)

Fonte: Decimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

Numeri che indubbiamente obbligano a riflettere. Innanzitutt­­o, nel confronto con la spesa per la sanità pubblica che, nello stesso anno, è ammontata a circa 127 miliardi, vale a dire 2.167 euro pro capite. E, quindi, nella comparazione tra la quota OOP (out of pocket) e quella invece ancora piuttosto esigua mediata da fondi sanitari e polizze assicurative. Posto che un maggior ricorso a forme organizzate di intermediazione si tradurrebbe non solo in un minor costo per singoli e famiglie, ma anche in un più efficace controllo della qualità delle prestazioni (e una minore diffusione del fenomeno del “nero”, inesistente nell’ipotesi in cui la Compagnia di Assicurazione o il fondo sanitario venga chiamato a rimborsare a fronte della presentazione della relativa documentazione fiscale), bisogna allora da domandarsi cosa freni gli italiani dall’optare per soluzioni di spesa intermediata, sulla carta potenzialmente più vantaggiose dal punto di vista fiscale e organizzativo rispetto al dover sostenere in maniera del tutto autonoma esami, visite specializzate o prestazioni socio-sanitarie di altra natura?

 

Le possibili sinergie tra sanità pubblica e integrativa

Una domanda che, se già prima della pandemia di COVID-19, si prestava a delle considerazioni tutt’altro che banali, diventa ancora più rilevante alla luce delle difficoltà evidenziate dal SSN allo scoppio dell’emergenza provocata da SARS-CoV-2. Procediamo quindi con ordine. 

Sicuramente, nel complesso, il Servizio Sanitario Nazionale italiano è e resta un servizio sanitario di buon livello se raffrontato a quello di altri Paesi. Se, malgrado questo presupposto, già negli scorsi anni emergevano comunque alcune criticità come problemi sulle liste d’attesa, fenomeni di migrazione sanitaria, difficoltà di accesso a determinate cure e forme di assistenza e una non sempre efficiente gestione delle risorse, l’emergenza pandemica ha fatto deflagrare questi e altri problemi, tra cui l’assenza di un vero piano di contenimento, la progressiva riduzione nel tempo dei posti in terapia intensiva in rapporto alla popolazione e l’indebolimento della sanità territoriale e dell’assistenza (specie se domiciliare) ai cittadini più anziani. 

Figura 2 – Le sinergie tra pubblico e privato

Figura 2 – Le sinergie tra pubblico e privato

Fonte: Guida alla Giornata Nazionale della Previdenza e del Lavoro, Itinerari Previdenziali 

Tutti ambiti nei quali, stante da una parte i trend di invecchiamento della popolazione in corso e, dall’altra, la difficoltà per lo Stato di incrementare le risorse finanziarie destinate dall’Italia al proprio welfare pubblico, già pari a circa oltre la metà dell’intera spesa pubblica totale, l’assistenza sanitaria integrativa può intervenire proficuamente. A patto di non agire in un’ottica dualistica, bensì nella prospettiva di un’autentica sinergia pubblico-privato. 

 

Una legge quadro e più alfabetizzazione per favorire la sanità integrativa 

Pesa allora indubbiamente la mancanza di una vera e propria legge quadro in materia, una chiara e definitiva regolamentazione del comparto secondo una logica di maggiore integrazione con il SSN, attraverso attività di coordinamento delle rispettive azioni, così da ottimizzare al massimo attività dei professionisti, strutture, utilizzo della strumentistica e convenzionamenti.Definire maggiormente i confini – interni ed esterni - della sanità intermediata e agire a livello normativo per appianare alcune delle lacune e delle disuguaglianze che tuttora la caratterizzano, come quelle relative ai benefici fiscali tra tipologie di forme integrative e aderenti, potrebbe essere la chiave per offrire ai cittadini una sempre più efficiente tutela della loro salute, sia in fase preventiva che di presa in carico e cura. 

Permane, come dimostrano ad esempio anche le recenti proposte volte a limitare l’erogazione di prestazioni extra LEA, anche una certa differenza del ruolo della sanità integrativa da parte di una parte della politica che ne limita lo sviluppo. E cui sembra far da contraltare anche una resistenza di tipo culturale da parte degli stessi cittadini:  di qui, l’importanza di “educare” il grande pubblico a tutte le possibilità che gli sono offerte, non per spingerlo necessariamente ad aderire a questa o quella forma di integrazione, ma piuttosto per offrirgli tutti gli strumenti informativi utili a usufruire nel modo migliore del SSN, a decidere consapevolmente se aderire all’assistenza sanitaria integrativa ed eventualmente a stabilire la soluzione più adatta alle proprie specifiche e personali esigenze. Smentendo così anche il luogo comune secondo cui la sanità integrativa, ma forse sarebbe più giusto dire complementare, sarebbe utile solo dove lo Stato è quasi o del tutto assente: al contrario, sono proprio i dati nazionali e internazionali a dirci che proprio là dove si spende di più per sanità pubblica la popolazione si rivela più sensibile al tema, con l’intento di garantirsi cure e assistenza a 360 gradi e preservare la propria salute. 

 

 

Perché previdenza…. è anche salute!

Se previdenza vuol dire attenzione e prevenzione da eventuali rischi, essere previdenti vuol dire occuparsi anche della propria salute e di come tutelarla attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla sanità pubblica e da forme di assistenza sanitaria integrativa. 

Obiettivo della guida all’assistenza sanitaria integrativa di Pensioni&Lavoro è proprio quello di contribuire a esplorare le possibilità offerte dal welfare privato e, in particolare, dalla sanità complementare... Ma, prima di procedere con la lettura, ricordate sempre che al proprio benessere bisogna pensare per tempo, preservandosi in salute innanzitutto con uno stile di vita sano e una corretta alimentazione!

 

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