I protagonisti della previdenza obbligatoria: le Casse di Previdenza dei liberi professionisti

La previdenza di base per chi svolge la libera professione: cosa (e quali) sono le Casse di Previdenza di categoria, quando vige l'obbligo di iscrizione e che funzione svolgono?

Tutti i professionisti che per esercitare la propria professione devono necessariamente iscriversi a un Albo hanno lobbligo di iscrizione anche alla propria Cassa Pensionistica di categoria, ente autonomo che si occupa della sfera previdenziale e assistenziale dei propri iscritti. Benché privatizzate, le Casse perseguono dunque una finalità di interesse pubblico e costituiscono un tassello importante del sistema previdenziale italiano su cui dunque lo Stato esercita comunque attività di vigilanza

Semplificando, si potrebbe quindi dire che, esattamente come accade per l’INPS, loro compito principale è quello di riscuotere e gestire i contributi dei propri iscritti, cui forniscono (al verificarsi di specifici requisiti) non solo prestazioni previdenziali ma anche assistenziali o di sostegno al reddito. Anche in questo caso, poi, il modello di funzionamento è quello “a ripartizione” - i contributi degli attivi oggi servono per pagare le pensioni correnti - con sistema misto di finanziamento: le entrate di ciascuna Cassa provengono cioè dai contributi degli iscritti calcolati sul reddito, dai contributi sul volume d’affari e dagli investimenti finanziari. 

Proprio perché i contributi degli iscritti sono innanzitutto finalizzati al pagamento delle prestazioni pensionistiche, precise “regole” vincolano le Casse anche nella gestione di tali investimenti e delle risorse a loro destinate. In particolare, oltre all’obbligo di costituire una riserva proprio a garanzia del pagamento delle pensioni, tutte le Casse devono garantire solidità finanziaria di lungo termineadempiendo anche all’obbligo di stabilità di gestione

Attenzione! Al netto di questi principi di funzionamento basilari che le accomunano, ciascuna Cassa ha il proprio regolamento. Contribuzione, requisiti minimi di accesso e tipologia di prestazioni effettivamente erogate possono quindi variare a seconda dello specifico ente previdenziale di riferimento. La legge prevede cioè che ciascuna Cassa possa – sebbene sotto la stretta vigilanza dei Ministeri competenti – beneficiare di una propria autonomia gestionale e organizzativa tale da poter declinare le proprie misure previdenziali, assistenziali e di welfare a seconda delle peculiarità proprie della propria platea di iscritti e della professione da loro esercitata. Così come per gli iscritti all’INPS, ecco dunque che alle prestazioni previdenziali per vecchiaia, invalidità e superstiti si possono affiancare, con modalità specifiche per ciascuna Cassa, ulteriori trattamenti o misure; trattamenti o misure che non devono dunque necessariamente trovare riscontro nell’operato degli altri enti previdenziali privatizzati. 

Estremamente ricca, di riflesso, anche la normativa che disciplina il settore, all’interno della quale vale però vale la pena ricordare in particolare due interventi di estremo rilievo per il settore della previdenza dei liberi professionisti: 

1) il d.lgs 509/1994, che ha disposto con decorrenza a partire dall’1 gennaio la “privatizzazione” e, in particolare la trasformazione in enti privati (nella forma di associazioni o fondazioni), delle Casse che già sussistevano in forma di enti pubblici; 

2) il d.lgs 103/1996, attraverso la quale ulteriori Enti privatizzati (in questo caso sin dall’origine) sono stati istituiti al fine di assicurare tutele previdenziali anche ad altre categorie di liberi professionisti in quel momento prive di Cassa previdenziale. 

Le Casse privatizzate dei liberi professionisti a oggi istituite in base ai decreti legislativi n. 509/1994 e 103/1996 sono poco più di una ventina. Ecco le principali e le categorie di professionisti cui si rivolgono

 

 

Un bilancio del sistema Casse: lo stato di salute della previdenza obbligatoria italiana

Come rilevato dall’ultimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, nel 2021 la spesa totale per pensioni del nostro Paese si è mantenuta stabile, per un totale di 238,271 miliardi (+3,54 miliardi rispetto al 2020): un dato che tiene conto sia delle gestioni pubbliche sia di quelle privatizzate, vale a dire di quelle Casse di Previdenza che, in Italia, assicurano insieme all’INPS la previdenza obbligatoria di primo pilastro per i liberi professionisti. Quando si parla di bilancio del sistema pensionistico non si può infatti trascurare che il primo pilastro previdenziale è garantito nel nostro Paese anche da gestioni privatizzate, tanto che, per farsi un quadro completo della situazione, soprattutto in termini di sostenibilità del sistema, guardare al solo Istituto Nazionale della Previdenza Sociale dunque non basta. 

Premesso quindi un quadro positivo, come si sono comportate le Casse privatizzate nel 2021? Nell’ultimo anno disponibile per la rilevazione, il numero complessivo di contribuenti agli enti previdenziali privatizzati è stato di 1.347.677 professionisti: nel dettaglio, si tratta di 1.136.369 iscritti ai cosiddetti enti 509 (+0,07% rispetto al 2020) e 211.308 (+3,03%) per i cosiddetti enti 103. Data la recente costituzione in particolar modo degli enti istituiti dal D.lgs 103/1996, il trend è inevitabilmente in aumento anche per quanto riguarda le prestazioni previdenziali erogate, in linea di massima coincidenti – salvo qualche eccezione, come quella di ENPAM - con il numero di pensionati:  sempre con riferimento al 2021, le pensioni sono in totale 483.281, di cui circa 23mila (il 4,72% del totale) facenti capo agli enti 103. Verosimilmente per le stesse ragioni, è in realtà in contenuto ma in costante peggioramento anche il rapporto tra pensionati e attivi, fondamentale indicatore di tenuta del sistema: una tendenza comunque fisiologica sia per l’invecchiamento della popolazione sia per la progressiva maturazione del sistema Casse che, per il 2021, può però contare sul  risultato, decisamente favorevole, di poco meno di 3 attivi per ciascun pensionatoNel dettaglio, il rapporto è di 2,46 attivi per pensionato nel caso delle Casse 509, mentre ammonta a 9,26 attivi per pensionato per le 103 che, grazie alla loro giovane età, erogano una quantità di pensioni contenuta rispetto alla platea degli iscritti. 

Si riduce rispetto al 2020 il saldo tra entrate contributive e uscite per pensioni, che si attesta su un valore di circa 3,486 miliardi. La diminuzione è di 184 milioni,  corrispondenti a variazione percentuale del 5,02%.A ogni modo, il rapporto tra entrate per contributi e uscite per prestazioni tocca quota 1,554 (1,489 per le Casse 509 e 7,848 per le 103): un valore buono, ma in calo del 4,50% rispetto all’anno precedente. Mentre la spesa per pensioni raggiunge i 6.294 milioni di euro, in aumento del 6,96% sul 2020, le entrate contributive crescono del 2,37% rispetto al precedente anno di rilevazione, per un importo complessivo pari a 9.871 milioni, dato dalla somma dei 9.220 milioni incassati dagli enti 109 e dai 560 milioni delle restanti Casse. Ulteriore indicatore della sostenibilità dei diversi enti è poi indubbiamente dato dal saldo generale tra tutte le entrate contributive e finanziarie e tutte le uscite per prestazioni e spese di funzionamento, che permette di avere un quadro il più completo possibile della situazione economica delle singole Casse. Premessa utile a farsi è che, per il 2021, entrambe le tipologie di enti hanno registrato un aumento nel proprio saldo contabile, addirittura raddoppiato nel caso delle Casse 103, passate dagli 89 milioni del 2020 a 173 del 2021: un risultato che deriva, come per gli enti 509, innanzitutto dalla ripresa sostenuta rispetto agli scarni risultati dell’anno precedente e, dunque, al superamento degli effetti dell’emergenza sanitaria da COVID-19. 

 Guardando in questa sede alle sole pensioni in senso stretto, benché la maggioranza delle Casse di Previdenza eroghi ormai anche prestazioni assistenziali, di sostegno alla professione o, più in generale, di welfare strategico, spesso finanziate da quote del contributo integrativo o da appositi contributi di scopo, può essere utile per completare la fotografia del sistema anche una valutazione circa importo e adeguatezza delle prestazioni erogate. Interessante quindi innanzitutto guardare al contributo medio annuo che, per il 2021, è stato pari a 7.257 euro (+1,82% sul 2020): importo, al di là della specificità delle singole Casse, di ammontare piuttosto modesto se confrontato con quello degli iscritti al sistema pubblico, dove i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e imprenditori agricoli) versano ad esempio contribuzioni medie pari al 24% del reddito dichiarato e i dipendenti addirittura pari al 33%. Senza contribuzioni aggiuntive, tramite ad esempio il contributo integrativo e/o l’extra-rendimento – rileva dunque il Rapporto Itinerari Previdenziali – i liberi professionisti rischiano pensioni di importo altrettanto contenuto, tanto che diversi enti, consci del possibile problema prospettico, hanno già attivato piani per un progressivo aumento delle aliquote di contribuzione nel prossimo futuro. 

In attesa di misurarne l’impatto, la pensione media rilevata dalla pubblicazione per il 2021 è stata di 13.010 euro, quindi a pari a 1,79 volte il contributo medio. Un livello che, se rapportato alle anzianità contributive di circa 37 anni e ad anagrafiche tra i 67 e i 70 anni, è da ritenersi non ulteriormente riducibile per non intaccare la sostenibilità sociale del sistema Casse. A maggior ragione in questo caso vanno però evidenziate grandi differenze tra i diversi enti: se per i 509 la pensione media è di 13.500 euro e il rapporto rispetto alla contribuzione di 1,66, per le Casse 103 la pensione media ammonta a 3.123 euro, per un rapporto con il contributo medio pari a 1,18. Benché all'atto pratico si tratti soprattutto di prestazioni corrisposte a pensionati anziani, di fatto integrative a quelle di primo pilatro maturate presso altre gestioni pubbliche, il livello di contribuzione si candida dunque al ruolo di osservato speciale per gli anni a venire.  

 

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