Come funziona il rapporto di lavoro autonomo in Italia

Lavorare in assenza di vincoli di subordinazione: facciamo chiarezza su liberi professionisti, partite IVA e prestatori di manodopera. Cos’è e come funziona il lavoro autonomo in Italia

Secondo la definizione dell’articolo 2222 del codice civile, il lavoro autonomo consiste nel compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. 

Come il lavoro subordinato, ha quindi come cardine fondamentale l’onerosità, da intendersi come l’impegno nei confronti del committente allo svolgimento di un’attività lavorativa di tipo manuale o intellettuale, ma ne differisce per l’assenza di rapporti di subordinazione. All’interno di quanto concordato con il committente, il lavoratore autonomo si assume quindi l’onere e i rischi di determinare le modalità di svolgimento della propria prestazione, così come l’eventuale corrispettivo, normalmente (ma non necessariamente) stabilito in questi casi sulla base del servizio fornito e non delle ore effettivamente lavorate.  In altri termini, il lavoratore autonomo - a differenza di quello dipendente - non è tenuto a mettere a disposizione la propria forza lavoro in un certo tempo e/o in un certo luogo, ma è semmai vincolato da un contratto al raggiungimento di specifici risultati o allo svolgimento di una determinata mansione entro una scadenza temporale prestabilita. Ragione per la quale ha totale discrezionalità su tempi e luoghi e non è soggetto ai poteri direttivi o di controllo disciplinare da parte del committente, per quanto sempre tenuto al rispetto del contratto di servizio stipulato con quest’ultimo. 

Dunque, ricapitolando, nel caso del lavoro autonomo, il lavoratore auto-organizza la propria attività, essendo normalmente proprietario o comunque provvedendo in autonomia anche ai propri mezzi di produzione, vale a dire agli strumenti che gli sono necessari a produrre un determinato bene oppure a svolgere un certo servizio. D’altra parte, il suo compenso non dipende dal numero di ore lavorate quanto piuttosto proprio dalla quantità e/o dalla qualità di beni e servizi venduti/e offerti e dal prezzo quindi concordato con il committente, assumendosi di fatto in toto i rischi economici (ma anche giuridici e amministrativi) della propria attività professionale. Per farsi un’idea, basti ad esempio pensare ai contributi previdenziali, calcolati in base al reddito ma comunque dovuti pur a fronte di entrate economiche non certe o stabili nel tempo. 

Attenzione! Al netto di questi punti comuni, varie sono comunque le forme che può assumere il lavoro autonomo nel quale, semplificando, si potrebbe infatti affermare che rientrano tutte quelle prestazioni individuali o professionali che non sono svolte a mezzo di una struttura imprenditoriale (il che, semplificando, significa essere direttamente impegnati nello svolgimento dell’attività produttiva). Troviamo dunque in quest’ampia categoria tutti quei soggetti che svolgono la propria attività, eventualmente avvalendosi anche di collaboratori, ricorrendo a partita IVA: a titolo esemplificativo, liberi professionisti,  lavoratori autonomi manuali o, ancora commercianti, con esclusione delle figure imprenditoriali, vale a dire di quanti investono capitali per finanziare o strutturare un’impresa, dedicandosi quindi alla sua organizzazione più che alla produzione in senso stretto. 

 

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