A chi rivolgersi per dotarsi di una copertura sanitaria integrativa?

Sono sempre più numerosi i cittadini che si dotano di una copertura aggiuntiva a quella offerta dal SSN: dai fondi sanitari alle tutele offerte dalle polizze assicurative, passando per le società di mutuo soccorso, ecco una rapida guida alle principali forme di assistenza sanitaria integrativa accessibili nel nostro Paese

L’allungarsi della vita delle persone e il cambiamento delle loro esigenze ha portato inevitabilmente a un’evoluzione anche del concetto di salute, intesa oggi non più solo come assenza di malattia, ma piuttosto come un completo stato di benessere psico-fisico. Come messo purtroppo in evidenza anche dall’emergenza epidemiologica provata dal virus SARS-CoV-2, il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) italiano si ritrova però sempre più spesso in difficoltà nel fornire risposte adeguate alle necessità dei cittadini sia in termini di cure sia in termini di spese e di attesa per l’accesso alle prestazioni: di qui, il ruolo progressivamente più rilevante del privato e, in particolare, il sempre più frequente ricorso all’assistenza sanitaria integrativa. Quello della sanità integrativa è dunque oggi un istituto fondamentale per garantire un sano sistema multi-pilastro e per ampliare lo spettro di tutela per la collettività, attraverso il ricorso ai concetti di mutualità e solidarietà tra privati (prevalentemente lavoratori e loro familiari). 

Ma quali sono “gli strumenti” della sanità complementare? Posto che le prestazioni e le modalità di adesione possono variare a seconda dello strumento di riferimento, l’assistenza sanitaria integrativa viene generalmente offerta da tre grandi tipologie di enti e/o società, vale a dire:
 


La forma giuridica utilizzata per la gran parte dei fondi sanitari è quella dell’associazione non riconosciuta ex art. 36 c.c; seguono le società di mutuo soccorso ex L. 3818/1886. Residuale, invece, la forma dell’associazione riconosciuta ex art. 12 c.c. (n. 6) e della fondazione. 

 

 

Una mappa dell’assistenza sanitaria integrativa in Italia 

Secondo il Decimo Rapporto curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, la spesa complessiva privata per sanità ha sforato anche nel 2021 i 40 miliardi miliardi di euro, quale somma delle voci di spesa out of pocket (40,643 miliardi) e 5,789 di spesa sanitaria intermediata da fondi sanitari, Compagnie di Assicurazione, società di mutuo soccorso e altri soggetti. Dei 5,8 miliardi di euro di spesa complessiva, una parte rilevante - circa 3 miliardi - si stima sia veicolata verso i fondi sanitari complementari (FSC) iscritti e vigilati dal Ministero della Salute, da intendersi di fatto come l’insieme pressoché totale degli attori no profit della sanità complementare italiana. Nel dettaglio, infatti, il valore di spesa complessiva è derivato dalla somma dei costi per i contributi ai fondi sanitari iscritti all’Anagrafe del Ministero della Salute e i 2/3 della raccolta premi del ramo 2 danni/malattia che, per il 2021, si attestano a 3,147 miliardi, una percentuale prudente per evitare duplicazioni poiché una parte della raccolta potrebbe riguardare i contributi versati dai fondi sanitari che si convenzionano o riassicurano in tutto o in parte tramite polizze. 

Attenzione!  Il dato sulla raccolta di contributi da parte dei fondi sanitari non è pubblico. Pertanto, per stimarne l’importo si è partiti dai rimborsi a favore degli iscritti effettuati dai fondi sanitari operandone un incremento del 20%: stima che parte dall’assunto secondo il quale, in una gestione in economia, l’ammontare dei contributi deve logicamente essere superiore a quella dei costi, pena l’insostenibilità della stessa operazione mutualistica. 

Come risulta dagli ultimi dati pubblicati dall’Anagrafe dei fondi sanitari tenuta presso il Ministero della Salute, e premesso che l’iscrizione presso l’Anagrafa è sì condizione necessaria affinché iscritti e datori di lavoro possano beneficiare delle agevolazioni fiscali previste ma resta comunque non obbligatoria, nel 2020 si contano 318 fondi, di cui 306 "non doc" e 9 "doc"

Figura 1 – Numero fondi per tipologia

Figura 1 – Numero fondi per tipologia

Fonte: 2° Reporting System Anagrafe dei fondi sanitari

A oggi, dunque, il 96% dei fondi sanitari iscritti all’Anagrafe è costituito da enti, Casse e società di mutuo soccorso "aventi finalità esclusivamente assistenziale" (i cosiddetti fondi "non doc" che, nell’Anagrafe, vengono identificati come tipologia "B") che possono erogare anche prestazioni sanitarie comprese nei LEA, quindi complementari e sostitutive al SSN. Solo il restante 4% del totale dei fondi attestati è rappresentato da "fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale", istituiti ai sensi dell’art. 9 del D.lgs. 502/92 e successive modificazioni, che erogano esclusivamente prestazioni extra LEA e sono quindi solo integrativi del SSN (i cosiddetti fondi "doc" che, nell’Anagrafe, vengono identificati come fondi di tipologia “A”). 

Dal punto di vista delle adesioni, poi, l’intero sistema dei fondi integrativi conta nel 2019 (anno fiscale di riferimento per i fondi attestati nel 2020) 14,715 milioni di iscritti, ma solo 38mila aderiscono a quelli di tipo A (lo 0,26% del totale). Secondo le stime, l’85% dei beneficiari delle prestazioni di FCS è composto da lavoratori dipendenti e loro familiari, circostanza che induce a pensare che la sanità complementare italiana sia nata e si sviluppi pressoché integralmente in funzione della contrattazione nazionale, territoriale e aziendale, con un ruolo determinante delle Parti sociali quali fonti istitutive. Ciò non toglie che esistano tuttavia delle realtà istituite e costituite al di fuori della contrattazione collettiva – il riferimento è alle società di mutuo soccorso - che hanno raggiunto livelli di iscritti dichiarati nient’affatto trascurabili. 

Per quanto riguarda le prestazioni, si può invece stimare che nel 2019 le risorse destinate all’erogazione sono state pari a 2,826 miliardi di euro per i fondi di tipo B e 2,688 milioni per i fondi di tipo A. Un altro dato estremamente significativo è che, per i fondi di tipo B, le risorse destinate all’erogazione delle prestazioni incluse nei LEA costituiscono il 67% delle risorse totali (1,9 miliardi di euro) contro il 33% di spesa per prestazioni extra LEA (925 milioni di euro). Dall’analisi delle prestazioni extra LEA, risulta inoltre una netta asimmetria tra quelle odontoiatriche e le prestazioni socio-sanitarie dedicate alla non autosufficienza e quelle finalizzate al recupero della salute in entrambe le tipologie di fondi: in particolare, per i fondi “non doc” le prime rappresentano il 68,5% del totale erogate al di fuori dei livelli essenziali di assistenza (633 milioni di euro), le seconde il 16,6% e le ultime solo il 14,9%.

Proseguendo nell’analisi dei principali dati utili al fine di dimensionare e inquadrare il sistema, l’Anagrafe del Ministero della Salute non fornisce informazioni sui contributi raccolti dagli enti. Tuttavia, sulla base delle stime elaborate dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nell’ultimo Report sugli Investitori istituzionali italiani è possibile ipotizzare che le entrate contributive abbiano ormai superato i 3 miliardi di euro. Neppure il dato aggregato sul patrimonio accumulato e sulle modalità di gestione è pubblicamente disponibile e procedere con una stima è piuttosto complesso, ma anche in questo caso sulla base dei dati raccolti su un campione di 50 fondi, Itinerari Previdenziali ha stimato un patrimonio complessivo pari a oltre 4 miliardi di euro.

 

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