Miniguida al pronto soccorso: dove andare in caso di urgenza medica?

Quando, come e perché recarsi al pronto soccorso? La gestione dei pazienti, il triage, i codici di urgenza e l'eventuale pagamento del ticket: in che modo usufruire nel  di uno dei servizi centrali del SSN 

Con il termine pronto soccorso si indicano solitamente unità e strutture ospedaliere dedicate alla gestione di situazioni di emergenza e urgenza, vale a dire di condizioni patologiche che richiedono una risposta rapida o immediata.

In questa sede, il paziente è cioè sottoposto – con tempistiche il più possibile veloci - a tutti li accertamenti diagnostici necessari a capire quale sia la soluzione al proprio problema clinico o, nei casi più gravi, è stabilizzato prima di essere trasferito verso reparti o presidi in grado di garantirgli le prestazioni specializzate più appropriate al suo caso. Proprio per questa ragione, al suo interno può operare – direttamente o in forma consulenza e/o reperibilità -  oltre all’equipe infermieristica e ai medici internista, un’ampia gamma di figure professionali mirate alla gestione dell’enorme varietà di malattie o disturbi che possono portare i cittadini a servirsi della rete di emergenza-urgenza. 

 

Quando e come recarsi al pronto soccorso?  

Per definizione il pronto soccorso si rivolge dunque a urgenze ed emergenze sanitarie. Per garantirne il corretto funzionamento, anche e soprattutto a favore dei pazienti che si trovano davvero in condizioni di particolare difficoltà, è essenziale non abusarne o farne un uso improprio

In quali casi è bene rivolgersi al pronto soccorso? Pur con la doverosa premessa che è impossibile fornire regole di validità assoluta e universale quando si parla di un tema delicato e personale come quello della salute, è normalmente opportuno rivolgersi al pronto soccorso qualora si sviluppino sintomi di gravità tale da far temere per la propria vita o comunque rischi elevati per la propria salute. Ciò può accadere ad esempio in caso di traumi o lesioni (al cranio, all’addome, al torace, etc) oppure in presenza di sintomi, comparsi più o meno repentinamente, che rendano difficile - quando non impossibile - svolgere le proprie normali attività quotidiane (difficoltà respiratorie, alterazioni del proprio stato di coscienza o equilibrio psichico, sensazioni di dolore intenso, incapacità di muoversi o compiere sforzi, etc). 

In generale dunque, il pronto soccorso è disponibile per chiunque ne abbia bisogno in situazioni di urgenza ed emergenza, sia che l’arrivo presso la struttura sia autonomo e spontaneo sia che sia mediato dal Servizio di Emergenza Urgenza del Territorio (tramite il numero unico 112) e dunque eventualmente realizzato tramite appositi mezzi di soccorso, di base o specializzati. Viceversa, è sconsigliato rivolgersi al pronto soccorso nel tentativo di risolvere non urgenti, non preoccupanti o comunque risolvibili dal medico di famiglia o dal pediatra di libera scelta o dai medici della continuità assistenziale

Mai come nel caso della rete di emergenza un corretto utilizzo è infatti fondamentale per garantire l’efficienza del servizio stesso, nell’interesse del diritto alla salute di tutti: ogni visita inutile rischia ad esempio di compromettere la tempestività degli interventi a favore di chi ha effettivamente urgenza. Ecco allora, a titolo esemplificativo alcune delle motivazioni per le quali spesso ci si rivolge al pronto soccorso ma che, in realtà, non lo richiederebbero

  • per ottenere la prescrizione di ricette bypassando medico di famiglia, pediatra di libera scelta o medici della continuità assistenziale (la cosiddetta “guardia medica”);
     
  • per schivare le liste di attesa o il pagamento del ticket nel caso di visite specialistiche o altri controlli clinici non urgenti;
     
  • per risolvere problematiche di natura sociale o assistenziali (per le quali sarebbe più opportuno rivolgersi agli appositi servizi socio-sanitari del proprio territorio);
     
  • per raccogliere pareri su situazioni cliniche già ampiamente note o cronicizzate, in assenza di cambiamenti tali da far temere il rischio di complicazioni o di un’evoluzione della malattia. 

Sintetizzando, si potrebbe dire che è buona norma evitare il pronto soccorso tutte le volte che esiste un’alternativa da percorrere senza temere che il quadro clinico si aggravi o diventi preoccupante. 

 


Come funziona il triage

Una volta arrivato al pronto soccorso, il paziente è normalmente accolto da personale infermieristico esperto e appositamente formato che ne raccoglie i dati e ne valuta i sintomi, anche e soprattutto allo scopo di capire con quale livello di urgenza andrà trattato. In pronto soccorso ha infatti sempre la precedenza il paziente valutato come più grave, e non chi arriva per primo; allo stesso modo, ad esempio, non è detto che arrivare in ambulanza determini una priorità: anche in questo caso, tutto dipende dai sintomi e dall’effettivo livello di gravità riscontrati. 

Questo sistema prende il nome di triage e si articola in più fasi: 

  • accoglienza e valutazione immediata: in questa fase vengono raccolti i dati anagrafici e clinici del (potenziale) paziente, cui vengono richieste le generalità e poste domande sulle ragioni di ingresso. Proprio per questo sarebbe meglio avere sempre con sé la propria tessera sanitaria e, se possibile, anche la documentazione sanitaria relativa a precedenti ricoveri o accertamenti o a terapie in uso;
     
  • rivalutazione gestione dell’attesa: poiché l’attesa può essere duratura e il quadro clinico mutare più o meno velocemente, fa parte del triage anche la constante rivalutazione dei parametri del paziente; in caso di miglioramenti o peggioramenti significativi, la priorità può essere infatti riassegnata;
     
  • valutazione oggettiva e assegnazione del codice: sulla base delle informazioni raccolte e dalla valutazione dei parametri vitali, a ciascun paziente è assegnato un codice di priorità, che corrisponde di fatto al livello di gravità della propria situazione e con l’obiettivo di fornire priorità ai pazienti che necessitano di trattamenti più urgenti.  

 


Come funzionano i codici di priorità? 

Durante la fase di accoglienza, la priorità assegnata al paziente sulla base della gravità del suo quadro clinico è normalmente identificata attraverso il ricorso a 4 diversi codici cui corrispondono altrettanti colori: 

  • codice rosso: il paziente è ritenuto molto critico e in potenziale pericolo di vita; richiesto dunque accesso immediato alle cure, con priorità massima; 
     
  • codice giallo: il paziente è mediamente critico, ma c’è possibilità di rischio evolutivo della condizione clinica e di pericolo di vita; per queste ragioni, le prestazioni sono considerate non differibili; 
     
  • codice verde: il paziente è poco critico, non c’è rischio evolutivo o pericolo di vita; le prestazioni sono ritenute differibili, vale a dire ritardabili in favore di pazienti considerati più gravi; 
     
  • codice bianco: le condizioni del paziente non sono ritenute critiche; le prestazioni sono differibili. 


Attenzione! Allo scopo di migliorare i tempi di attesa, l’accordo Stato-Regioni dello scorso agosto 2019 ha in realtà introdotto una profonda riforma del sistema di gestione del pronto soccorso, che prevede anche l’introduzione di 5 codici numerici, cui le regioni – chiamate ad adeguarsi nei mesi successivi all’approvazione - possono comunque decidere di associare anche un codice colore: 

  • codice 1: condizione di emergenza, accesso immediato e nessuna rivalutazione successiva;
     
  • codice 2: paziente urgente, accesso entro 15 minuti e osservazione diretta e costante delle condizioni di salute durante l’attesa;
     
  • codice 3: urgenza differibile, che può cioè essere rimandata rispetto a casi più gravi, ma comunque all’interno di un tempo di attesa massimo di 30 minuti, trascorso il quale è possibile (anche su richiesta del paziente stesso), una rivalutazione del caso;
     
  • codice 4: paziente con un’urgenza minore, per la quale il tempo massimo di attesa è di 2 ore, con successiva rivalutazione del caso;
     
  • codice 5: paziente non urgente, il cui caso potrebbe essere trattato anche dal medico di famiglia. Viene comunque fissato un tempo massimo di attesa di 4 ore, con eventuale successiva rivalutazione del quadro clinico. 


Tra le novità, vengono poi stabiliti anche un tempo massimo di 8 ore tra la presa in carico al triage e la conclusione della prestazione di pronto soccorso, nuovi standard per l’osservazione breve e intensiva, azioni per ridurre il sovraffollamento (come il blocco dei ricoveri programmati) e l’implementazione di un nuovo compito di bed management, volta a migliorare la gestione dei posti letto e delle dimissioni soprattutto in fase di emergenza. 

Resta invece in linea di massima valido il principio per cui, a prescindere dal codice, particolare attenzione viene normalmente riservata ai cosiddetti “pazienti fragili”, come bambini e anziani, donne in stato di gravidanza, portatori di handicap fisico o mentale, vittime di violenza cui, anche in caso di urgenze minori, può essere dunque riservato un accesso preferenziale alle prestazioni (salvo particolari emergenze, viene però normalmente comunque rispettata la non differibilità delle prestazioni destinati ai codici a priorità più elevata). 

 


"Codice bianco" e ticket: quando il pronto soccorso è a pagamento? 

Così come l’assistenza ospedaliera, garantita gratuitamente per tutti i cittadini aventi diritto al Servizio Sanitario Nazionale, anche le prestazioni di pronto soccorso sono erogate a titolo gratuito: nessuna spesa viene cioè addebitata all’assistito, con un’unica significativa eccezione, quella relativa all’assegnazione dei codici di priorità più bassi, vale a dire - semplificando - del vecchio codice bianco. 

Proprio perché non viene riscontrata urgenza, i pazienti contrassegnati dal codice bianco sono tenuti al pagamento di un ticket di importo pari a 25 euro. In particolare, a far fede ai fini del pagamento è il cosiddetto “codice bianco alla dimissione”, il che ad esempio vuol dire che possono essere eventualmente assoggettati al ticket anche pazienti contrassegnati come verdi in fase di accettazione. L’applicazione del ticket non è soggetta alla discrezionalità degli operatori di pronto soccorso, che sono quindi obbligati a far rispettare la normativa vigente, salvo ovviamente tutti i casi di esenzione (nazionale e regionale) previsti dalla legge: ad esempio, sono esclusi dal pagamento, i minori di 14 anni, tutte le categorie sempre esenti e i casi di trauma e di avvelenamento acuto. A seconda dell’attuazione 

Attenzione! La maggior parte delle regioni prevede l’applicazione della sola quota fissa di 25 euro prevista dalla normativa nazionale, ma va comunque precisato che è lasciata alla facoltà delle singole regioni la possibilità di variazioni o quote aggiuntive (ad esempio in caso di prestazioni diagnostiche di laboratorio o strumentali erogate nel corso della visita al pronto soccorso). 

 


Quale può essere l’esito di una visita al pronto soccorso? 

Anche in questo caso, impossibile fornire una risposta certa in senso assoluto. Due comunque gli scenari più plausibili a seconda della gravità della condizione clinica del paziente e della sua evoluzione nel corso della permanenza in pronto soccorso. Nel primo caso, il paziente viene ricoverato laddove richieda interventi sanitari immediati o comunque un monitoraggio attento e approfondito da parte del personale medico: il ricovero può avvenire in uno dei reparti dell’ospedale sede di pronto soccorso oppure richiedere un trasferimento in funzione del tipo di struttura che lo ha accolto o della necessità di ricevere assistenza particolarmente specializzata. La gestione dei casi meno gravi si conclude invece di norma con il ritorno del paziente al proprio domicilio, dopo cure e accertamenti ritenuti opportuni o un periodo di osservazione breve intensiva se necessaria: in entrambi i casi, il paziente è comunque di norma rimandato al proprio medico di base per la gestione di visite specialistiche o di interventi terapeutici differibili. 

Una terza opzione può essere in realtà quella delle dimissioni volontarie su decisione del paziente, che può eventualmente rifiutare la proposta del medico di osservazione o ricovero. Anche in questo caso, al paziente vengono comunque consegnati il verbale di pronto soccorso e l’esito degli esami conseguiti, utili ad agevolarne il contatto con il medico di base nei giorni successivi. Nell’eventualità in cui il paziente lasci prima di essere visitato o valutato in via definitiva, si parla invece di abbandono del pronto soccorso: in questo caso, l’accesso sarà comunque registrato e gestito dal personale competente, mentre copia del verbale o degli eventuali esami eseguiti potrà essere comunque richiesta dal paziente in seguito. 

 

 

COVID-19 e pronto soccorso: cosa fare in caso di sintomi? 

L’emergenza COVID-19 – e le misure di contenimento prese a livello nazionale e regionale per minimizzarne la diffusione – hanno di recente imposto una stretta negli accessi al pronto soccorso, cui resta ora più che mai fortemente raccomandato rivolgersi soltanto in caso di effettiva urgenza e necessità. 

Cosa fare quindi se si sospetta di essere stati in contatto con un positivo oppure in caso di comparsa di alcuni sintomi caratteristici del contagio da SARS-CoV-2? Restare a casa e non recarsi né al pronto soccorso né presso lo studio del proprio medico di base, che andrà semmai contattato telefonicamente per una prima valutazione del quadro clinico e dei successivi passi utili ad accertare la diagnosi e intraprendere il percorso di cura più adeguato. 

Allo stesso modo, le linee guida ministeriali raccomando quindi di utilizzare i numeri di emergenza 112 e 118 solo se strettamente necessario, rivolgendosi per informazioni e chiarimenti sulla gestione di COVID-19 al numero di pubblica utilità 1500 (attivo tutti i giorni, 24 ore su 24) oppure al proprio numero verde regionale di riferimento.