Informarsi al meglio prima di investire: documenti utili, costi e fiscalità

Un risparmiatore informato è anche un risparmiatore più consapevole: ecco allora con quali documenti e dati è utile confrontarsi prima di comporre il proprio portafoglio finanziario

Se nozioni di base della pianificazione finanziaria, insieme al supporto di professionisti del settore, sono un buon punto di partenza nel processo di costruzione di un portafoglio di investimento coerente con i propri obiettivi, altro passaggio preliminare – talvolta trascurato ma da non sottovalutare – è quello di analizzare attentamente tutta la documentazione fornita. Si tratta infatti del miglior modo possibile per raccogliere informazioni sui costi dello strumento scelto, su eventuali elementi di rischio o altri aspetti utili: tutti elementi indispensabili per comprendere in cosa si sta investendo e per verificarne quindi l’adeguatezza in funzione delle proprie esigenze.  

 

I documenti da esaminare prima dell’investimento 

Premesso che a diverse soluzioni di investimento possono corrispondere differenti materiali informativi, prendiamo a titolo puramente esemplificativo il caso di un risparmiatore che decida di acquistare quote di fondi comune di investimento: fondamentale sarà la lettura del KID (Key Investor Information Document), documento che sintetizza tutte le caratteristiche dell’OICR e, in particolare: 1) finalità e politica di investimento; 2) profilo di rischio/rendimento; 3) costi; 4) performance storiche. Al KID, che deve essere obbligatoriamente consegnato, si affiancano poi altri due documenti che, su eventuale richiesta dell’investitore, possono essere funzionali a farsi un quadro completo del passo che si sta per compiere: il regolamento di gestione del fondo e il prospetto informativo, di solito comunque reperibile anche sui siti degli emittenti/offerenti. All’interno del prospetto merita poi particolare attenzione la nota di sintesi,contenente informazioni chiave sul gestore, sul fondo e sui livelli di rischiosità, volutamente presentate seguendo standard comuni e un linguaggio non tecnico che ne consenta una facile fruibilità anche da parte dei risparmiatori meno esperti. 

Nel caso in cui si rivolga la propria attenzione nei confronti di prodotti finanziari di tipo assicurativo sono invece due i documenti principali consegnati, in via obbligatoria, prima della sottoscrizione: la scheda sintetica, contente sia informazioni di carattere generale sia approfondimenti riguardanti le specifiche tipologie di prodotto, e le condizioni di contratto. Anche in questo caso maggiori dettaglio possono essere demandati al prospetto informativo (di solito disponibile sui siti web di riferimento oppure consegnato gratuitamente su richiesta del potenziale assicurato) e agli specifici regolamenti di gestione dei fondi sottostanti al prodotto. 

 

Le informazioni da esaminare prima dell’investimento: costi e fiscalità 

Altra operazione fondamentale da compiere, trasversalmente alla specifica tipologia di strumento acquistato, è quella di documentarsi su costi e fiscalità: a parità di ogni altra condizione, infatti, maggiori saranno le commissioni applicate minore sarà il rendimento finale ottenuto. 

Concetto estendibile anche al tema dell’imposizione fiscale. Premessa indispensabile a farsi su questo punto, è che i proventi di un investimento si possono distinguere in due grandi categorie, sottoposte di fatto a due diversi regimi di tassazione: 1) il primo è quello riguardante il flusso cedolare (semplificando di molto, il guadagno in senso stretto), derivante ad esempio dagli interessi pagati dai titoli di Stato o altre forme obbligazionarie oppure dai dividendi delle azioni; 2) il secondo riguarda invece le cosiddette plusvalenze, vale a dire la differenza tra il prezzo di emissione/acquisto e quello di rimborso/vendita (capital gain). Qualora si registrasse una minusvalenza (capital loss), ovvero si vendesse lo strumento finanziario a un prezzo inferiore a quello di acquisto, la perdita potrà essere compensata con le plusvalenze realizzate così da ridurre l’imposizione fiscale che grava sugli strumenti finanziari detenuti. In particolare, per i guadagni derivanti dalle plusvalenze realizzate attraverso l’acquisto e vendita di fondi comuni, ETF e azioni (sia dividendi sia capital gain) si applica un’aliquota pari al 26%, valida anche per gli interessi maturati su conti correnti, libretti bancari e certificati di deposito. Diverso il caso dei titoli di Stato, cui si applica un’aliquota agevolata del 12,5%, estesa anche a titoli emessi da enti locali, bond esteri e territoriali inseriti nella cosiddetta white list e obbligazioni emesse da organismi internazionali. 

Merita infine una trattazione a parte la previdenza complementare che, proprio in virtù della sua funzione previdenziale prima ancora che “speculativa”, gode di un regime fiscale dedicato e agevolato in tutte le sue fasi (contribuzione, accumulo ed erogazione della prestazione). In particolare, per quanto riguarda la prestazione al pensionamento, sulla quota capitale si applica un’aliquota del 15%, che viene però ridotto di 0,3 punti percentuali per ogni anno successivo al 15esimo di partecipazione alla previdenza integrativa (fino a un massimo di 6 punti complessivi). Parallelamente, anche gli investimenti possono contare su un regime fiscale favorevole: la tassazione non è infatti del 26% bensì del 20%, pur restando invece al 12,5% per titoli di Stato e similari). In fase di contribuzione, infine, sono deducibili le somme destinate a fondi pensione e PIP nel limite annuo di 5.164,57 euro. 

 

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