La prestazione finale della previdenza complementare: rendita oppure capitale?

Una volta arrivato al pensionamento, l'iscritto può chiedere al proprio fondo pensione/PIP la prestazione sotto forma di rendita, mista oppure in forma di capitale: quale la "soluzione" più adatta alle diverse esigenze?

Al raggiungimento dei requisiti per la pensione obbligatoria stabiliti dal proprio regime di appartenenza (e a condizione di aver maturato almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare o 3 anni di partecipazione, anche in assenza dei requisiti pensionistici, nel caso si sia cessata l’attività lavorativa e ci si sposti tra Stati membri della comunità europea), l’iscritto a una forma pensionistica integrativa – fondo pensione nelle sue varie declinazioni o PIP – ha la possibilità di scegliere con quale modalità ricevere la somma fin lì accumulata. 

Premessa indispensabile a farsi è che si tratta appunto di una possibilità! Il raggiungimento dei requisiti per il pensionamento non comporta infatti obbligatoriamente l’andare in quiescenza: l’aderente potrà quindi decidere se cominciare a percepire la prestazione o rimanere nel fondo/PIP, proseguendo o meno con le contribuzioni, fino alla data da lui desiderata, il valore della posizione individuale maturata sia superiore all'importo di una mensilità dell'assegno sociale INPS (a oggi poco meno di 470 euro). In caso contrario spetterà al fondo o PIP inviare una comunicazione ad hoc (sulla base delle istruzioni COVIP) facendo presente l’opzione del riscatto immediato o del trasferimento ad altra forma pensionistica integrativa. 

Attenzione! Perché compiere una scelta di questo tipo? L’ammontare dell’eventuale pensione complementare viene calcolato trasformando il capitale in una rendita applicando dei “coefficienti di conversione”, che non tengono solo conto dell’andamento demografico della popolazione italiana, ma anche dell'età: ne consegue che maggiori saranno il capitale accumulato e/o l’età al pensionamento, tanto maggiore sarà l’importo della rendita.

La pensione complementare è normalmente pagata dall’impresa di assicurazione con cui il fondo ha stipulato una convenzione oppure direttamente dal fondo pensione se ha i requisiti fissati dalla legge. In ogni caso, è possibile trasferire la propria posizione presso un altro fondo in caso di convenzioni con una Compagnia di Assicurazione che applica condizioni economiche più favorevoli. Può essere poi reversibile sia al coniuge sia a un altro soggetto designato, oltre a fornire prestazioni accessorie quali quelle per non autosufficienza, a seconda di quanto previsto dallo specifico fondo o delle opzioni indicate in fase di adesione.  

Attenzione! Le prestazioni pensionistiche complementari sono sottoposte agli stessi limiti di cedibilità, sequestrabilità, pignorabilità in vigore per le pensioni a carico degli istituti di previdenza obbligatoria.

 

Come viene erogata la prestazione pensionistica: rendita vs capitale 

Come già visto, la prestazione pensionistica complementare viene dunque generalmente erogata una volta maturati i requisiti per il pensionamento sotto forma di capitale oppure di rendita, a seconda di quanto deciso dall’iscritto stesso. 

L’erogazione sotto forma di capitale consiste di fatto nella liquidazione della posizione individuale dell’aderente in un’unica soluzione, fino a un massimo del 50% del capitale accumulato (il restante 50% è infatti comunque erogato sotto forma di rendita). Un’opportunità che consente, da una parte, di godere di liquidità nell’immediato, ma che dall’altro può esporre al rischio di godere così di un importo pensionistico integrativo troppo basso per garantirsi una vecchiaia serena. Tale opzione consente cioè indubbiamente di soddisfare eventuali urgenze, ma ovviamente - nel compiere questa scelta - è da tenere ben presente che più alta è la quota in capitale tanto più bassa sarà la pensione integrativa. In effetti, se da un lato, la scelta di ricevere subito parte del capitale consente di beneficiare in modo immediato di un capitale da utilizzare per eventuali “emergenze”, dall’altro espone al rischio di non aver poi denaro sufficiente a soddisfare i bisogni della propria vecchiaia. Viceversa, distribuire nel tempo tutto il capitale accantonato permettere di affiancare costantemente alla propria pensione pubblica una rendita complementare, con l’incognita però di non avere grosse somme a disposizione tutte insieme per fronteggiare eventuali imprevisti. Diventa anzi in questo caso indispensabile gestire al meglio le proprie finanze tenendo conto del modo in cui i propri bisogni potrebbero cambiare nel tempo. 

Attenzione! La prestazione in capitale del 100% delle somme accantonate può essere sì richiesta ma solo in casistiche peculiari, come quelle riguardanti montanti esigui (la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale sia inferiore al 50% dell’assegno sociale INPS) o posizioni particolarmente datate (il riferimento è ai vecchi iscritti, vale a dire quanti abbiano aderito prima del 29 aprile 1993 a un fondo pensione già istituito alla data del 15 novembre 1992). 

Nel caso in cui l’aderente scelga la rendita, dal momento del pensionamento (o della richiesta della prestazione) riceverà di fatto una somma di denaro periodica che gli consentirà di integrare la pensione obbligatoria corrisposta dallo Stato o dalla propria Cassa di riferimento. Non tutte le rendite sono però uguali tra loro: normalmente, infatti, all’iscritto che opta per questa soluzione è chiamato a scegliere tra le diverse tipologie messe a disposizione dalla sua forma pensionistica integrativa. Posto dunque che ogni fondo/PIP può far da sé, solitamente la prima preferenza su cui l’iscritto è chiamato a iscriversi è quella della rendita vitalizia o certa: nel primo caso, si stabilisce che la rendita sarà cioè erogata fino a ché l’aderente sarà in vita; nel secondo invece il pagamento – all’aderente stesso oppure ai suoi beneficiari in caso di decesso – viene stabilito per un numero prefissato di anni. Al termine di questo periodo, la rendita diventa vitalizia laddove l’iscritto sia ancora in vita, mentre non è più erogata nel caso in cui sia deceduto. Altra scelta piuttosto diffusa, in caso di rendita vitalizia, riguarda poi il momento di avvio dei pagamenti, che può essere immediato oppure differito (l’erogazione avviene cioè solo da un certo momento in poi). 

 

Cosa accade in caso di decesso? 

Nell'eventualità del decesso prima del raggiungimento del pensionamento, la posizione individuale accumulata presso il fondo sarà liquidata agli eredi legittimi/beneficiari che l’aderente avrà indicato. In mancanza di eredi legittimi o di altri beneficiari designati, la posizione resterà acquisita dal fondo stesso.

 

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