E se vado a lavorare all'estero? Totalizzazione internazionale e Paesi convenzionati

Non solo Unione europea… Forse non tutti sanno che l'Italia ha stipulato accordi in materia di sicurezza sociale anche con molte delle nazioni che hanno visto (o vedono tuttora) un sensibile flusso migratorio di lavoratori italiani: cosa occorre sapere sulla totalizzazione internazionale

Per quanti hanno lavorato, per un periodo più o meno lungo, all’estero possono sorgere dubbi in merito al raggiungimento della pensione: i contributi versati fuori dall'Italia valgono per la maturazione dei requisiti utili al trattamento pensionistico? Per rispondere, occorre innanzitutto fare una premessa: il nostro Paese ha stipulato numerose convenzioni con altre nazioni (Paesi dell’Unione Europea, Svizzera, Usa, Argentina, Brasile ecc.) in materia di sicurezza sociale. Scopo degli accordi è proprio quello di consentire all’assicurato di utilizzare, ai fini della pensione e senza oneri economici, i vari periodi lavorativi svolti in più Stati. In presenza di convenzione, la contribuzione versata nel Paese estero può cioè essere “sommata” per integrare il requisito contributivo richiesto.

Facciamo un esempio. In Italia, salvo eccezioni e casi particolari, il diritto alla pensione di vecchiaia decorre con almeno 20 anni di contributi, così come in Francia. Se un lavoratore avesse lavorato 13 anni a Milano e 7 a Parigi, senza un accordo tra le due nazioni non avrebbe diritto ad alcuna pensione; grazie all’esistenza di una convenzione tra i due Paesi, avrà invece la possibilità di “sommare tra di loro” i due periodi (quello italiano e quello francese) ai fini del diritto alla pensione. In questo modo sia l’Italia che la Francia riconoscono al lavoratore la contribuzione maturata nell’altro Paese, pur conservando la propria autonomia legislativa in materia. In altre parole, l’ente di previdenza italiano liquiderà una pensione sulla base di 13 anni (il diritto è determinato dalla somma di 13 più 7) all’età e alle condizioni richieste in Italia e l’organismo estero pagherà la prestazione pensionistica sulla base di 7 anni (il diritto è determinato dalla somma di 7 più 13) all’età e alle condizioni richieste in Francia.

Attenzione! Per poter essere sommati tra di loro, i periodi contributivi non devono ovviamente risultare sovrapposti o coincidenti; diversamente saranno valutati un’unica volta. Bene inoltre precisare che per poter applicare il “cumulo estero” è comunque necessaria una condizione minima, vale a dire che l’assicurato abbia già maturato in Italia il minimale di contribuzione richiesto per l’accesso alla totalizzazione, previsto dalla normativa comunitaria (52 settimane) o dalle convenzioni bilaterali stipulate con i singoli Paesi.

 

Chi ha accesso alla totalizzazione internazionale: i Paesi convenzionati

Dunque, ricapitolando, la totalizzazione internazionale consente a quanti hanno svolto periodi di lavoro all’estero di sommarli (gratuitamente) con quelli versati in Italia ai fini della maturazione del diritto alla pensione, corrisposta poi pro quota da ciascuno degli Stati coinvolti. A due fondamentali condizioni: 

  • i periodi contributivi oggetto di totalizzazione non devono coincidere tra loro; 
     
  • il nastro contributivo “estero” abbia durata quantomeno superiore a 1 anno. 

Questo istituto è sempre valido all’interno della Comunità europea, proprio perché frutto di regolamenti comunitari, ma è in realtà esteso anche a molti altri Paesi, extraeuropei compresi, grazie a una serie di convenzioni stipulate nel tempo dall’Italia. A seguire, un elenco dei principali Stati con cui sono state stabilite convenzioni previdenziali, che consentono al lavoratore di far valore il proprio diritto alla cosiddetta totalizzazione internazionale: 

  • Argentina;
     
  • Australia;
     
  • Brasile;
     
  • Canada;
     
  • Capoverde;
     
  • Ex Jugoslavia (tutti i Paesi); 
     
  • Islanda;
     
  • Jersey;
     
  • Liechtenstein;
     
  • Norvegia;
     
  • Principato di Monaco; 
     
  • San Marino; 
     
  • Stati Uniti; 
     
  • Svizzera;
     
  • Unione Europea; 
     
  • Uruguay;
     
  • Tunisia;
     
  • Turchia;
     
  • Vaticano;
     
  • Venezuela.


Al pari di quella “italiana”, la totalizzazione in regime internazionale consiste dunque nel cumulo di periodi assicurativi non coincidenti, in questo caso specifico maturati in parte sul territorio nazionale e in altra parte all’interno di un altro Paese UE o comunque convenzionato tramite uno specifico accordo bilaterale. La pratica non comporta però il trasferimento dei contributi da un Paese all’altro, ma consente semmai di tenere conto, ai fini del diritto alla prestazione pensionistica, di tutti i contributi versati dal lavoratore. 

Attenzione! Per poter essere sommati tra di loro, i periodi contributivi non devonoa appunto sovrapporsi: diversamente, saranno valutati un’unica volta. Bene inoltre precisare che per poter applicare il “cumulo estero” è comunque necessaria una condizione minima, vale a dire che l’assicurato abbia già maturato in Italia il minimale di contribuzione richiesto per l’accesso alla totalizzazione, previsto dalla normativa comunitaria (52 settimane) o dalle convenzioni bilaterali stipulate con i singoli Paesi. 

Per quanto riguarda i requisiti per il pensionamento si farà invece riferimento, per ciascuna quota, alla legislazione vigente nel Paese di riferimento: in Italia, varranno pertanto gli stessi requisiti anagrafici e contributivi previsti per gli altri assicurati. Per quanto riguarda invece la misura del trattamento pensionistico occorrerà tenere conto di tutti i contributi versati, tanto in Italia quanto all’estero: questo non vuole dire tuttavia che lo Stato italiano si farà carico dell’intero importo “virtuale” così calcolato. All’ente italiano di riferimento spetterà infatti il pagamento della sola quota corrispondente ai contributi versati in Italia (e al Paese estero altrettanto) applicando una percentuale di riduzione determinata sulla base del rapporto tra la contribuzione complessiva e quella effettivamente maturata nel singolo Stato. 

Attenzione! Nel caso in cui la pensione ipoteticamente maturata usando la sola legislazione nazionale per il calcolo risultasse più favorevole rispetto a quella calcolata con il sistema pro rata, l’interessato ha il diritto, secondo quanto stabilito dai regolamenti comunitari (o, in alternativa, dai singoli accordi bilaterali), di vedersi riconosciuta la prestazione a lui più favorevole.  
 


E se il Paese non è convenzionato? Il riscatto oneroso dei contributi

La copertura assicurativa per l’attività svolta all’estero può  invece creare qualche problema in più se si è lavorato in un Paese non convenzionato (in Sud Africa, ad esempio): in questi casi,  è comunque possibile recuperare la copertura previdenziale per i periodi interessati, ma solo a condizione di ricorrere al riscatto (oneroso) dei contributi e pagare dunque l'operazione di tasca propria.

Unica condizione necessaria è il possesso della cittadinanza italiana alla data della domanda. La richiesta, non soggetta a termini di decadenza, deve essere corredata di documentazione oggettivamente idonea a provare l’esistenza e la durata del rapporto di lavoro (la prova dell’importo delle retribuzioni percepite non è essenziale). A tal fine possono essere utilizzati i documenti originali di lavoro (eventuale contratto di ingaggio, lettera di assunzione, buste paga e così via) avvalorati dalle dichiarazioni di autorità consolari italiane o di pubbliche amministrazioni straniere che controllano l’immigrazione. 

 

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