Professioni e calcolo della pensione: i lavoratori dipendenti

Quali regole per la pensione per i lavoratori subordinati? Dal settore privato a quello della P.A., passando per giornalisti, collaboratori domestici, sportivi professionisti e impiegati nello spettacolo, ecco le schede previdenziali dedicate ai dipendenti 

In Italia la tutela previdenziale dei dipendenti è prevalentemente garantita dall’INPS (l’Istituto Nazionale della Previdenziale Sociale), cui sono nel tempo confluite le gestioni di particolari categorie professionali, come ad esempio l’ENPALS per i lavoratori dello spettacolo e dello sport e l’INPDAP per i dipendenti del settore pubblico, ma cui tuttora si sostituiscono o affiancano invece, per altre professionalità, altri enti pensionistici. È il caso, oltre che della Casse di Previdenza per i liberi professionisti, anche di alcune gestioni di previdenza complementare o aggiuntiva come Fondazione Enasarco per gli agenti di commercio, Fodazione Enpaia per le rendite integrative degli impiegati in agricoltura e FASC, il Fondo agenti spedizionieri e corrieri.  

Al suo interno, la stessa INPS - che rappresenta quindi il pilastro dell’Assicurazione Generale Obbligatoria italiana – conta dunque diverse gestioni: il fatto che un contribuente, in base alla propria posizione lavorativa, sia o sia stato iscritto all’una o all’altra è tutt’altro che influente, perché a gestioni e ancora di più enti differenti possono corrispondere anche diverse modalità di contribuzione, varie prestazioni o modalità di calcolo dei trattamenti pensionistici, differenti requisiti per accedere alla pensione. Detto altrimenti, nonostante un sistema complessivamente votato a una maggiore semplificazione rispetto a qualche anno fa, sarebbe fin troppo riduttivo pensare che tutti i subordinati, solo perché tali, siano soggetti alle stesse identiche regole: al contrario, a categorie professionali diverse possono corrispondere diversi canali (e non solo) per il conseguimento di trattamenti pensionistici e assistenziali. Con possibili riflessi anche sui conti dell'Istituto. 

 

Focus sui conti INPS: le gestioni FPLD ed ex INPDAP

Premessa indispensabile a farsi è che l’aggregato dei fondi pensione dei lavoratori privati comprende, oltre al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti in senso stretto (FPLD), anche i dati relativi alla gestione dei dirigenti di aziende industriali (ex INPDAI) e alle gestioni degli ex fondi speciali (fondo trasporti, telefonici, elettrici) che, con contabilità separate, sono confluiti nel tempo al suo interno. Guardando però al FPLD in senso stretto, che rappresenta peraltro la gestione previdenziale numericamente più significativa del comparto, il saldo previdenziale al 2022 è positivo per 17.715 milioni di euro, nettamente superiore ai 11.548 milioni del 2021: nel dettaglio, le entrate contributive corrispondono a 126.436 milioni, comprensivi anche degli apporti della GPT e della GIAS per le contribuzioni figurative relative alle prestazioni di sostegno al reddito, mentre le uscite per prestazioni (al netto GIAS) risultano pari a 108.721 milioni.  

D’altra parte, come già evidenziato per gli anni precedenti dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, il risultato complessivo del fondo lavoratori dipendenti è invece condizionato negativamente dagli ex fondi speciali che, nel loro complesso, presentano un saldo negativo di 9.265 milioni: malgrado l’esigua rappresentatività (si tratta del 5% del totale dei lavoratori privati) pesano sui conti INPS soprattutto le prestazioni di miglior favore erogate ai vecchi iscritti. Un fenomeno che, tuttavia, riguarda ormai le sole pensioni di più vecchia data e, considerata la progressiva armonizzazione delle regole di calcolo e pensionamento introdotta a partire dalla riforma Dini, da ritenersi pertanto “in esaurimento”. 

A causa di un disavanzo importante, al Fondo Pensione dei Lavoratori Dipendenti sembra quasi fare da contraltare, in negativo, la gestione dei dipendenti pubblici (ex INPDAP): al netto dei 10.800 milioni di euro del contributo aggiuntivo a carico del datore di lavoro – lo Stato – per l’appunto, il deficit 2022 ammonta a 39.615 milioni di euro, risultanti da entrate per 42.731 milioni e uscite per 82.346 milioni. Un passivo non solo consistente ma persino in aumento rispetto a 2020 e 2021: a crescere, del 4,79%, soprattutto la spesa pensionistica, più come conseguenza dell’effetto sostituzione che dell’impatto inflattivo. Come spiegato dall’Undicesimo Rapporto, il quadro futuro è in questo caso da considerarsi in evoluzione, anche a fronte dei recenti interventi legislativi riguardanti sia la sfera previdenziale in senso stretto sia il potenziamento degli organici della nostra PA: guardando però a passato e presente della gestione risulta evidente come, dopo che per diversi anni un sostanziale blocco del turnover nel settore ha determinato una riduzione dei lavoratori attivi, in tempi più recenti si è assistito a un cambio di rotta. Se, come conseguenza diretta dell’aumento dei contribuenti sono proporzionalmente aumentate anche le entrate, va rilevata d’altra parte anche una significativa crescita della spesa di prestazioni che, giusto per avere un ordine di grandezza e complici poi misure di flessibilità in uscita come ad esempio Quota 100, nel 2015 ammontava a 66.871 milioni e oggi vale invece 82.346 milioni di euro.

 

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