Miniguida alla web reputation: cos’è e come curarla nel modo giusto

(Mal) abituati a considerare la rete come un universo separato dalla "vita reale", spesso dimentichiamo che quello che scriviamo sul web può avere un peso notevole e influire anche sulla ricerca di lavoro

In un contesto nel quale si fa sempre più strada il cosiddetto social recruiting, vale a dire la ricerca di aspiranti lavoratori attraverso i social media, qualunque potenziale candidato in cerca di impiego – ma verrebbe da aggiungere qualsiasi lavoratore, data la crescente sensibilità nei confronti del tema - non può permettersi di trascurare la propria web (o digital reputation). 

Che il curriculum o il portfolio capitino arrivino attraverso social media e affini oppure no poco importa: chi è chiamato a “giudicare” la validità del profilo, si tratti di un selezionatore o di un potenziale cliente nel caso di un libero professionista - si affida sempre più spesso al web per reperire informazioni e farsi una prima idea del proprio interlocutore. Conoscere le competenze è importante, ma cogliere anche aspetti delle passioni e della personalità del candidato può essere un valido aiuto per chi deve assegnare un incarico o un posto di lavoro.

Ecco allora alcuni consigli per curare al meglio la propria identità digitale ed evitare amare sorprese in vista di qualche importante colloquio di lavoro!

 

 

Non sono solo i social media a parlare di noi in rete…

Curare la propria presenza sui social network è fondamentale, ma per quanto i profili social siano spesso molto ben indicizzati (e quindi ben visibili) sui motori di ricerca non bisogna far l’errore di credere che siano la nostra unica traccia di noi facilmente reperibile sul web. Una prova? Basterà cercare il proprio nome su Google e scorrere almeno le prime due-tre pagine di risultati per farsi un’idea di quello che anche un selezionatore potrebbe facilmente scovare. Guai allora a sottovalutare blog, forum o siti di notizie anche locali, pensando erroneamente che siano solo Facebook e compagni a renderci rintracciabili online.

 

Attenzione a non inventarsi un’identità online diversa da quella offline

Questo ovviamente non significa che non si possa usare la rete senza concedersi spazio a pizzico di evasione della realtà. Vuol dire semmai di non dimenticarsi che anche l’uso del web fa parte ormai della vita quotidiana a tutti gli effetti e costruirsi “false identità” digitali, ad esempio fingendo un titolo di studio o esperienze personali altisonanti per risultare più in linea con determinate posizioni, può rivelarsi molto controproducente in fase di colloquio e selezione. Principio che vale peraltro anche per inesattezze e reticenze non strettamente legate alla propria posizione lavorativa: un selezionatore potrebbe facilmente pensare che chi mente online sia poi più incline a farlo anche sul luogo di lavoro.

Essere coerenti, poi, a volte non basta… Sempre più di frequente e, in particolare per alcuni tipi di professioni (ad esempio quelle attinenti alla comunicazione), i datori di lavoro chiedono espressamente di inserire nel cv anche i rimandi diretti ai propri profili social, che andranno quindi espressamente curati per l’occasione: bene infatti evitare di includere quelli poco aggiornati o utilizzati con finalità esclusivamente leisure che potrebbero farci apparire poco professionali. 

 

Tutto quello che si posta è importante: commenti, video e foto…

Altro errore da non commettere è sottovalutare il peso dei commenti lasciati in rete quando si è ospiti di spazi altrui… Un forum, lo spazio riservato ai lettori da un quotidiano online, la storia Instagram di qualche personaggio pubblico: flame, commenti offensivi o inappropriati, anche quando nati di getto o in un contesto giocoso e goliardico contribuire a fornire una cattiva immagine di chi li ha scritti. Per queste stesse ragioni, non meno importanza deve essere attribuita a eventuali immagini o video che possano dare di noi un’impressione sbagliata: la web reputation non passa certo solo dalla parola!

 

Evviva la privacy!

Nessuno può entrare in casa nostra se si tengono porte e finestre ben sigillate. Soprattutto sui social media, meglio allora usare allora con consapevolezza le impostazioni della privacy che, in maniera sempre più sofisticata, consentono ai propri utenti di personalizzare i contenuti che si vogliono lasciare alla mercé di eventuali occhi indiscreti. Un consiglio? Attenzione a non abbassare la guardia davanti ai “tag”: inutile curare in modo maniacale il proprio profilo, se poi è il materiale postato da altri a rischiare di metterci nei guai!

Senza trascurare persino l’ipotesi “più estrema”, vale a dire quella di dotarsi di profili privati da condividere con i soli contatti fidati.
 


E se, dopo esserci accertati che la nostra attività sul web non dia un’immagine negativa o fuorviante di noi, volessimo fare qualcosa di più? Fare personal branding significa sfruttare attivamente i social media per promuoversi e valorizzare le proprie capacità. In questo caso, tutto quello che conta è essere creativi (e coerenti) perché, se ben sfruttata, la rete offre tante occasioni per mettere in mostra le proprie passioni e il proprio talento!