I voucher per il welfare aziendale: cosa sono e come funzionano

Tra le innovazioni più importanti degli ultimi anni in materia di welfare aziendale si registra soprattutto l’introduzione del voucher per l'erogazione dei servizi ai dipendenti, ma attenzione alle regole! E a non confonderli con buoni pasto e fringe benefit...

"3-bis. Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3 [Art. 51], l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale".

Il comma 3-bis dell’Art.51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi stabilisce la possibilità di corresponsione di benefit mediante titoli di legittimazione, vale a dire nella forma di voucher nominali. L’Art. 1 comma 190 della legge 28 dicembre 2015 n.208 (Legge di Stabilità 2016), il Decreto Interministeriale 25 marzo 2016 e la successiva Circolare n.28/E 2016 delle Agenzia delle Entrate ne specificano quindi ulteriormente le caratteristiche:

  • deve rappresentare una specifica utilità e dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero suo valore nominale;
     
  • non può essere emesso a parziale copertura del costo della prestazione, opera o servizio (non è cioè integrabile da parte del titolare); 
     
  • non può rappresentare somme di denaro e non può essere emesso a rimborso di spese già sostenute dal dipendente, il quale non può intervenire nel rapporto economico tra datore di lavoro e struttura che eroga il servizio; 
     
  • non può rappresentare più prestazioni, opere o servizi;
     
  • deve riportare il nominativo dell’effettivo fruitore della prestazione, ovvero non può essere monetizzato o ceduto a terzi;
     
  • il dipendente ha la facoltà di attivare un nuovo rapporto contrattuale con la struttura che eroga il servizio. È il caso dell’abbonamento in palestra: se il voucher emesso dal datore di lavoro ricomprende 10 ingressi in palestra, l’11esimo può essere acquistato dal dipendente poiché si tratta di una nuova prestazione svincolata dalla precedente.

In sintesi, dunque, non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, né monetizzati o ceduti a terzi; in aggiunta, possono dare diritto esclusivamente a un bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale, senza integrazioni a carico del titolare. Peculiarità, quest'ultima, che non vale invece nel caso di buoni pasto. 

 

Deroghe del voucher unico

In deroga al principio (affermato dall' Articolo 6 comma 2 del Decreto Attuativo Interministeriale 25 marzo 2016) in base al quale i voucherdevono dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale” (articolo 6, comma 1, del Decreto), il comma 2 dell’articolo 6 del Decreto, prevede che “i beni e servizi di cui all’articolo 51, comma 3, ultimo periodo del TUIR possono essere cumulativamente indicati in un unico documento di legittimazione purché il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo di 258,23 euro", innalzato a 516,46 euro per il periodo d’imposta 2020 ex DL Agosto.

Attenzione! Quanto descritto nel comma 3-bis dell’art. 51 non vale per i servizi erogati in regime di fringe benefit, per i quali possono essere emessi voucher che si riferiscono a più beni (ad esempio, card Amazon). In questo caso, valgono tutti i vincoli previsti per i servizi fringe.

Mentre il voucher mono-uso deve dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio, predeterminato ab origine e definito nel valore, il voucher cumulativo può rappresentare una pluralità di beni, determinabili anche attraverso il rinvio – ad esempio – a un’elencazione contenuta su una piattaforma elettronica, che il dipendente può combinare a sua scelta nel “carrello della spesa”, per un valore non eccedente i 258,23 euro. Depone in tal senso la ratio della norma, che ha riguardo al valore complessivo dei beni e servizi di cui all’articolo 51, comma 3, del TUIR, che non deve eccedere 258,23 euro (o 516,46 euro per il biennio 2020-2021).

Allo stesso modo, il Decreto Attuativo Interministeriale ci ricorda che anche i buoni pasto non sono assimilabili ai voucher, ma sono normati dalle lettere d) ed e) del d.P.R. n. 207 del 2010

 

Quali ulteriori erogazioni per il welfare aziendale al di fuori del reddito da lavoro dipendente?

Riferimento normativo è ancora una volta il Testo Unico delle Imposte sui Redditi. In particolare: 

"[2. Non concorrono a formare il reddito:] f)  L’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’art. 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100".  

L’Art. 100 del TUIR specifica inoltre che:

"Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi".

Opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto possono quindi essere riconosciuti come servizi riconducibili al welfare aziendale sulla base di contratti, accordi o regolamenti aziendali (coerentemente con la disposizione presente in art.51 comma 2f), così come su base volontaria da parte del datore di lavoro (art. 100, comma 1). 

 

Requisiti art.100 per la non imponibilità

Affinché la deducibilità delle spese indicate all’Art.100 del TUIR sia ammessa, devono tuttavia sussistere i seguenti requisiti fondamentali. 

Spesa diretta: il voucher deve rappresentare una spesa diretta, volontaria contrattualizzata tramite accordo o regolamento aziendale, da parte del datore di lavoro. 

Categorie omogenee: strutture e prestazioni a disposizione di tutti i dipendenti o di alcune categorie omogenee (non discriminatorie). Ad esempio, non è possibile definire un beneficio rivolto solo alle dipendenti madri e non ai padri (o viceversa). È possibile destinare, invece, visite specifiche rivolte a categorie selezionate, come nel caso dell’ecografia alle future madri e del pap-test alle dipendenti donna (dato che in questo caso i dipendenti maschi non trarrebbero alcun beneficio dal servizio).

Beneficiari: il dipendente e i familiari previsti dall’art. 12 del TUIR, anche se non fiscalmente a carico.

Finalità specifiche: specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto.

 

Limiti art.100 per la deducibilità

Il limite del 5 per mille dell’ammontare delle spese per il personale decade solo in caso di erogazione dei servizi in conformità a contratti, accordi o regolamenti che configurino l'adempimento di un obbligo negoziale. Resta valido in caso di liberalità non formalizzate.

 

Altre voci di spesa per il personale

Con la circolare 5/E del 29 marzo 2018, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta chiarendo che "le spese in regime di art.51 co.2 lett. f-bis), f-ter) e f-quater) sarebbero da interpretarsi come un ‘di cui’ della lettera f)". Semplificando, ciò vorrebbe dire che i rimborsi dell’area famiglia sono deducibili dal reddito d’impresa solo nel limite del 5x1000 delle spese per il personale a meno che non siano inseriti in un accordo sindacale o in un regolamento che configuri l’adempimento a un obbligo negoziale. Secondo altri orientamenti interpretativi, tale limite di deducibilità non opera laddove tali erogazioni avvengano a titolo di rimborso. 

 


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