Fondi comuni di investimento, cosa sono e perché possono aiutare il risparmiatore

Tra le diverse strade percorribili quando si costruisce il proprio portafoglio finanziario, c'è anche quella di acquistare quote di fondi comuni di investimento: uno strumento alla portata di tutti e con molti punti di forza, ma che è sempre opportuno sottoporre a un’attenta valutazione

Tra i diversi strumenti finanziari attraverso cui realizzare i propri investimenti un risparmiatore accorto non può fare a meno di valutare e considerare, meglio sempre se assistito da consulenti e professionisti del settore, i cosiddetti fondi comuni di investimento che, per semplificare, potrebbero essere definiti come dei contenitori che, gestiti da apposite società (le SGR, acronimo di Società di Gestione del Risparmio), ospitano al proprio interno diverse asset class, intercettando i risparmi e le esigenze di grandi e piccoli investitori. 

 

OICR e fondi comuni di investimento: una possibile definizione

Scendendo nel dettaglio, può essere utile guardare alla definizione di OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio)offerta dall’art. 1 lettera k) del TUF (Testo Unico della Finanza): “l'organismo istituito per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l'emissione e l'offerta di quote o azioni, gestito in monte nell'interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati, a favore di soggetti diversi da consumatori, a valere sul patrimonio dell'OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata”.

In altre parole, il risparmiatore che decide di investire attraverso OICR sottoscrive quelle che vengono solitamente chiamate le “quote” del fondo e che di fatto rappresentano le singole parti unitarie in cui è frazionato il patrimonio dell’OICR. Per chiarire ancora meglio, gli OICR sono strumenti divisi in tante parte unitarie dette quote: investire tramite un OICR, come un fondo comune per l’appunto, significa acquistare (o meglio ancora sottoscrivere) una parte di queste quote. 

Ma quali sono gli “organismi di investimento collettivo del risparmio” italiani? Fondamentalmente, se ne possono identificare 2: 

  1. i fondi comuni di investimento; 
     
  2. le società di investimento, meglio conosciute con gli acronimi SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile) e SICAF (Società di Investimento a Capitale Fisso). 

In linea generale le due forme di OICR sono sostanzialmente simili e regolamentate entrambe dalle norme contenute nel TUF, ma c’è quantomeno una differenza utile da esplicitare per le ripercussioni pratiche che ne conseguono. I fondi comuni sono strumenti di investimento che necessitano di una società di gestione del risparmio (SGR) per poter funzionare. Quest’ultima “crea” a tutti gli effetti il fondo cui i risparmiatori possono destinare le proprie somme e il patrimonio accumulato viene appunto investito, come un unicum, in attività finanziarie (azioni, obbligazioni, titoli di Stato, ecc. o, in alcuni casi, in immobili) direttamente dalla SGR stessa. Ciò che differenzia allora i fondi comuni da SICAV e SICAF è il fatto che il patrimonio del fondo comune sia distinto e separato da quello della SGR che lo gestisce; come conseguenza, il risparmiatore riceve - in cambio del capitale investito - quote del fondo stesso e non azioni della società di gestione. Al contrario, la stessa attività di investimento può essere appunto svolta da società di investimento a capitale variabile (SICAV) o a capitale fisso (SICAF). A differenza di quanto accade per i fondi comuni, SICAV e SICAF sono vere e proprie società di cui i sottoscrittori divengono soci acquistando a tutti gli effetti le azioni delle società con tutti i relativi diritti (ad esempio di voto): non c’è dunque separazione tra capitale raccolto e capitale della società. Non solo, mentre i fondi comuni di investimento hanno bisogno di una SGR che li costituisca e ne effettui la gestione, le SICAV sono per definizione delle società di gestione del patrimonio raccolto per cui per “funzionare” non necessitano di una terza entità.

 

Le diverse tipologie di fondi di investimento

Dunque, ricapitolando, un fondo di investimento è una sorta di grande salvadanaio nel quale confluiscono le risorse di più risparmiatori: risorse che vengono così investite in diverse tipologie di strumenti finanziari, secondo le scelte compiute dalla SGR che ne segue le attività (con il vantaggio, soprattutto per i piccoli risparmiatori, di accedere così a soluzioni che o per mancanza di competenze o di disponibilità economiche gli sarebbero viceversa precluse. 

Al netto di queste caratteristiche comuni, non tutti i fondi di investimento sono però uguali tra di loro! Anzi, una prima distinzione che è bene tenere a mente è quella tra fondi aperti e fondi chiusi. In particolare, i fondi aperti si caratterizzano per la possibilità che viene data al risparmiatore di sottoscriverne le quote, o chiederne il rimborso, in qualsiasi momento; l’investimento che effettuano è tipicamente indirizzato verso attività finanziare quotate. Nel caso dei fondi chiusi, invece, sia il periodo di sottoscrizione delle quote che quello di rimborso è tipicamente predeterminato, il che implica, semplificando, una minore libertà di scelta per il risparmiatore (rimane comunque possibile lo scambio delle quote sul mercato); questi fondi tendono a investire una parte del patrimonio in strumenti meno liquidi e di più lungo periodo.

Attenzione! All’interno degli aperti è utile citare, per il livello di diffusione che hanno tra i risparmiatori, i cosiddetti “fondi armonizzati”, così definiti perché seguono regole e criteri comuni volti a tutelare gli interessi dei risparmiatori, soprattutto limitando l’assunzione di un rischio troppo elevato da parte del fondo. In particolare, in base alle politiche di investimento effettivamente perseguite, i fondi armonizzati si distinguono (principalmente ma non esclusivamente) in:

- azionari, che investono prevalentemente in azioni e presentano un livello di rischio elevato;

- obbligazionari, che investono in prevalenza in Titoli di Stato e obbligazioni, con un profilo di rischio minore degli azionari;

- bilanciatiun mix dei precedenti, con un profilo di rischio variabile in base alla maggiore o minore quota di azioni detenute nel fondo;

- monetari, che investono in strumenti del mercato monetario, a breve termine e dal profilo di rischio particolarmente basso.

Sostanzialmente, un fondo di investimento può essere identificato come un “contenitore” all’interno del quale, in base alle strategie di investimento, vengono inseriti in diverse percentuali i diversi strumenti finanziari che poi caratterizzano il grado di rischiosità e rendimento atteso del fondo. Questo, per il risparmiatore, significa poter disporre di un alto grado di diversificazione cui accedere, in forma collettiva, partecipando a un unico investimento. 

Attenzione! Quelle citate non sono in ogni caso le uniche suddivisioni possibili. A seconda delle strategie adottate – con tutto ciò che ne deriva in termini di profilo di rischio, rendimento atteso e orizzonte temporale – è infatti possibile distinguere anche fondi di liquidità, immobiliari e così via.

 

Come investire in un fondo comune? Scegliere (e monitorare) i propri investimenti

I fondi tradizionali sono distribuiti attraverso un processo di “collocamento”. Pertanto, chi ha intenzione di servirsi di questi strumenti finanziari dovrà rivolgersi a un intermediario autorizzato (ad esempio, la propria banca) e quindi legittimato a vendere tale fondo. Fare riferimento al proprio consulente finanziario è a maggior ragione in questo caso la scelta più appropriata, anche e soprattutto per selezionare il fondo più adeguato alle specifiche esigenze di ciascun investitore (profilo di rischio, aspettative di rendimento, etc). 

A ogni modo, passaggio da non sottovalutare nel corso della propria decisione è un’appropriata valutazione dei costi (oneri, commissioni di entrata e/o di uscita, e così via)che possono in effetti assumere entità molto differenti anche e soprattutto in funzione del tipo di gestione effettuata dalla SGR: a una gestione attiva corrispondono infatti solitamente costi più elevati di una gestione passiva. Nel primo caso, quello della gestione attiva, il gestore cerca infatti tipicamente di superare in termini di performance un certo benchmark di riferimento, con costi appunto superiori dovuti alla consistente attività di selezione degli investimenti da inserire all’interno del fondo; nel secondo, quello della gestione passiva, il gestore tende invece a replicare l’andamento di alcuni indici prefissati, con modalità standardizzate e spesso del tutto automatizzate che, inevitabilmente, riducono i costi. 

Altro fattore che può dare una valida indicazione sulla bontà dell’investimento che si sta per compiere è la cosiddetta performance storica del fondo, elemento che aiuta a comprenderne l’andamento nel tempo: pur con la consueta premessa che i rendimenti passati non sono mai certa indicazione di quelli futuri, uno storico di lungo periodo può in effetti aiutare a farsi un’idea del “successo” del veicolo negli anni e della sua risposta a eventuali sollecitazioni dei mercati. Particolarmente interessanti in questo senso i rating espressi da agenzie esterne in termini di rendimenti, costi e di livelli di rischio: sottoposti a revisione periodica, offrono infatti agli investitori uno strumento di valutazione costantemente aggiornato.  

Attenzione! La fase di scelta e valutazione iniziale è importante ma, come avviene per gli altri strumenti finanziari, è fondamentale monitorare l’andamento del proprio investimento nel tempo. Tanto più che l’attività di monitoraggio di un fondo comune è semplificata dagli obblighi di trasparenza cui i fondi stessi (e le relative SGR) sono obbligati. Ecco, ad esempio, alcune delle informazioni facilmente a disposizione degli investitori:

- Valore quota: pubblicato sui quotidiani o reperibile su internet, fornisce giorno per giorno il valore della singola unità in cui è suddiviso il patrimonio del fondo; moltiplicandolo per il numero di quote sottoscritte si avrà il valore complessivo del proprio investimento. 

- Documenti contabili: ad esempio il rendiconto annuale e relazione semestrale che forniscono la situazione patrimoniale e reddituale del fondo. 

- Prospetto informativo: la seconda parte è dedicata al riepilogo dei dati aggiornati di rendimento del fondo e del benchmark e viene inviata al risparmiatore entro il mese di febbraio di ciascun anno. 

Proprio perché investono in diverse tipologie di attività sottostanti, i fondi comuni hanno quindi senza dubbio il pregio di aumentare la diversificazione di un portafoglio di investimento, con l’ulteriore plus di una gestione professionale cui fa comunque da contraltare una certa facilità nel monitoraggio dell’investimento, per il livello di diversificazione che è possibile trovare in un singolo strumento e per il ventaglio di profili di rischio-rendimento possibili. Questo, tuttavia, non significa che si tratti di strumenti privi di criticità, molte delle quali anzi a propria volta variabili a seconda della tipologia di fondo sottoscritta e dell’esposizione alla volatilità dei mercati dei diversi strumenti che lo compongono. Ecco perché, ancora una volta, il confronto con il proprio consulente finanziario è sempre delle strade migliore strada più adatta da seguire.

 

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