Previdenza complementare: investire i propri risparmi con un occhio di riguardo per la pensione

Anche l'adesione a una forma pensionistica integrativa, come un fondo pensione o un PIP, può essere considerata (nel rispetto della sua finalità prevalentemente previdenziale) una forma di investimento: quali elementi distintivi rispetto ad altre soluzioni finanziarie?

Iscriversi a una forma pensionistica complementare significa in buona sostanza costruirsi un salvadanaio nel quale far periodicamente confluire risparmi da dedicare alla propria vita dopo il pensionamento, con il principale obiettivo di avere a disposizione delle somme attraverso cui integrare la pensione mensile in arrivo dal welfare pubblico. Nell’ambito di un sistema a capitalizzazione individuale, i contributi versati dai singoli aderenti vengono dunque affidati a fondi a larga capitalizzazione che provvedono al loro investimento sui mercati finanziari – nel rispetto di precise regole e secondo profili di rischio/variabili anche sulla base delle esigenze dell’iscritto - così da produrre rendimenti che accrescano il capitale iniziale; una volta raggiunti i requisiti di pensionamento nel sistema pubblico e a patto di aver maturato almeno 5 anni di contribuzione nella previdenza complementare, i versamenti opportunamente rivalutati saranno dunque “restituiti” sotto forma di rendita oppure di capitale.

Dunque, ricapitolando, l’adesione a un fondo pensione o a un PIP consente di accumulare nel tempo delle somme che, al netto di eventuali riscatti, anticipi o trasferimenti nel corso della contribuzione, sono destinate a garantirsi una vecchiaia serena, anche dopo il pensionamento. Attraverso 2 modalità principali, da scegliersi a discrezione dell’aderente seppur all’interno di eccezioni e limiti previsti dalla legislazione di riferimento: 

- trasformare quanto accumulato in rendita (vitalizia, differita o persino associata a una copertura LTC in base a quanto previsto da fondo o Compagnia di riferimento), ricevendo di fatto mese dopo mese una pensione integrativa di quella pubblica; 

- ottenere fino a un massimo del 50% del capitale accumulato in un’unica soluzione e il restante in rendita.

Se la prestazione in capitale consente di fatto di disporre nell’immediato di una discreta somma per tamponare urgenze o imprevisti ma espone al rischio di non aver sufficienti coperture al protrarsi della vecchiaia, l’erogazione in rendita permette di distribuire nel tempo il capitale accumulato garantendo un’integrazione costante di quella pubblica. Due soluzioni caratterizzate dunque da vantaggi (e svantaggi) differenti, che si prestano a rispondere a esigenze altrettanto diverse. 

 

La previdenza integrativa come forma di investimento 

L’adesione a fondi pensione e PIP può essere dunque a tutti gli effetti una forma di risparmio di lungo periodo che, in virtù della sua finalità previdenziale, gode peraltro anche di benefici di natura fiscale, estensibili anche a familiari fiscalmente a carico, di cui non godono invece altre soluzioni di investimento. In particolare, nonostante l’Italia adotti diversamente da altri Paesi europei un modello ETT (Esente, Tassato, Tassato) l’adesione è associata a un sistema di tassazione piuttosto favorevole in tutte le sue fasi, vale a dire contribuzione, accumulo e prestazioni, e che tende in particolar modo a premiare soprattutto chi può vantare una lunga iscrizione. A seconda della modalità di adesione e della forma pensionistica scelta, i lavoratori subordinati hanno poi la possibilità di godere di un vantaggio ulteriore, vale a dire il versamento del contributo datoriale.  

Si tratta dunque di una strada indubbiamente efficiente per risparmiare sotto il versante della tassazione, anche se con qualche punto debole nella mobilizzazione del capitale: contrariamente a quanto vorrebbero alcuni falsi miti, i risparmi confluiti nel proprio fondo possono comunque essere prelevati prima del raggiungimento della pensione ma solo in presenza di alcune specifiche circostanze. In particolare, sarà possibile richiedere un'anticipazione, in qualsiasi momento e fino al 75% della posizione individuale maturata, per spese sanitarie gravi per sé stessi o per i propri familiari; decorsi 8 anni dall’iscrizione e fino al 75% della posizione maturata per acquisto o ristrutturazione prima casa per sé o per i figli; e, infine, sempre trascorsi 8 anni, per qualsiasi altra esigenza fino a un massimo del 30% di quanto sin lì accumulato.

Se per chi non ha ancora aderito può essere allora un buon momento per cominciare, per chi dispone di una forma pensionistica integrativa può essere comunque utile e di interesse iniziare a considerarla come uno strumento di investimento a tutti gli effetti e, in quanto tale, collocarla all’interno di una pianificazione finanziaria complessiva che la affianchi magari anche ad altre soluzione, in un’ottica di diversificazione del rischio e massimizzazione dei rendimenti. 

 

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