Cosa vuol dire investire in obbligazioni o titoli di Stato

Che cos'è un'obbligazione e quali sono le sue principali caratteristiche? Dal profilo di rischio ai possibili rendimenti, ecco alcune considerazioni utili a tutti i potenziali investitori

Tra gli strumenti finanziari più noti, solitamente anche agli investitori meno esperti, e quindi anche più ricorrenti nei portafogli dei risparmiatori italiani spiccano le obbligazioni. Ma di cosa si tratta esattamente? Per dirla in inglese, i bond – altra denominazione con cui le obbligazioni tendono a essere identificate - rappresentano un titolo di debito emesso da società o enti pubblici con il fine di raccogliere finanziamenti dai risparmiatori. In altre parole, un’obbligazione rappresenta un prestito concesso a una società (in tal caso si parlerà di corporate bond) o allo Stato (dunque titoli governativi come BTP, BOT, CCT detti anche sovereign bond), che contrae dunque un debito nei confronti dell’investitore. Dalla sua parte, l’emittente – pubblico o privato che sia – si impegna dunque a restituire le somme così ottenute entro una data precisamente prefissata e a fronte del pagamento di un tasso d’interesse nel corso dell’intera durata del “prestito” (la cedola)

Attenzione! Al pari di quanto accade per altri strumenti finanziari (ad esempio, le azioni) anche i titoli obbligazionari sono scambiati, acquistati e venduti sul mercato. In particolare, anche in quest’anno si distingueranno un mercato primario, nel quale vengono sottoscritte le obbligazioni di nuova emissione e per la prima volta offerti al pubblico, e un mercato secondariola Borsa, dove vengono acquistate o vendute obbligazioni già in circolazione, dando quindi all’investitore la possibilità di rientrare della somma investita anche prima della natura scadenza dell’obbligazione. 

 

Come funziona un’obbligazione: emittenti, scadenze e tassi di interesse 

Dunque, ricapitolando, al contrario di quanto avviene con l’acquisto di azioni, dove il risparmiatore diviene a tutti gli effetti socio della società, sottoscrivendo un’emissione obbligazionaria della società X il risparmiatore diviene “semplicemente” creditori nei suoi confronti. Il soggetto che beneficia dell’operazione di finanziamento e che, nel concreto, emette l’obbligazione cade appunto sotto il nome di emittente: indipendentemente dal fatto che sia una società privata (un’azienda, una banca, etc) oppure un ente pubblico (come uno Stato), l’emittente sarà tenuto a restituire il capitale alla scadenza del prestito e a corrispondere una serie di pagamenti al creditore durante il periodo di finanziamento. 

Attenzione! Anche se la dinamica è la stessa, a emittenti diversi tendono a corrispondere anche differenti livelli di rischio, intesi in questo caso specifico come il livello di probabilità che ha l’investitore di vedersi effettivamente corrisposti tanto gli interessi previsti al momento della sottoscrizione dell’obbligazione quanto il capitale inizialmente investito. Ad esempio, le obbligazioni governative sono solitamente ritenute piuttosto sicure, poiché a garantire il pagamento è uno Stato sovrano; al contrario, le obbligazioni societarie lo sono considerate meno, perché soggette al rischio che un’azienda privata non sia in grado di onorare il proprio prestito risultando insolvente nel pagamento degli interessi. Premesso che esistono società specializzate che valutano e attribuiscono ai diversi emittenti un vero e proprio giudizio di merito, le cosiddette agenzie di rating, l’affidabilità dell’emittente è uno degli elementi chiave dell’investimento in obbligazioni: più una società è affidabile, minore è il rischio che il risparmiatore non veda il proprio credito onorato. 

A ogni modo, caratteristica fondamentale dell’investimento obbligazionario risiede proprio nel fatto che il sottoscrittore ha diritto, a una determinata scadenza prefissata, alla restituzione del capitale prestato, cui si aggiungono una serie di altri pagamenti intermedi, corrisposti tramite cedole, volti a ricompensare il risparmiatore/investitore sia della temporanea rinuncia ai propri risparmi sia dei rischi che si è assunto (nell’eventualità, ad esempio, che l’emittente non riesca a restituire il denaro versato). Più precisamente, prende il nome di scadenza il termine entro il quale l’emittente obbligazionario è chiamato a restituire quanto ricevuto dal risparmiatore. Un titolo obbligazionario può essere dunque classificato come di breve, medio o lungo termine in base alla “lontananza” della sua scadenza; per completezza, va comunque ricordato che esistono anche obbligazioni definite perpetue proprio perché non soggette a una scadenza prefissata. Come già visto, alla restituzione del capitale a naturale scadenza si aggiunge però nel corso del tempo anche il pagamento, sotto forma di cedole, di un interesse: nel concreto, una remunerazione periodica emanata durante l’intera vita dell’obbligazione, che tende normalmente a essere una funzione della durata dell’obbligazione e dell’affidabilità dell’emittente. Semplificando, maggiore sarà la durata dell’obbligazione (più lontana è la scadenza più duraturo l’arco di tempo per cui ci si priverà del denaro) e minore sarà il merito creditizio dell’emittente (la probabilità di aver restituito il denaro prestato), maggiore sarà l’interesse che dovrà essere corrisposto dall’emittente. 

 

Quando e come si guadagna attraverso l’investimento obbligazionario? 

In estrema sintesi, chi sottoscrive un’obbligazione rinuncia ai propri risparmi per un certo periodo di tempo esponendosi al contempo alla possibilità di non vedersi restituito il denaro prestato: non a caso, la “ricompensa” riconosciuta ai sottoscrittori è un tasso di interesse, che cresce di pari passo con la durata dell’obbligazione e con i rischi assunti. 

C’è però un altro elemento da considerare: oltre che dal tasso di interesse, il rendimento di un’obbligazione dipende dal prezzo cui il titolo viene rimborsato, venduto o ceduto - anche prima della naturale scadenza -  rispetto a quello di acquisto. In altre parole, non bisogna cioè dimenticare che si tratta a tutti gli effetti di uno strumento scambiato e contrattato sui mercati finanziari (al pari, ad esempio, di un’azione), ragione per la quale anche per le obbligazioni occorre tenere conto del guadagno in conto capitale capital gain. Dove per capital gain s’intende il guadagno che si realizza nel caso in cui il titolo è acquistato a un prezzo minore di quello cui è rimborsato o venduto; nel caso opposto, si parla invece di perdita in conto capitale. 

Riassumendo, il rendimento obbligazionario sarà quindi la somma del guadagno in conto interessi e di quello in conto capitale,intese come frutto della differenza tra valore d’acquisto e di vendita dell’obbligazione. A tal riguardo, senza entrare tuttavia eccessivamente nel merito delle diverse tipologie, occorre considerare che non tutte le obbligazioni sono uguali! Giusto per fare un esempio, nel caso delle obbligazioni zero coupon bond non è neppure previsto il pagamento di cedole, con il rendimento del titolo obbligazionario a dipendere dunque esclusivamente dal prezzo di acquisto e vendita dell’obbligazione. 

Attenzione! Altra differenza che vale la pena di citare è quella tra obbligazioni ordinarie e strutturate. Le prime, più comuni, si distinguono poi in obbligazioni a tasso fisso, per le quali il sottoscrittore riceverà un interesse predeterminato, e obbligazioni a tasso variabile, il cui interesse sarà legato all’andamento di alcuni parametri di mercato. Le seconde, più complesse da gestire e quindi non adatte a tutti e in particolare ai risparmiatori “alle prime armi”, si basano invece sulla combinazione di 2 elementi, vale a dire: un’obbligazione ordinaria, che potrà dunque prevedere il pagamento o meno di cedole periodiche e che assicura la restituzione del valore nominale del titolo, e un contratto derivato che "associa" la remunerazione dell’investimento all’andamento di uno o più parametri reali o finanziari come indici di Borsa, titoli azionari, andamento delle materie prime, e così via. 

 

Vantaggi e rischi dell’investimento in obbligazioni

Senza estremizzare e con tutte le cautele del caso, le obbligazioni possono dunque essere considerate uno strumento finanziario piuttosto sicuro o, più correttamente, uno strumento con un profilo di rischio più contenuto di altri. Consentono infatti di accedere a guadagni regolari, gli interessi obbligazioni, il cui pagamento è d’altre parte da ritenersi prioritario rispetto a quello di eventuali dividendi azionari.

In particolare, un titolo obbligazionario è da considerarsi meno rischioso di uno azionario in quanto alla scadenza “garantisce” la restituzione del suo valore nominale. Inoltre, in caso di fallimento dell’emittente, gli obbligazionisti, al pari degli altri creditori, avranno diritto ad essere rimborsati in via prioritaria rispetto agli azionisti, a cui invece spetta una quota residuale, dei proventi realizzati dalla liquidazione degli asset della società. Un profilo di rischio contenuto non implica però una totale assenza di criticità, anzi! Non si possono ad esempio escludere insolvenze da parte dell’emittente o, ancora, che il valore di mercato dell’obbligazione diminuisca, determinando perdite in contato capitale. Senza poi trascurare – altro elemento essenziale da considerare nella definizione della propria asset allocation – l’impatto di commissioni di negoziazione e della tassazione (comunque agevolata nel caso dei titoli di Stato), che può comunque ridurre più o meno significativamente il rendimento obbligazionario. Da mettere poi in conto anche l’eventuale difficoltà di non riuscire a “liberarsi” rapidamente di un’obbligazione nel caso la si voglia vendere al mercato. 

Attenzione! Anche le obbligazioni, come gli altri strumenti finanziari, sono soggette a tassazione: l’aliquota applicata cambia però in relazione alla tipologia di obbligazione sottoscritta e in particolare all’emittente. Nel caso di bond societari, al pari di quanto avviene per le azioni, l’imposta da pagare su interessi e plusvalenze è del 26%; la tassazione delle rendite relative ai titoli di Stato come BTP, BOT, etc. è invece fissata al 12,5%. Ricadono in questa aliquota anche le obbligazioni dei titoli pubblici territoriali (come regioni, province e comuni) e i bond di Stato esteri e territoriali inseriti nella white list (contenenti gli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni) e quelli degli organismi internazionali (ad esempio BEI, BIRS o World Bank). Anche gli interessi corrisposti durante la vita dell’obbligazione (come, ad esempio, gli interessi semestrali dei BTP) sono assoggettati all’aliquota del 12,5% (come, ad esempio, gli interessi semestrali dei BTP).  

Insomma, per quanto siano considerate strumenti relativamente sicuri, anche le obbligazioni presentano rischi che ne condizionano i rendimenti. Per le obbligazioni il rischio complessivo può essere analizzato attraverso la somma di più rischi:

- Rischio di credito: definito anche rischio emittente, come anticipato, è legato alla possibilità che l’emittente (il debitore) possa non riuscire a far fronte, in tutto o in parte, al pagamento degli interessi e/o del capitale. È evidente come tale specifico rischio dipenda innanzitutto dalla solidità dell’emittente stesso: uno Stato è di solito più solido e affidabile rispetto a un’impresa privata, poiché la probabilità fallisca è inferiore. Anche obbligazioni emesse dallo stesso emittente possono però presentare livelli di rischio differenti, legati alle differenti tipologie di titoli: ad esempio, le obbligazioni subordinate tendono a essere più rischiose perché, in caso di difficoltà finanziarie dell’impresa emittente, il sottoscrittore vedrà corrisposti interessi e capitale solamente dopo che i creditori primari saranno soddisfatti. 

- Rischio di interesse: premessa indispensabile a farsi è che il legame tra prezzo e tasso di interesse di un’obbligazione è inversamente proporzionale, vale a dire che al crescere dell’uno l’altro diminuisce. Una relazione che ha un impatto inevitabilmente maggiore nel caso di obbligazioni a tasso fisso e a lunga scadenza poiché, al variare del tasso di interesse, non potendo modificarsi la cedola (fissa) per adeguare il loro rendimento al nuovo livello di tassi, dovrà variare il prezzo.

- Rischio di liquidità: si riferisce alla difficoltà di non riuscire a vendere rapidamente (o quando si decide di vendere) e senza subire perdite in termini di prezzo. In questo caso il rischio è più elevato per le obbligazioni non quotate poiché sono meno liquide (meno scambiabili) di quelle quotate. 

- Rischio di cambio: nel caso si acquisti un titolo obbligazionario denominato in valuta diversa da quella domestica si è soggetti alle variazioni del tasso di cambio tra le due valute (ad esempio, euro e dollari). 

Per concludere, le obbligazioni sono in effetti uno dei primi strumenti di investimento con cui è bene familiarizzare quando si decide di compiere il grande passo da risparmio a investimento. Ecco perché è fondamentale avere tutte le nozioni di base necessarie a decidere se sottoscriverle o meno e, in caso di esito positivo, capire quale è la soluzione più adatta ai propri obiettivi di risparmio/investimento, la bussola che dovrebbe sempre guidare le proprie scelte finanziarie.

 

I fondi obbligazionari: cosa sono e come funzionano?

Proprio come per le azioni, una possibilità offerta dal mercato per attenuare alcuni di questi rischi risiede nella possibilità di acquistare quote di fondi obbligazionari, scelta consigliata non solo in un’ottica di diversificazione ma anche per non incorrere nella difficoltà (elevata) di selezionare individualmente i singoli titoli da acquistare

Pur in generale accomunati dall’essere meno volatili ma anche potenzialmente meno redditizi di quelli azionari, i fondi obbligazionari non sono comunque tutti uguali tra loro e si suddividono in varie tipologie: giusto per citarne alcuni, vale la pena di ricordare la distinzione tra fondi con scadenze brevi e quelli con scadenze più lunghe, quella tra fondi globali relativi ad aree o Paesi specifici o, ancora, quella tra fondi composti da un mix di obbligazioni (sia governative sia societarie)  e fondi specializzati (ad esempio, gli high yield, letteralmente ad alto rendimento). 

Insomma, le obbligazioni sono a tutti gli effetti uno dei primi strumenti di investimento con cui è bene familiarizzare quando si decide di compiere il grande passo da risparmio a investimento, anche per i loro rischi contenuti (cui corrispondono però anche aspettative di rendimento proporzionate). Non bisogna però fare l’errore di sottovalutarle: ecco perché è fondamentale avere tutte le nozioni di base necessarie a decidere se sottoscriverle o meno e non trascurare l’importante consulenza che può arrivare da professionisti dal settore nella definizione della soluzione più adatta ai propri obiettivi di risparmio/investimento.

 

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