La liquidità, non solo "contante": un concetto da approfondire

Orizzonte temporale di brevissimo periodo e rischi ridotti: anche se azioni, obbligazioni e fondi comuni sono gli strumenti finanziari più conosciuti, un portafoglio ben diversificato non può trascurare anche la liquidità. Di cosa si tratta e perché è utile conoscerne le caratteristiche principali

Tra le diverse opzioni di investimento a disposizione del risparmiatore, si tende spesso a trascurare la liquidità. In maniera fin troppo semplicistica accostata alla sola idea del denaro contante, la liquidità offre infatti quote di risparmio facilmente mobilizzabili in caso di necessità, specie se immediata, ragione per la quale può essere una componente da non sottovalutare in un’ottica di diversificazione del proprio portafoglio di investimento. 

 

Conti di liquidità e fondi monetari: cosa vuol dire investire in liquidità? 

Se nel parlato comune è normalmente usata come sinonimo di contante, questa parola assume nel gergo finanziario un significato più ampio, per quanto sempre riconducibile all’accezione di fondo di “facile utilizzo”. 

Partiamo allora dal “generale” per poi calarci in ambito finanziario: il concetto di liquidità si riferisce all’attitudine di un bene mobile o immobile a essere convertito in moneta legale. Tanto più rapidamente ciò avviene e tanto più contenuti sono i costi, tanto più il bene può essere considerato liquido. Declinando il tutto sul caso specifico, sono quindi definiti liquidi gli investimenti che possono essere immediatamente convertiti in denaro contante senza che il risparmiatore subisca perdite in conto capitale. Tra le più diffuse forme di liquidità ci sono indubbiamente i conti di liquidità e i fondi monetari. 

Depositi detenuti presso banche e istituti di credito, i conti di liquidità sono considerati la forma di risparmio più sicura in assoluto: garantiscono l’immobilizzazione del capitale nel breve periodo, consentono di mantenere un accesso quasi immediato ai propri fondi e pagano interessi regolari garantiti (ma, attenzione, di importo variabile). D’altra parte, offrono sul lungo termine minori potenzialità di crescita rispetto ad altri strumenti: le risorse tenute sui conti sono sì sottratte all’andamento dei mercati finanziari ma al tempo stesso esposte al rischio di veder eroso il proprio potenziale valore. Il denaro depositato non viene cioè perso in senso stretto ma il suo valore in termini reali si riduce. 

Tutte caratteristiche che non fanno appunto della liquidità uno strumento particolarmente redditizio ma semmai da valutare per le sue funzioni di protezione e di mitigazione del rischio complessivo, sempre con l’adeguata consulenza di intermediari autorizzati. Tanto più se si tiene conto della possibilità di affiancare a eventuali conti di deposito anche fondi monetari che consentano, tra le altre cose, di beneficiare di tassi di interesse più elevati rispetto a quelli riservati ai “singoli risparmiatori”. 

 

Strumenti finanziari liquidi e illiquidi a confronto: il concetto di liquidabilità 

Spesso in finanza si tende a parlare di strumenti liquidi o illiquidi. Un’espressione che, come suggerisce la stessa scelta lessicale, ricorda molto da vicino quello di liquidità ma che, in verità, ha a che fare con un concetto diverso ma affine, quello di liquidabilità. Dove per liquidabilità s’intende la capacità di un investimento di essere convertito in moneta in tempi relativamente brevi e a condizioni favorevoli. 

Se ne deduce che il fattore tempo è una delle variabili che più incide, “aumentando” o “diminuendo” la liquidità di uno strumento finanziario. Altro elemento che impatta sul livello di liquidità di uno strumento è poi il fatto che sia quotato o meno. Un esempio per spiegare meglio: l’azione di una grande società quotata, e quindi liberamente e facilmente scambiabile in Borsa, sarà uno strumento molto liquido proprio perché non sarà molto difficile venderla trovando qualcuno che sia disposto ad acquistarla, senza che il prezzo debba scendere troppo. Va allora da sé che maggiore è l’ampiezza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto dello strumento finanziario, minore è la sua liquidità: l’ampiezza di questa differenza riduce infatti la possibilità e la velocità di conversione in moneta. 

Con un’ulteriore semplificazione, ne consegue che in generale più uno strumento finanziario risulta liquido (in base alle caratteristiche fin qui descritte), tanto minore sarà il livello di rischio che lo contraddistingue. I cosiddetti strumenti “illiquidi” presentano infatti solitamente orizzonti di lungo periodo e appunto di non pronta liquidabilità se non a prezzi più bassi, con il rischio di generare perdite per il venditore. Vien da sé allora che se un deposito bancario è appunto un ottimo esempio di investimento liquido, quello in immobili è al contrario un esempio emblematico di investimento a bassa liquidità: gli immobili sono di solito difficili da vendere nell’immediato, se non a patto di scendere molto con il prezzo, e si prestano infatti tipicamente a orizzonti temporali di lungo corso. Ecco perché bilanciare al meglio, e sempre in modo coerente con il proprio profilo e i propri obiettivi, componenti liquide e illiquide è di solito la scelta vincente per una buona pianificazione finanziaria. 

 

Quando uno strumento finanziario viene considerato liquido? 

Ricapitolando, uno strumento finanziario è tanto più liquido quanto minori sono i costi di transazione, la perdita di capitale che la conversione può comportare e i tempi necessari per la conversione stessa. Queste, in sintesi, le variabili in gioco:  

- il “tempo”, inteso come la vita residua dello strumento finanziario. Ad esempio, i titoli obbligazionari sono tanto più liquidi quanto più vicina è la loro scadenza

- l’affidabilità dell’emittente, tanto che maggiore è la credibilità che il mercato riconosce alla società stessa, tanto più facile sarà trovare qualcuno disposto a comprare il titolo azionario che si sta cercando di vendere (senza “abbassare” eccessivamente il prezzo)

- la negoziabilità, fattore collegato al punto precedente, che sarà maggiore laddove lo strumento è quotato e quindi facilmente trasferibile e scambiabile sul mercato secondario.

Attenzione! Se è quindi vero che ogni strumento finanziario può essere valutato sulla base della sua (il)liquidità, lo è altrettanto che la liquidità è una componente presente in ogni portafoglio finanziario. Per le sue caratteristiche, non può dirsi la parte dell’investimento che aggiunge rendimento atteso all’investimento complessivo. Tuttavia, proprio per il basso livello di rischio che presenta, tende a essere presente anche nei portafogli dei più esperti, anche in misura variabile rispetto al rischio complessivo che l’investitore vuole assumersi nel corso delle diverse fasi di mercato. Vien da sé, infatti, che nei momenti di turbolenza o nel corso di tendenze ribassiste che persistono nel tempo, la quota in portafoglio riservata alla liquidità tenderà ad aumentare a scapito di quella più rischiosa, proprio per diminuire l’esposizione al rischio complessivo e limitare le perdite potenziali.

La liquidità può insomma impattare notevolmente sul processo di risparmio e investimento. Cominciare a prendere dimestichezza con questo concetto e con le peculiarità degli strumenti più “liquidi” è quindi parte essenziale del processo di acquisizione di consapevolezza del risparmiatore attento, anche quando (auspicabilmente) assistito da un buon consulente nella scelta dello strumento investibile più adatto alle proprie esigenze. 

 

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