Pensione anticipata e di anzianità: quali requisiti per lasciare il mondo del lavoro nel 2024?

Pensione anticipata e di anzianità: quali requisiti (contributivi o anagrafici) per lasciare il mondo del lavoro - in anticipo rispetto all'età pensionabile - nel 2024?

Premessa indispensabile a farsi è che la pensione di anzianità, così come intesa in passato (35 anni di contributi e requisito anagrafico in ultimo pari a 62 anni o 40 anni di contributi), non esiste più. Pensata in origine per permettere al lavoratore che avesse raggiunto una determinata anzianità contributiva di andare in pensione a prescindere dall’età, è stata infatti dapprima modificata nel 2004 mediante l’introduzione di requisiti aggiuntivi rispetto a quello contributivo e quindi del tutto “pensionata” dalla riforma Monti-Fornero che l’ha nella pratica sostituita con la pensione anticipata, che consente comunque al lavoratore di andare in quiescenza prima della soglia anagrafica prevista dalla pensione di vecchiaia, a fronte di un certo numero di contributi. 

Mediante appositi provvedimenti legislativi sono stati comunque “salvaguardati” alcuni assicurati che, ritenuti nella posizione di dover comunque essere tutelati dal sistema previdenziale, hanno potuto in via eccezionale conservare l’accesso alla pensione con le regole ante Fornero. 

 

La pensione anticipata: i requisiti nel 2024 

Introdotta dalla riforma Monti-Fornero, si può – semplificando – definire come quella prestazione previdenziale cui è possibile accedere non raggiungendo una certa età, bensì perfezionando un requisito di natura contributiva. Questo significa che diventa appunto possibile andare in pensione prima dei 67 anni richiesti dalla pensione di vecchiaia (da qui, il nome di “anticipata”), a condizione di aver maturato un preciso requisito contributivo

In particolare, dall’1 gennaio 2019, e così anche per il 2024, spetta:

  • ai lavoratori uomini (dipendenti o autonomi) con almeno 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva, a prescindere dall’età anagrafica; 
     
  • alle lavoratrici donne, con almeno 41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva, a prescindere dall’età anagrafica. 

A differenza di quanto non accada con la pensione di vecchiaia, persiste dunque in questo caso una (leggera) differenza nei requisiti tra i due sessi. 

Attenzione! Così come originariamente previsto dalla riforma Monti-Fornero, anche il requisito contributivo necessario a ottenere la pensiona anticipata avrebbe dovuto essere periodicamente adeguato all’aspettativa di vita. A seguito dalle novità nel sistema pensionistico introdotte dalla Legge di Bilancio per il 2019 e dalle successive disposizioni attuative, gli adeguamenti sono tuttavia stati sospesi fino al 31 dicembre 2026 quando, salvo nuovi interventi normativi, il requisito contributivo potrebbe invece tornare a crescere. 

Un beneficio cui fa da parziale contraltare, per quanto riguarda l’effettiva ricezione dell’assegno pensionistico, la (re)introduzione del cosiddetto meccanismo delle finestre mobili. A differenza di quanto non accada per la prestazione pensionistica di vecchiaia, infatti, la pensione anticipata non decorre dal mese successivo al perfezionamento del requisito contributivo richiesto ma solo dopo un determinato periodo di tempo (la “finestra”) fissata per legge. In particolare, a partire dal 2019, è stata reintrodotta per la pensione anticipata una “finestra” trimestrale: tradotto in pratica, questo vuole dire che si viene a creare un gap di 3 mesi tra la richiesta di pensionamento, debitamente accolta in presenza di tutti i requisiti del caso, e l’effettiva erogazione del primo assegno pensionistico. Nel frattempo, è comunque concesso al pensionando di continuare a lavorare e versare contributi utili all’importo della pensione fino all’esaurimento della finestra: in questo modo, potrà accedere direttamente alla prestazione una volta cessato il rapporto di lavoro dipendente (requisito quest’ultimo necessario per l’accesso alla pensione stessa). 

Anche nel caso della pensione anticipata, e dei relativi requisiti, sono a ogni modo previste delle “agevolazioni” per categorie particolari di lavoratori: è il caso dei cosiddetti precoci, vale a dire quanti possono vantare almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo (compresi quelli riscattati per omissioni contributive) prima del compimento del 19esimo anno di età, per i quali il diritto alla pensione anticipata matura con 41 anni di contributi, nel caso in cui:

a) siano in stato di disoccupazione involontaria (a seguito di licenziamento) e abbiano concluso da almeno 3 mesi l’eventuale indennità di disoccupazione;

b) assistano da almeno 6 mesi in qualità di caregiver il coniuge o un parente di primo grado con handicap e in condizioni di gravità (oppure parente o affine di secondo grado convivente se i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità hanno compiuto 70 anni o sono anch'essi affetti da patologie invalidanti);

c) presentino un’accertata riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74%;

d) abbiano svolto attività usuranti (così come individuate dalla legge) per un periodo di tempo pari ad almeno 6 degli ultimi 7 anni di attività lavorativa, 7 degli ultimi 10, oppure la metà della vita lavorativa complessiva.

Attenzione! Anche addetti ai lavoratori usuranti e al lavoro notturno – da non confondersi però con quanti impegnati in mansioni gravose – possono contare su agevolazioni nell’accesso alla pensione, beneficiando di una particolare normativa. Nel dettaglio, al soddisfacimento di un requisito anagrafico e contributivo minimo, quanti abbiano svolto l’attività riconosciuta come “particolarmente faticosa e pesante”, possono andare in pensione con requisiti più vantaggiosi rispetto a quelli previsti da pensioni anticipata e di vecchiaia: a condizione però che soddisfino una determinata “quota”, stabilita dalla legge e di fatto data dalla somma di età anagrafica e anzianità contributiva. Per le quote di riferimento, si rimanda alla scheda dedicata.

 

La pensione anticipata contributiva: chi riguarda e come? 

Un’ulteriore particolarità riguarda poi ancora una volta i cosiddetti “contributivi puri”, vale a dire quei lavoratori il cui primo versamento contributivo sia successivo alla riforma Dini e decorra dunque dall’1 gennaio 1996,  per i quali una possibile soluzione alternativa è rappresentata dalla pensione anticipata contributiva. Oltre a poter ottenere la pensione al perfezionamento dell’anzianità contributiva dei 42 anni (41 per le donne) e 10 mesi richiesti, i lavoratori che hanno aperto la propria posizione contributiva dopo il 31 dicembre 1995 hanno cioè la possibilità di ottenere il trattamento anticipato al compimento dei 64 anni di età, requisito quest’ultimo sempre soggetto ad adeguamento alla speranza di vita. 

Premesso che il trattamento decorre in questo caso senza che sia prevista alcuna finestra, 2 le ulteriori condizioni che è tuttavia necessario soddisfare:

a) almeno 20 anni di contributi effettivi accreditati (ai fini del computo si considerano cioè come validi i soli contributi obbligatori, volontari o da riscatto, mentre vengono ad esempio “scartati” i contributi accreditati figurativamente per disoccupazione, malattia e/o prestazioni equivalenti);

b) aver maturato un assegno pensionistico di importo mensile pari o superiore a 2,8 volte quello dell’assegno sociale (a titolo esemplificativo, 503,27 x 2,8 = 1.409,156 per il 2023) fino al 31 dicembre 2023, successivamente elevato a 3 volte dalla Legge di Bilancio per il 2024, con riduzioni per le lavoratrici madri (in particolare, 2,8 volte nel caso di un figlio; 2,6 nell’eventualità di più figli). 

Attenzione! Lì dove la legge Monte-Fornero prevedeva che il trattamento decorresse senza finestre, e dunque a partire dal mese successivo a quello di richiesta (in presenza dei requisiti fissati a norma di legge), la legge 212/2023 approvata il 30 dicembre 2023 introduce una finestra pensionistica pari a 3 mesi. Viene inoltre stabilito che l’assegno così ottenuto non possa eccedere le 5 volte il trattamento minimo INPS, circa 2.840 euro lordi al mese, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, ossia l’età utile al conseguimento della pensione di vecchiaia, al momento pari a 67 anni; altro limite non originariamente previsto dalla riforma Fornero. 

 

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