Come funziona e quando spetta l'assegno ordinario di invalidità?

Di cosa si tratta, a chi si rivolge e quali sono le principali differenze con invalidità civile e pensione di inabilità? La nostra scheda di approfondimento dedicata all'assegno ordinario di invalidità

L’assegno ordinario di invalidità è una prestazione economica, erogata dall’INPS su domanda*, ai lavoratori la cui capacità lavorativa risulti ridotta a meno di un terzo a causa di un’accertata infermità di natura fisica o mentale. 

Così come per la pensione di inabilità da cui differisce innanzitutto per il prerequisito sanitario richiesto (la pensione di inabilità implica infatti una condizione di invalidità totale), il riferimento è qui alla prestazione di natura previdenziale disciplinata dalla legge 222/1984. L’assegno ordinario di invalidità trattato in questa sede non va cioè confuso con l’assegno di invalidità civile, prestazione di natura assistenziale, che in quanto tale, non trova tra i suoi prerequisiti il numero di contributi maturati, bensì criteri legati al reddito (oltre che alla condizione sanitaria) del richiedente. 

 

A chi spetta l'assegno ordinario di invalidità?

Hanno diritto all’assegno di invalidità INPS i lavoratori dipendenti, gli autonomi (tra cui, artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri), nonché gli iscritti ad alcuni fondi pensione sostitutivi ed integrativi dell’assicurazione generale obbligatoria. La facoltà di domanda si estende inoltre ai parasubordinati, mentre non riguarda i dipendenti del settore pubblico, per i quali si considerano valide le discipline speciali previste dalla normativa attuale.

Affinché il trattamento possa essere erogato, si rende necessario il soddisfacimento di due prerequisiti fondamentali:

a) riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo a causa di infermità o difetto fisico o mentale;

b) un minimo di 260 contributi settimanali - pari a 5 anni di contribuzione e assicurazione - di cui almeno 156 settimane (3 anni) nel quinquennio antecedente la presentazione della domanda. 

A differenza di quanto non accada per la pensione di inabilità, non è necessaria, ai fini della richiesta per l’assegno ordinario di invalidità, la cessazione dell’attività lavorativa. In altri termini, l’erogazione dell’assegno è considerata compatibile con lo svolgimento di attività professionali. 

Entrambi i prerequisiti meritano tuttavia di essere approfonditi. Innanzitutto, come evidenziato dalle sentenze 17812/2003 e 7770/2006 della Cassazione, non è possibile ricorrere alle tabelle di valutazione dell’invalidità civile per stabilire se il richiedente possa avvalersi o meno dell’assegno ordinario di invalidità: mentre tali tabelle si basano sull’eventuale diminuzione della capacità di lavoro generica, l’assegno ordinario di invalidità misura una diminuzione delle capacità di lavoro confacenti alle attitudini specifiche del richiedente. Per chiarire il concetto, basterà pensare alla stessa lesione a carico degli arti inferiori, che potrebbe compromettere in maniera significativamente diversa la capacità lavorativa di due persone con percorsi professionali in ambiti completamente differenti tra loro (ad esempio, un grafico pubblicitario e un magazziniere). 

Per quel che riguarda il requisito contributivo, va invece precisato che si devono escludere dal conteggio, in quanto considerati neutri ai fini del calcolo per gli aventi diritto, i seguenti periodi:

a) assenza per astensione facoltativa dopo il parto (congedo parentale);

b) lavoro subordinato all'estero al di fuori di Paesi con cui l’Italia abbia ratificato appositi accordi o convenzioni previdenziali;

c) servizio militare oltre al servizio di leva;

d) malattia superiore all’anno;

e) periodi di iscrizione a forme obbligatorie diverse da quelle sostitutive dell'assicurazione IVS, per i quali sia stabilito altro trattamento obbligatorio di previdenza nel caso in cui non diano diritto alla corresponsione della pensione. 

 

Come presentare domanda per l’assegno ordinario di invalidità?

La domanda può essere inoltrata all’INPS esclusivamente in via telematica, attraverso uno dei seguenti canali:

1) via web, sul portale dell’Istituto della Previdenza Sociale www.inps.it, avvalendosi dei servizi accessibili direttamente al cittadino;

2) via telefono, contattando il contact center integrato INPS al numero 803164 gratuito da rete fissa o, in alternativa, ricorrendo da rete mobile al numero 06164164. In questo caso, i costi del servizio variano a seconda del piano tariffario concordato con il proprio gestore di telefonia mobile;

3) patronati o altri enti intermediario dell’Istituto, usufruendo dei servizi telematici offerti dagli stessi.

La domanda presuppone anche la presentazione della certificazione medica (mod. SS3) utile ad attestare la condizione di invalidità. A questo proposito, si precisa che la richiesta può essere inoltrata anche per casi in cui l’infermità fisica e/o mentale preesista l’instaurarsi del rapporto assicurativo: in questo caso, tuttavia, sarà necessario dimostrare che, dopo l’instaurazione del rapporto di lavoro, la situazione è andata incontro a peggioramento e/o sono sopraggiunte nuove infermità invalidanti ai fini dello svolgimento dell’attività professionale. 

 

Qual è la decorrenza dell’assegno ordinario di invalidità? 

Laddove venga accertata la sussistenza di tutti i prerequisiti, l’assegno ordinario di invalidità ricorre dal mese successivo a quello di presentazione della domanda e sarà in particolare pagato, secondo le disposizioni vigenti, in occasione del primo giorno bancabile del mese. La sua durata è triennale: al termine dei 3 anni, è tuttavia possibile rinnovare la propria richiesta, formulando una nuova domanda entro la data di scadenza

Dopo 3 riconoscimenti consecutivi, viene invece confermato automaticamente: resta comunque concessa all’INPS la facoltà di revisione. In qualsiasi momento, tanto nel corso dei trienni soggetti a rinnovo tanto quanto in seguito a conferma definitiva, l’ente può cioè disporre dei controlli medico-legali per verificare che continuino a sussistere le condizioni vincolanti all’erogazione della prestazione economica. Al compimento dell’età pensionabile, e in presenza di tutti i requisiti, l'assegno ordinario di invalidità è trasformato d’ufficio in pensione di vecchiaia

Attenzione! Sia nel corso dei primi 3 riconoscimenti sia dopo l’eventuale conferma definitiva dell’assegno, l’INPS può dunque in qualsiasi momento decidere di sottoporre il titolare dell’assegno ordinario di invalidità ad accertamenti medico-legali. La revisione, invece, deve essere necessariamente disposta nell'ipotesi in cui risulti che nell'anno precedente il titolare della prestazione abbia percepito un reddito da lavoro dipendente, autonomo o di impresa superiore – al netto dei soli contributi previdenziali - a 3 volte il trattamento minimo INPS (vale a dire, per il 2024, circa 1.796 euro al mese), computo dal quale  viene escluso il trattamento di fine rapporto.

 

Come viene stabilito l’importo dell’assegno ordinario di invalidità?

L’importo è correlato ai contributi effettivamente versati dai lavoratori.  Vale infatti lo stesso sistema di calcolo della pensione e, quindi, si ricorre al sistema  misto per quanti abbiano avviato la propria attività lavorativa prima del 1996; il calcolo è invece interamente affidato al metodo contributivo per gli iscritti dopo l’entrata in vigore della Riforma Dini.  Anche per l’assegno ordinario di invalidità, si considera valida l’integrazione al minimo INPS, qualora l’importo dell’assegno così calcolato risulti inferiore al trattamento minimo della gestione stessa e sussistano tutte le condizioni di reddito stabilite per legge. 

Anche per l’assegno ordinario di invalidità, si considera valida (con l’ovvia eccezione degli assegni esclusivamente liquidati con il sistema di calcolo contributivo) l’integrazione al minimo INPS, qualora l’importo dell’assegno così calcolato risulti inferiore al trattamento minimo della gestione stessa e sussistano tutte le condizioni di reddito stabilite per legge. Nel dettaglio, l’assegno può quindi essere sì integrato ma con regole diverse rispetto a quelle previste per le altre pensioni: l’integrazione massima ottenibile è pari all’importo dell’assegno sociale (per l'anno in corso pari a circa 534 euro mensili).

L'integrazione non spetta in ogni caso: a) ai soggetti che posseggono redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un importo superiore a 2 volte l'ammontare annuo della pensione sociale (dal computo dei redditi di escludono quelli derivanti dalla casa di abitazione); b) ai soggetti coniugati e non separati legalmente, l'integrazione non spetta qualora il reddito (escluso quello derivante dalla casa di abitazione), accumulato con quello del coniuge, sia superiore a 3 volte l'importo della pensione sociale.

Ai fini del calcolo dell’importo dell’assegno ordinario di invalidità, occorre poi considerare se il beneficiario continui o meno a esercitare anche un’attività lavorativa. In questo caso, infatti, il lavoratore può continuare a godere anche della prestazione previdenziale, ma con possibili riduzioni dell’importo nei seguenti casi: a) se il reddito conseguito supera di 4 volte il trattamento minimo INPS vigente, l’assegno ordinario di invalidità è decurtato del 25% rispetto alla prestazione base; b) se il reddito conseguito supera di 5 volte il trattamento minimo INPS, il trattamento dell’assegno è ridotto del 50% rispetto alla prestazione base. 

In aggiunta a queste riduzioni, operano poi quelle relative al cumulo, previste per i pensionati che svolgono attività lavorativa. In particolare, nel caso in cui l’importo dell’assegno ordinario di invalidità sia comunque superiore al trattamento minimo INPS, il rateo – vale a dire la “porzione” – di assegno eccedente il TM può subire un’ulteriore decurtazione. La trattenuta sarà: a) pari al 50% della quota eccedente il TM nel caso di reddito da lavoro subordinato. In questo caso, viene effettuata direttamente sulla retribuzione a cura del datore (che provvederà poi al versamento all’ente previdenziale) o, in alternativa, sugli arretrati di pensione in caso di liquidazione tardiva; b) pari al 30% della quota eccedente il TM nel caso di redditi provenienti da lavoro autonomo. In questo caso, è effettuata direttamente dall’ente previdenziale previa comunicazione dei redditi annui percepiti. Questa seconda riduzione non può comunque superare l’entità del reddito da lavoro dipendente né essere superiore al 30% del reddito prodotto per il lavoro autonomo. In ogni caso, poi, il taglio non scatta se il reddito conseguito è inferiore al trattamento minimo INPS, se il lavoratore è impiegato con contratti a termine di durata non superiore ai 50 giorni nell’arco dell’anno solare o nel caso in cui il reddito derivi da attività socialmente utili svolte dagli anziani nell’ambito di appositi progetti di reinserimento.

Attenzione! Il divieto di cumulo previsto per i pensionati che lavorano non si applica nel caso in cui l'assegno di invalidità risulta liquidato sulla base di almeno 40 anni di contribuzione. A prescindere dalla durata del periodo di contribuzione, in caso di trasformazione dell’assegno in pensione di vecchiaia, quest’ultima diventa in ogni caso cumulabile con i redditi da lavoro. 

Si precisa infine che, a differenza della pensione di inabilità, l’assegno ordinario di invalidità non è reversibile ai superstiti che, in caso di decesso del lavoratore avente diritto, possono comunque accedere alla pensione indiretta. La prestazione è inoltre incompatibile con eventuali indennità di disoccupazione: è in ogni caso concessa al beneficiario la facoltà di stabilire se optare per l’assegno ordinario di invalidità o il sussidio di disoccupazione. 

 



*Per i professionisti iscritti a un Albo professionale si fa riferimento alle disposizioni della Cassa di appartenenza. Maggiori informazioni sono disponibili, per ciascuna professione, nella sezione dedicata a "I protagonisti della previdenza obbligatoria". 

 

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