"Fondi doc" e "non doc": ambiti di copertura e prestazioni della sanità integrativa

Dalle prestazioni del SSN a quelle della sanità privata: facciamo chiarezza sulla distinzione tra "fondi doc" e "fondi non doc" e sui possibili ambiti di copertura garantiti in caso di adesione all'assistenza sanitaria integrativa

Semplificando, aderire alla sanità integrativa significa scegliere di tutelare ulteriormente la propria salute integrando le prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale, da un lato, e coprendo parzialmente o totalmente le spese sostenute (anticipatamente o sotto forma di rimborso), dall'altro. Al tempo stesso, attraverso forme di sanità complementare, è spesso possibile godere di alcune prestazioni, tra cui visite specialistiche o odontoiatriche, senza dover necessariamente passare attraverso iter e procedure dal SSN, il che implica di solito tempi ridotti rispetto alle liste d’attesa previste dal servizio pubblico. 

In altri termini, l'iscrizione a fondi sanitari, società di muto soccorso o polizze offerte da Compagnie di Assicurazione consente all'aderente di usufruire di agevolazioni sia economiche sia riguardanti l'accesso agevolato a specifiche prestazioni medico-sanitarie negli ambiti sia della prevenzione sia della cura di patologie o disturbi. In tutte le sue possibili forme, la sanità integrativa (ad adesione individuale o collettiva) si pone l’obiettivo di offrire servizi, attività e prestazioni socio-sanitarie che vanno a rafforzare e completare quelle offerte dal SSN. Più precisamente, le diverse forme di assistenza sanitaria integrativa, a seconda della categoria di appartenenza della forma scelta dall’iscritto, possono offrire prestazioni: 

  • integrative o complementari; 
     
  • aggiuntive o supplementari;
     
  • sostitutive o duplicative di quelle garantite dal sistema pubblico (e in particolar modo dai LEA).  
     

Una distinzione nient’affatto banale, dalla quale dipendono infatti anche gli ambiti di copertura della soluzione prescelta. 

 

La distinzione tra “fondi doc” e “non doc”

In particolare, la gran parte dei fondi sanitari di origine contrattuale, le società di mutuo soccorso e delle polizze ad adesione collettiva o individuale offre prestazioni integrative, aggiuntive e persino sostitutive di quelle del SSN: tutte queste forme rientrano tra i cosiddetti fondi non doc (o fondi sostitutivi) - definiti dall’art. 51, comma 2 lettera a) del TUIR – vale a dire enti,  Casse o società di mutuo soccorso avente esclusivamente fini assistenziali i cui ambiti di copertura possono sovrapporsi a tutti gli effetti a quelli del Servizio Sanitario Nazionale. Nello specifico, le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie offerte dipenderanno poi da quanto stabilito nello statutopur sempre nel rispetto delle soglie e dei vincoli eventualmente fissati dalla legge. 

Diverso invece il caso dei cosiddetti fondi doc (o fondi puramente integrativi) – categoria istituita con l’art.9 dlgs. 502/1992 e nella quale rientra al momento un numero relativamente esiguo di fondi – i quali erogano di fatto solo prestazioni integrative del SSN e, in particolare:

  • prestazioni integrative e sostitutive a quelle offerte dal SSN, comprese quelle di medicina non convenzionale (visite specialistiche e diagnostiche, riabilitazione, ecc); 
     
  • prestazioni socio-sanitarie erogate in forma domiciliari o presso strutture residenziali o semiresidenziali, purché accreditate; 
     
  • prestazioni finalizzate al recupero del pieno stato di salute in caso di malattia o infortunio (per la parte non garantita dal SSN in base alla legislazione vigente) e altre prestazioni socio-sanitarie non comprese nei LEA; 
     
  • prestazioni di assistenza odontoiatrica non comprese nei LEA e finalizzate alla prevenzione, cura e riabilitazione di patologie odontoiatriche. 

In altre parole, i “fondi doc” possono erogare nell’ambito della sanità integrativa esclusivamente prestazioni che non coincidono con quelle effettuate dal SSN, rispetto al quale svolgono pertanto un ruolo aggiuntivo ma non sostitutivo. Per i “fondi doc” vale inoltre il divieto di adottare politiche di selezione dei rischi: devono cioè consentire l’accesso alle prestazioni sanitarie a chiunque, a prescindere dall’età, dall'eventuale stato di salute e dall’appartenenza a una specifica categoria (territoriale, professionale, etc). 

Attenzione!  Al di là di questi comuni denominatori, esattamente come già accaduto per i fondi non doc, molteplici sono le fonti che possono istituire queste forme di assistenza sanitaria integrativa: la contrattazione collettiva, eventuali deliberazioni di associazioni che operano nell’ambito dell’assistenza socio-sanitaria, regolamenti di regioni o di altri enti locali, atti (non meglio specificati dalla normativa vigente) assunti da soggetti pubblici e privati che accettino esplicitamente l'obbligo di non selezione dei rischi sanitari.

La distinzione tra “fondi doc” e “non doc” è infine molto importante anche in relazione alle agevolazioni fiscali previste dalla legge. Per poter usufruire dei benefici fiscali previsti per i “fondi doc”, il “fondo non doc” deve destinare almeno il 20% dell’ammontare totale delle attività destinate a favore degli iscritti nell’area dell’odontoiatria e/o della non autosufficienza (LTC) e/o dell’inabilità temporanea. 

 

I numeri dell’assistenza sanitaria integrativa: “fondi doc” e “fondi non doc” a confronto

Come risulta dagli ultimi dati pubblicati dall’Anagrafe dei fondi sanitari tenuta presso il Ministero della Salute, nel 2020 si contano 318 fondi, di cui 306 "non doc" e 9 "doc". È bene tuttavia precisare che l’iscrizione è annuale e volontaria e l’Anagrafe si limita ad attestare l’esistenza dei fondi, senza svolgere attività di controllo e vigilanza. Pertanto, questi numeri vanno considerati rappresentativi, ma non esaustivi, della sanità integrativa italiana. 

A oggi, dunque, il 96% dei fondi sanitari iscritti all’Anagrafe è costituito da enti, Casse e società di mutuo soccorso "aventi finalità esclusivamente assistenziale" (i cosiddetti fondi "non doc" che, nell’Anagrafe, vengono identificati come tipologia "B") che possono erogare anche prestazioni sanitarie comprese nei LEA, quindi complementari e sostitutive al SSN. Premesso che per ricevere l’iscrizione all’Anagrafe ed essere ammessi ai benefici fiscali, tali fondi sono tenuti a dedicare almeno il 20% delle risorse per prestazioni, la cosiddetta "soglia delle risorse vincolate", a precisi ambiti di intervento, quali assistenza odontoiatrica, non autosufficienza e recupero di soggetti che si trovano temporaneamente inabili al lavoro a causa di infortunio o malattia, tali enti hanno spesso un’origine di tipo contrattuale. Sono dunque rivolti ai lavoratori dipendenti di uno o più comparti e, in alcuni casi, l’adesione avviene automaticamente con la stipula del contatto di lavoro durante l’assunzione. Solo il restante 4% del totale dei fondi attestati è rappresentato da "fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale", istituiti ai sensi dell’art. 9 del D.lgs. 502/92 e successive modificazioni, che erogano esclusivamente prestazioni extra LEA e sono quindi solo integrativi del SSN (i cosiddetti “fondi doc" che, nell’Anagrafe, vengono identificati come fondi di tipologia “A”). Come anticipato, questi fondi non prevedono forme di selezione dei rischi e sono rivolti a tutti i cittadini e non a singole categorie.

Dal punto di vista delle adesioni, poi, l’intero sistema dei fondi integrativi conta nel 2019 (anno fiscale di riferimento per i fondi attestati nel 2020) 14,715 milioni di iscritti, ma solo 38mila aderiscono a quelli di tipo A (lo 0,26% del totale). Le risorse destinate all’erogazione delle prestazioni sono state pari a 2,826 miliardi di euro per i fondi di tipo B e 2,688 milioni per i fondi di tipo A. Un altro dato estremamente significativo è che, per i fondi di tipo B, le risorse destinate all’erogazione delle prestazioni incluse nei LEA costituiscono il 67% delle risorse totali (1,9 miliardi di euro), contro il 33% di spesa per prestazioni extra LEA (925 milioni di euro). Dall’analisi delle prestazioni extra LEA, risulta inoltre una netta asimmetria tra quelle odontoiatriche e le prestazioni socio-sanitarie dedicate alla non autosufficienza e quelle finalizzate al recupero della salute in entrambe le tipologie di fondi: in particolare, per i “non doc” le prime rappresentano il 68,5% del totale erogate al di fuori dei livelli essenziali di assistenza (633 milioni di euro), le seconde il 16,6% e le ultime solo il 14,9%.