L'ABC della previdenza: i coltivatori diretti

I contributi obbligatori, i trattamenti pensionistici e le novità 2024: come funziona la previdenza di base di coltivatori diretti, coloni e mezzadri


I CONTRIBUTI OBBLIGATORI (quanto costa la pensione)

Il sistema pensionistico dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri, il cui ente di riferimento è l’INPS, è finanziato attraverso un prelievo contributivo rapportato al reddito agrario.

Il calcolo dei contributi pensionistici si effettua applicando una determinata percentuale sul reddito agrario convenzionale stabilito annualmente (per il 2023 pari a 61,98 euro, come stabilito da Decreto Direttoriale del Direttore Generale per le Politiche previdenziali e assicurativi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 21 giugno 2023) e articolato in quattro fasce distinte dal numero di giornate/lavoro attribuibile a ogni singola unità attiva.

  Contribuzione coltivatori diretti 2024

 

Aliquota contributiva

Nel 2023 l’aliquota da applicare al reddito è pari al 24%. L’esatto ammontare del contributo dovuto si determina applicando la prevista aliquota percentuale ad ogni fascia di reddito convenzionale,  maggiorando il risultato di 0,69 euro a titolo di contributo IVS addizionale  fisso giornaliero nel limite massimo di 156 giornate annue (art. 17 della legge n. 160/1975), di 768,50 euro (532,18 per le aziende situate nei territori montani o in zone svantaggiate) quale quota dovuta per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (destinata all’INAIL, ma riscossa dall’INPS) e 7,49 euro per contributo in cifra fissa pro-capite per l’assicurazione obbligatoria gravidanza/puerperio. 

La legge (comma 15 dell’art. 59 della legge n. 449/1997) prevede che i lavoratori autonomi titolari di pensione e con età non inferiore a 65 anni, possano, a domanda, richiedere lo sconto del 50% dell’onere. La riduzione riguarda esclusivamente la contribuzione pensionistica e non anche le altre quote (Inail e maternità). Il minor versamento si riflette naturalmente sul supplemento di pensione cui gli interessati hanno diritto continuando l’attività lavorativa.

La Legge di Bilancio 2017 (art. 1, commi 344 e 345, legge n. 232/2016) ha stabilito inoltre uno sgravio a favore dei coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali (IAP), con età inferiore a 40 anni che effettuano l’iscrizione nella previdenza agricola nel periodo compreso tra l’1 gennaio 2017 e il 31 dicembre 2018, i quali sono quindi esonerati dal versamento totale dei contributi per un periodo massimo 36 mesi (tre anni). Decorsi i primi 36 mesi, l’esonero è riconosciuto per un periodo massimo di 12 mesi nel limite del 66% e per un periodo massimo di ulteriori 12 mesi nel limite del 50%. L’esonero vale anche per chi si è iscritto nel 2016, qualora l’azienda sia ubicata nei territori montani e nelle cosiddette zone svantaggiate. Dopo che nel 2019 la misura non fu rinnovata, la legge di bilancio 2020 (articolo 1, co. 503 della legge 160/2019) ha rinnovato l'esonero totale dal versamento dei contributi per coloro che, avendo meno di 40 anni, effettuano nuove iscrizioni nella previdenza agricola tra l’1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2020 come coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

La Legge di Bilancio 2024, ha prorogato per il 2024 l’esonero contributivo riconosciuto agli Imprenditori Agricoli Professionali (IAP) e ai Coltivatori Diretti di età inferiore ai 40 anni. 
 

TRATTAMENTI PENSIONISTICI

Il diritto alle prestazioni pensionistiche è subordinato alle condizioni che in via generale sono il verificarsi dell'evento protetto (ad esempio il compimento di una determinata età) e il possesso da parte dell'assicurato di determinati requisiti contributivi e assicurativi.
 

La pensione di vecchiaia

La pensione di vecchiaia viene riconosciuta qualora ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni: compimento dell'età pensionabile; raggiungimento di determinati requisiti contributivi; cessazione del rapporto di lavoro dipendente.

Spetta all'età di 67 anni mesi sia per gli uomini sia per le donne (il limite di età delle donne è parificato a quello degli uomini a partire dal 2018). I suddetti requisiti anagrafici, a far tempo dall'1 gennaio 2013, viene adeguato alla cosiddetta speranze di vita (sulla base dei dati forniti dall’ISTAT), con una periodicità dapprima triennale e divenuta biennale dal 2019.

L’evoluzione dell’età pensionabile nel tempo

L'evoluzione dell'età pensionabile nel tempo 2024

Il diritto alla pensione di vecchiaia è riconosciuto quando il lavoratore possa far valere almeno 20 anni di contribuzione. Al fine di tutelare posizioni precedenti al 1993 (riforma Amato) è stabilito che si continuino ad applicare i precedenti requisiti (minimo di 15 anni) per i seguenti soggetti:

  • lavoratori che abbiano maturato 15 anni di contributi alla data del 31 dicembre 1992;
     
  • lavoratori che al 31 dicembre 1992 risultino ammessi alla prosecuzione volontaria. Non è richiesto che l'assicurato ammesso alla prosecuzione volontaria abbia anche effettuato versamenti anteriormente alla predetta data. 

 

La pensione di vecchiaia contributiva

Per i lavoratori che hanno iniziato l'attività dall’1 gennaio 1996 (privi di anzianità contributiva, anche all’estero, al 31 dicembre 1995), la pensione di vecchiaia, dall’1 gennaio 2012, richiede gli stessi requisiti di quelli previsti per i soggetti che risultano già assicurati alla data del 31 dicembre 1995: 67 anni di età e 20 anni di anzianità contributiva.

È inoltre possibile ottenere la pensione di vecchiaia contributiva all’età di 71 anni sia per le donne che per gli uomini, con almeno 5 anni di contribuzione effettiva, volontaria e da riscatto (non valgono i contributi figurativi). Viene richiesta la cessazione del lavoro dipendente. 

Condizione

Affinché venga riconosciuta la pensione a coloro che hanno contribuzione solo a partire dal 1° gennaio 1996 è necessario che il valore minimo della pensione scende da 1,5 volte l’assegno sociale, come era fino al 2023, a 1 volta l’assegno sociale, pari per il 2024 a 534,4 euro lordi mensili.

Attenzione! A differenza dei dipendenti cui si richiede la cessazione del lavoro subordinato, ai lavoratori autonomi non si richiede la cessione dell’attività o dagli eventuali elenchi professionali. 

 

La pensione anticipata (ex pensione di anzianità) 

La pensione anticipata è il trattamento previdenziale che si può ottenere in anticipo rispetto all’età prevista per la vecchiaia, da cui il nome. 

Dall’1 gennaio 2012 per la pensione anticipata è richiesta un’anzianità contributiva pari a 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne. Tali requisiti sono aumentati di 4 mesi per l’anno 2013, di un mese nel 2014 e di ulteriori 4 mesi dal 2016 secondo la parametrazione periodica agli andamenti demografici. Nella tabella che segue sono dunque riepilogati gli adeguamenti alla cosiddetta speranza di vita dal 2012 - anno della loro introduzione con la legge Monti-Fornero – fino al 2020.

Attenzione! Proprio nel 2019 sarebbero dovuti ulteriormente aumentare i requisiti contributivi minimi sia per gli uomini sia per le donne: per i primi da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 3 mesi e per le seconde da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e 3 mesi. 
 

I requisiti richiesti per la pensione anticipata o di anzianità

I requisiti richiesti per la pensione anticipata

Il decreto legge del 28 gennaio 2019, n.4 è tuttavia intervenuto sul tema dell'indicizzazione dell'anzianità contributiva rispetto all’aspettativa di vita, bloccandola a 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (un anno in meno per le donne): come recita il testo del decreto legge, il "blocco" è sperimentale e dunque in vigore dall’1 gennaio 2019 al 31 dicembre 2026. Viene comunque introdotto un differimento della decorrenza di 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti pensionistici (la cosiddetta “finestra mobile”). Secondo le tabelle di riferimento rilasciate dal MEF nel dicembre 2023, i requisiti rimarranno bloccati fino al 2028 compreso.

Attenzione! Per i lavoratori iscritti al sistema pensionistico pubblico a partire dal 1/1/1996 (cioè i lavoratori interamente assoggettati al regime contributivo non avendo maturato prima di quella data contribuzione neppure all’estero), è previsto un ulteriore canale di accesso al pensionamento anticipato. Essi possono accedere con un’età inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia, fino a un massimo di 3 anni, dunque 64 anni per il 2023, se in possesso di almeno 20 anni di contribuzione effettiva (non sono considerati utili i contributi figurativi) e un importo minimo di pensione variabile in base allo status del lavoratore:

Uomo/Donna priva di figli: 3 volte l’assegno sociale (nel 2024 1.603 euro lordi mensili);
Donna con 1 figlio: 2,8 volte l’assegno sociale (nel 2024 1.496 euro lordi mensili) stesso valore del 2023;
Donna con 2 o più figli: 2,6 volte l’assegno sociale (nel 2024 1.389 euro lordi mensili) valore inferiore al 2023.
 
Quest’ultima forma di pensionamento, dal 2024 prevede una finestra di differimento trimestrale a partire dal momento del raggiungimento dei requisiti, e, dalla decorrenza della pensione e fino alla maturazione dell’età di vecchiaia (da 64 a 67 anni), non potrà avere un valore superiore a 5 volte il trattamento minimo (nel 2024 circa 2.990 euro mensili), dopodiché, raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia, l’assegno tornerà al valore pieno. 


Quota 103 o Pensione Anticipata Flessibile

Si tratta di un’opzione introdotta dalla legge n.197/2022 che ha modificato il decreto legge 4/2019 introduttivo di Quota 100 e che consente di accedere alla pensione con 62 anni di età e 41 di contributi; la misura ha carattere sperimentale e la sua validità si estende per il momento al prossimo triennio, vale a dire a tutti i lavoratori (dipendenti, autonomi e iscritti alla Gestione separata INPS) che matureranno i requisiti entro il 31 dicembre 2024. 

Attenzione! Affinché sia possibile esercitare questa possibilità, è necessario possedere contemporaneamente entrambi i requisiti minimi. A proposito del requisito contributivo, occorre inoltre si ritiene valida la contribuzione a qualsiasi titolo accreditata in favore dell’assicurativo, fermo restando – così come precisato anche dalla circolare INPS 11/2019 -  il possesso di almeno 35 anni di contribuzione effettiva, al netto di periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti. Per raggiungere il requisito contributivo, gli iscritti a due o più gestioni previdenziali, non titolari di pensione a carico di una delle stesse, possono cumulare i periodi assicurativi non coincidenti nelle stesse gestioni amministrate dall'INPS, ad esclusione dei contributi maturati presso le casse professionali per i quali è possibile ricorrere alla ricongiunzione onerosa.

La domanda può essere presentata una volta maturati i requisiti (anche nel 2024, se raggiunti entro il 31 dicembre dell’anno precedente), mentre la prestazione decorre 7 mesi dopo la maturazione del diritto per effetto della finestra trimestrale prevista. Per il personale del comparto Scuola ed AFAM la decorrenza rimane, invece, fissata dall’anno scolastico successivo alla domanda di collocamento a riposo, ricordando che coloro che abbiano maturato i requisiti entro il 31.12.2023 possono presentare domanda entro il 28.02.2024.  Per quanto riguarda la misura della pensione, va precisato che l’importo non subisce nel calcolo alcuna penalizzazione, pur verosimilmente meno generoso di quello di un’ipotetica pensione anticipata per effetto sia del minor numero di anni di contribuzione sia di un coefficiente di trasformazione più basso. Va però tenuto conto che il trattamento di pensione anticipata flessibile viene riconosciuto per un valore lordo mensile massimo dell’assegno di pensione non superiore a cinque volte il trattamento minimo previsto dalla legislazione vigente, per le mensilità di anticipo del pensionamento rispetto al momento in cui il diritto maturerebbe a seguito del raggiungimento dei requisiti ordinari di accesso al sistema pensionistico ai sensi dell'articolo 24, comma 6, decreto legge n. 201/2011 (67 anni di età per entrambi i sessi fino al 2026 per l’accesso alla pensione di vecchiaia). Inoltre, la Legge di Bilancio 2024, ha modificato il metodo di calcolo relativo alla pensione Quota 103, prevedendo l’obbligatoria conversione al metodo di calcolo contributivo, solitamente più svantaggioso rispetto al metodo di calcolo misto. 

Attenzione! Chi andrà in pensione con Quota 103 non potrà percepire redditi da lavoro dipendente o autonomo fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia (attualmente, 67 anni): all’assoluto divieto di cumulo durante il periodo di anticipo – pena la sospensione della pensione stessa – è comunque prevista una deroga per il lavoro autonomo occasionale entro il limite annuale di 5.000 euro lordi annui. Chi richiede la pensione in Quota 103 deve dichiarare l’assenza o meno di redditi incumulabili, mediante la presentazione del modello AP140 in fase di domanda di pensione. 

Si ricorda anche che per coloro che maturino i requisiti entro il 31 dicembre 2024, l’accesso è consentito anche negli anni successivi, ferma restando la possibilità di accedere anche alle pensioni Quota 100, Quota 102 e 103 versione 2023 per chi ne aveva maturato i requisiti entro, rispettivamente, il 2021, il 2022 e il 2023. 

Opzione donna

La legge n. 213/2023 ha modificato i requisiti di accesso ad Opzione Donna, precedentemente corrispondenti a almeno 35 anni di contributi e almeno 60 anni di età oltre al possesso di almeno un requisito soggettivo tra quelli previsti dalla normativa.

A partire dal 1° gennaio 2024, il diritto a Opzione Donna è concesso alle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2023 hanno maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di 61 anni, ridotta di 1 anno per ogni figlio nel limite massimo di 2 anni, e che si trovano in una delle seguenti condizioni:

a) assistono, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità o un parente o un affine di secondo grado convivente se i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni o siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o deceduti o mancanti;

b) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, pari o superiore al 74%;

c) sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa, Mimit (articolo 1, comma 852, legge n. 296/2006). Per queste lavoratrici la riduzione massima di 2 anni del requisito anagrafico di 60 anni trova applicazione a prescindere dal numero di figli, portando l’età da possedere entro la fine del 2023 a 58 anni.

Con la circolare 11/2019, l’INPS ricorda che per raggiungere il requisito dei 35 anni di contribuzione non concorrono i contributi accreditati per malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti. Non solo, la circolare 11/2019 specifica inoltre che alle lavoratrici madri che accedono al pensionamento tramite opzione donna non si applicano le agevolazioni previste dalla Legge Dini (articolo 1, comma 40, della legge n. 335 del 1995). In sostanza, per le pensioni contributive non sono riconosciuti i contributi figurativi relativi ai periodi di assenza dal lavoro per motivi di educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età o di assistenza al coniuge e al genitore, oltre a non essere riconosciuto l’anticipo di quattro mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di un anno. 

La circolare 6/2020 ha specificato che le lavoratrici che presentano domanda per opzione donna, dal momento che la misura comporta la conversione al metodo di calcolo contributivo, possono presentare, contestualmente, domanda di riscatto agevolato della durata legale del corso di studi universitari, allegando alla stessa il modello AP142.

Nel caso del lavoro dipendente, la pensione decorre in ogni caso 12 mesi dopo la maturazione dei requisiti che diventano 18 mesi per le lavoratrici che hanno maturato contribuzione anche nella gestione artigiani e commercianti.  

 

APE sociale

Confermata anche per il 2024 la possibilità di ricorrere all’anticipo pensionistico sociale. 

L’APE sociale permette a specifiche categorie di lavoratori individuate dalla legge di ottenere, una volta raggiunti i 63 anni e 5 mesi di età e i 30 anni di contributi (36 per gli addetti alle mansioni gravose e 32 anni per gli afferenti al settore edile o a determinate attività indicate da specifici codici ATECO elencati dalla normativa; previsto invece uno sconto fino a 2 anni per le lavoratrici madre), una sorta di assegno ponte fino alla maturazione dei requisiti necessari alla pensione di vecchiaia. Nel concreto, si traduce quindi in una sorta di sussidio di accompagnamento alla pensione – conditio sine qua non è ovviamente la non titolarità di alcuna pensione diretta – erogato dallo Stato a soggetti che si trovano in condizioni di particolare bisogno (vale a dire, disoccupati, caregiver, invalidi civili e addetti a mansioni gravose) così come individuati dalla legge. 


 

Trattamenti di invalidità

Sono previste due distinte prestazioni: l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità.


Assegno d'invalidità

Si considera invalido l'assicurato la cui capacità di lavoro in occupazioni confacenti alle sue attitudini sia ridotta a meno di 1/3, in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale.

L’assegno ha carattere temporaneo: viene infatti accordato solo per un triennio, suscettibile di riconferma sempre che il soggetto risulti ancora invalido. Alla scadenza del triennio, per ottenerne la conferma il titolare di assegno è tenuto a presentare apposita domanda. Dopo tre riconoscimenti consecutivi l’assegno è confermato automaticamente e cioè indipendentemente dalla domanda dell’interessato. Al compimento dell'età pensionabile per la vecchiaia, sempre che ricorrano i relativi requisiti di contribuzione, l'assegno di invalidità si trasforma d'ufficio in pensione di vecchiaia.

L’assegno d’invalidità è ridotto proporzionalmente all’entità dei redditi, conseguiti per attività lavorativa. In altri termini, all’invalido che continua a svolgere attività lavorativa e realizza una somma superiore a 4 volte il trattamento minimo INPS, l’assegno viene ridotto del 25%. Se il reddito supera invece 5 volte l’ammontare annuo del minimo, la riduzione sale al 50%.
 

Invalidi e cumulo 

Invalidi e cumulo 2021

*Si tratta di reddito da lavoro dipendente, autonomo o d’impresa

Il trattamento minimo annuo INPS del 2024 è pari a 7.781,93 euro annui, vale a dire 591,61 euro mensili.

 

Pensione d’inabilità

Si considera inabile, ai fini del conseguimento del diritto a pensione, l'assicurato che a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

La pensione di inabilità è costituita dal trattamento effettivamente maturato sulla base della contribuzione versata, maggiorato di una quota pari a quella che l’inabile avrebbe maturato se avesse continuato a lavorare sino all’età di 60 anni (uomini e donne). L’anzianità contributiva da considerare non può comunque superare i 40 anni.

Requisito contributivo

Ai fini del perfezionamento del diritto all'assegno di invalidità e alla pensione di inabilità è richiesto il possesso dei seguenti requisiti di contribuzione: almeno 5 anni di contribuzione (260 contributi settimanali), di cui almeno 3 anni versati nel quinquennio precedente la presentazione della domanda. È richiesta anche la cessazione di qualsiasi tipo di attività lavorativa, la cancellazione dagli elenchi anagrafici degli operai agricoli e dagli elenchi di categoria dei lavoratori autonomi, la cancellazione dagli albi professionali e la rinuncia ai trattamenti a carico dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e a ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione.

 

La pensione ai superstiti

Il diritto alla pensione in favore dei superstiti sorge in caso di decesso del pensionato oppure del lavoratore in attività, a condizione che quest'ultimo, al momento del decesso, possa far valere almeno 15 anni di contribuzione, ovvero 5 anni, di cui almeno 3 versati nel quinquennio precedente la data della morte.

I superstiti beneficiari possono classificarsi in tre gruppi: il coniuge ed i figli (minorenni, maggiorenni studenti sino a 21 anni ed universitari sino a 26 anni, ovvero inabili e a carico del genitore defunto), i genitori, i fratelli e le sorelle (in mancanza di coniuge e figli).

La misura della pensione è stabilita in una quota dell’intero importo del trattamento già liquidato al lavoratore o che a lui sarebbe spettato. Le quote sono le seguenti: coniuge solo: 60%; coniuge e un figlio: 80%; coniuge e due o più figli: 100%. Qualora abbiano diritto a pensione soltanto i figli, ovvero i genitori o i fratelli o sorelle, le aliquote sono le seguenti: un figlio: 70%; due figli: 80%; tre o più figli:100%; un genitore: 15%; due genitori: 30%; un fratello o sorella: 15%. La pensione ai superstiti non può, in alcun caso, risultare superiore all’intero ammontare della rendita della quale risultava titolare, o che sarebbe spettata al lavoratore deceduto.

Se il superstite possiede redditi

La pensione attribuita ai superstiti, qualora il beneficiario faccia parte di un nucleo familiare dove non vi siano figli minori, studenti o inabili, è corrisposta nella misura ridotta: al 75 %, in presenza di redditi imponibili IRPEF (escluso quello della casa di abitazione) d’importo annuo superiore a 3 volte il trattamento minimo INPS; al 60% in presenza di redditi (escluso quello della casa di abitazione) d’importo annuo superiore a 4 volte il trattamento minimo; al 50%, in presenza di redditi imponibili IRPEF d’importo annuo superiore a 5  volte il trattamento minimo INPS.

Il trattamento minimo annuo INPS del 2024 è pari a 7.781,93 euro annui, vale a dire 598,61 euro mensili.
 

Cumulo tra redditi e pensione ai superstiti

Cumulo tra redditi e pensione ai superstiti

In ogni caso, il trattamento pensionistico che deriva dal cumulo dei redditi con la pensione ai superstiti ridotta non può essere inferiore a quello che spetterebbe al pensionato se il reddito fosse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti a quella in cui si colloca il reddito posseduto (cd. salvaguardia), come chiarito dalla circolare Inps n. 108/2023 a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2022.

 

Decorrenza e misura della pensione 

La pensione di vecchiaia decorre dal mese successivo a quello in cui si maturano i requisiti richiesti per il diritto. La pensione anticipata decorre, a partire dal 2019, tre mesi dopo il compimento dei requisiti (con la cosiddetta “finestra mobile”). L’assegno di invalidità e la pensione di inabilità decorrono dal mese successivo a quello della relativa domanda. La pensione ai superstiti è fissata al mese successivo alla data del decesso del dante causa.    

 

Misura della pensione

Il sistema di calcolo della pensione si differenzia a seconda dell’anzianità contributiva maturata alla data del 31 dicembre 1995:

  • per chi ha almeno 18 anni di contributi, il criterio utilizzato è misto, e cioè “retributivo”, per l’anzianità maturata sino al 31 dicembre 2011, e “contributivo” per i periodi di attività successivi all'1 gennaio 2012;
     
  • per chi ha meno di 18 anni di contributi, il criterio utilizzato è misto, e cioè “retributivo”, per l’anzianità maturata sino al 31 dicembre 1995, e “contributivo” per i periodi di attività successivi all'1 gennaio 1996;
  • per coloro che si sono iscritti, dall'1 gennaio 1996 (privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995), si applica invece il solo criterio contributivo, strettamente collegato al valore della contribuzione versata nell’arco dell’intera vita lavorativa.


Criteri di calcolo della pensione

Criteri di calcolo della pensione

Attenzione! La Legge n. 190/2014 (art. 1, commi 707-709) ha stabilito che per i soggetti con più di 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, l’INPS effettuerà il doppio calcolo su ogni pensione liquidata dal 2012 con i seguenti criteri:

  • primo calcolo: applicando i criteri previsti dalla Riforma Fornero, determinando l’importo con il retributivo per i versamenti maturati al 31 dicembre 2011 e con il contributivo per quelli maturati dall’1 gennaio 2012;
     
  • secondo calcolo: applicando il calcolo interamente retributivo per tutte le anzianità contributive maturate (sia antecedenti il 31 dicembre 2011, sia successivi) anche oltre i 40 anni complessivi di contribuzione.

Dal confronto dei due calcoli quello che sarà di minore importo verrà posto in pagamento. Restano escluse dal doppio calcolo le pensioni di inabilità.

 

Calcolo Retributivo

La misura della pensione nel sistema retributivo è data dalla somma di due distinte quote (A + B). La prima (A) corrispondente all’importo relativo all’anzianità contributiva maturata sino a tutto il 31 dicembre 1992; la seconda (B) corrispondente all’anzianità contributiva acquisita dall’1 gennaio 1993 al 31 dicembre 2011. Per l’anzianità maturata dall’1 gennaio 2012 si fa invece riferimento al sistema contributivo puro (quota C).

La base pensionabile è costituita dalla media annua dei redditi convenzionali assoggettati a contribuzione dei 10 anni che precedono la decorrenza, per la quota A, e dalla media annua degli ultimi 15 anni per la quota B. I redditi utilizzati sono rivalutati tenendo conto dell’inflazione.

 

L’integrazione al minimo

Quando l'importo della pensione, calcolato con il criterio retributivo sulla base della contribuzione effettivamente versata risulta inferiore a una certa cifra (il minimo stabilito dalla legge) si procede alla cosiddetta integrazione, che rappresenta quindi la differenza, a carico dello Stato, tra la quota effettivamente maturata e la soglia stabilita.

Le condizioni da rispettare affinché scatti l'integrazione sono due: chi richiede la pensione non deve avere altri redditi assoggettati a Irpef di importo superiore a 2 volte il trattamento minimo; il reddito complessivo della coppia (pensionato e relativo coniuge) non deve superare l'importo annuo di 4 volte il minimo.

L’importo nel 2024 è pari a 598,61 euro/mese. 

 

Calcolo contributivo

Il sistema contributivo funziona ad accumulo. Il lavoratore provvede, con il concorso dell'azienda, ad accantonare annualmente il 33% del proprio stipendio. Il capitale versato produce una sorta di interesse composto, a un tasso legato alla dinamica quinquennale del PIL (il prodotto interno lordo) e all'inflazione.

Alla data del pensionamento al montante contributivo, ossia la somma rivalutata dei versamenti effettuati, si applica un coefficiente di conversione che cresce con l’aumentare dell’età. Con riferimento al 2023, ad esempio, il coefficiente è pari al 4,615%, per chi chiede la rendita a 60 anni, sale al 5,352% per chi resiste fino a 65 anni e al 6,395% se si decide di arrivare fino a 70 anni. A partire dal 2019, i coefficienti di trasformazione sono rivisti ogni due anni - in precedenza lo erano ogni 3 - sulla base della evoluzione degli andamenti demografici (speranza di vita). 

Per le pensioni liquidate a soggetti di età inferiore a 57 anni (pensione di inabilità e pensione ai superstiti) si applica il coefficiente di trasformazione previsto per coloro che hanno compiuto i 57 anni.
 

Confronto fra i vecchi coefficienti di trasformazione e i nuovi validi a partire dal 2023  Confronto fra i vecchi coefficienti di trasformazione e i nuovi validi a partire dal 2021

Attenzione! Per le pensioni liquidate sulla base del criterio contributivo, le disposizioni sull'integrazione al minimo non trovano applicazione. 

 

La rivalutazione delle pensioni

La perequazione delle pensioni è la rivalutazione annuale degli importi dei trattamenti pensionistici per adeguarli al costo della vita. Si applica a tutti i trattamenti pensionistici erogati dalla previdenza pubblica, dalle gestioni dei lavoratori autonomi, dalle gestioni sostitutive, esonerative, esclusive, integrative ed aggiuntive; trova applicazione per le pensioni dirette e ai superstiti (pensione di reversibilità e pensione indiretta), indipendentemente che siano integrate al trattamento minimo. L’applicazione della perequazione avviene al 1° gennaio di ogni anno sulla base degli incrementi dell’indice annuo dei prezzi al consumo accertati dall’Istat. Il decreto ministeriale del 20 novembre 2023 ha stabilito che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per il 2024 è pari a 8,1% dal 1° gennaio 2024.

La rivalutazione dipenderà dalle fasce di reddito:

100% per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a 4 volte il trattamento minimo;

85% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 4 volte il trattamento minimo e pari o inferiori a 5 volte il trattamento minimo;

53% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 5 volte il trattamento minimo e pari o inferiori a 6 volte il trattamento minimo;

47% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 6 volte il trattamento minimo e pari o inferiori a 8 volte il trattamento minimo;

37% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 8 volte il trattamento minimo e pari o inferiori a 10 volte il trattamento minimo;

32% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 10 volte il trattamento minimo.

 

Il trattamento minimo di riferimento in pagamento dal primo gennaio 2023 è pari a 563,73 euro.


Regime del Cumulo

Il cumulo pensione-reddito da lavoro è ormai un problema che riguarda esclusivamente i beneficiari della pensione di invalidità. I titolari della vecchiaia, infatti, da tempo possono svolgere sia attività di lavoro dipendente che da autonomo, senza subire alcuna riduzione della pensione. Lo stesso vale per i titolari dei trattamenti anticipati/anzianità a partire dal 2009.

Regime del cumulo * *La trattenuta non può comunque superare il 30% del reddito da lavoro

**Per il 2024, la misura del trattamento minimo è pari a 598,61 euro

Attenzione! Chi andrà in pensione con Quota 103 (pensione anticipata flessibile) o Quota 102 o Quota 100 non potrà percepire redditi da lavoro dipendente o autonomo fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia (attualmente, 67 anni): all’assoluto divieto di cumulo durante il periodo di anticipo – pena la sospensione della pensione stessa – è comunque prevista una deroga per il lavoro autonomo occasionale entro il limite annuale di 5.000 euro lordi. Così come chiarito da INPS con il messaggio 54/2020, chi richiede la pensione in Quota 100, Quota 102 o Quota 103 deve dichiarare l’assenza o meno di redditi incumulabili, mediante la presentazione del modello AP140 in fase di domanda di pensione. Coloro che sono già titolari di pensione in Quota 100, Quota 102 o Quota 103 devono, invece, presentare il modello AP139 per dichiarare a preventivo o a consuntivo la percezione di redditi cumulabili o incumulabili con la pensione in Quota 100, Quota 102 o Quota 103.

 


Clicca sulla professione per scoprire tutte le regole della previdenza di base della gestione corrispondente! 

 

Potrebbe interessarti anche

Previdenza, il sistema è sostenibile...

Secondo l'ultimo Rapporto Itinerari Previdenziali, nel 2022 il rapporto attivi/pensionati si è attestato a quota 1,4443: la "soglia della semi-sicurezza" dell'1,5 è ancora lontana ma, nel complesso, il sistema regge e continuerà a farlo, a patto di compiere scelte oculate su politiche attive per il lavoro, anticipi ed età di pensionamento

Pensioni e singole gestioni: come vanno i conti del sistema obbligatorio?

Nonostante la spesa previdenziale italiana si possa dire complessivamente sotto controllo, alcune gestioni mostrano anche per il 2022 segnali di fatica: bene commercianti, dipendenti del settore privato e, fuori dal perimetro INPS, anche i liberi professionisti. In "rosso" i dipendenti pubblici