Addio al reddito di cittadinanza: cosa è bene sapere sull'assegno di inclusione (ADI)

Sostegno economico e di inclusione socio-professionale, l'ADI sostituisce a partire dal 2024 il reddito di cittadinanza: ecco come funziona e chi ne ha diritto

Misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce più deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, formazione e politica attiva del lavoro, l’assegno di inclusione viene istituito dal cosiddetto Decreto Lavoro a decorrere dall’1 gennaio 2024. Prende sostanzialmente il posto del reddito di cittadinanza, definitivamente “pensionato” a partire dalla stessa data. 

Proprio come il RdC, consiste di fatto in una misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale: mentre la componente monetaria, condizionata alla prova dei mezzi, viene parametrata alla condizione specifica del nucleo familiare, il progetto di inclusione sociale e professionale viene personalizzato sulla base delle caratteristiche del richiedente. La sua attivazione è in ogni caso indispensabile per l’ottenimento del beneficio economico, composto da 2 diverse quote: 

  • un’integrazione del reddito familiare (quota A);
     
  • un sostegno per i nuclei residenti in abitazione in locazione, con contratto regolarmente registrato (quota B).

 

Chi può richiedere l’ADI? 

L’Assegno di inclusione è riconosciuto, su domanda, ai nuclei familiari che abbiano almeno un componente in una delle seguenti condizioni:

  • con disabilità;
     
  • minorenne;
     
  • con almeno 60 anni di età;
     
  • in condizione di svantaggio (grave disagio bio-psico-sociale) e inserito in programma di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.

Attenzione! Condizione cui si aggiunge il possesso dei requisiti di residenza, cittadinanza e soggiorno, oltre al superamento della cosiddetta prova dei mezzi che, sulla base dell’ISEE, accerta la situazione reddituale del beneficiario e del suo nucleo familiare. 

 

Requisiti di residenza, cittadinanza e soggiorno e altri requisiti soggettivi

In particolare, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, chi fa richiesta dell’ADI deve: 

a) risultare cittadino europeo o essere familiare di un cittadino europeo e titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente. In alternativa, possono farne richiesta anche i cittadini di altri Paesi purché in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo oppure i titolari dello status di protezione internazionale (asilo politico o protezione sussidiaria); 

b) risultare residente in Italia da almeno 5 anni, di cui gli ultimi 2 in modo continuativo (al netto di assenze per gravi motivi di salute, il periodo viene considerato interrotto nel caso di assenze di durata superiore ai 2 mesi continuativi oppure di 4 anche non continuativi lungo un arco temporale di 18 mesi complessivi); requisito che devono soddisfare anche i componenti del nucleo familiare che rientro nei parametri della scala di equivalenza. 


Attenzione! Non possono in nessun caso presentare la domanda quanti risultano sottoposti a misure cautelari o condannati nei 10 anni precedenti la richiesta dell’assegno. 

Allo stesso modo, non hanno diritto all’ADI i nuclei familiari un cui componente risulti disoccupato a seguito di dimissioni volontarie nei 12 mesi antecedenti la richiesta. Fanno eccezione le dimissioni per giusta causa, così come eventuali risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro avvenute nell’ambito di procedure di conciliazione. 

 

Requisiti di natura economica e patrimoniale

In aggiunta e congiuntamente, il nucleo familiare del richiedente deve possedere: 

a) un ISEE in corso di validità di valore non superiore a 9.360 euro; nel caso di nuclei familiari con minorenni, l’ISEE è calcolato ai sensi dell’art. 7 del DPCM n. 159 del 2013; 

b) un valore del reddito familiare inferiore a una soglia di 6.000 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ADI di. Nei casi di  famiglie interamente composte da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni o in presenza di soggetti non autosufficienti o con disabilità grave, la soglia viene innalzata a 7.560 euro, sempre da moltiplicare per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ADI; 

c) un patrimonio immobiliare ai fini IMU di valore non superiore a 30.000 euro (detratto un massimo di 150mila euro per l’eventuale casa di abitazione); 

d) un patrimonio mobiliare di valore non superiore a 6.000 euro, accresciuto di 2.000 euro per ogni componente del nucleo successivo al primo (fino a un massimo di 10mila) e di ulteriore 1.000 per ogni minorenne successivo al secondo. I massimali sono poi ulteriormente aumentati di 5.000 euro in presenza di componenti disabili e di 7.500 euro nell’eventualità di soggetti non autosufficienti o disabili gravi. 


Attenzione! Dal reddito familiare vanno detratti sia i trattamenti assistenziali inclusi nell’ISEE sia quanto percepito nell’ambito di misure di contrasto alla povertà (ad esempio, ADI stesso o reddito di cittadinanza). Per quanto riguarda invece il patrimonio mobiliare, ai fini dell’ottenimento della misura, è indispensabile che nessun componente del nucleo del richiedente risulti proprietario di vetture di cilindrata superiore a 1600 cc o motoveicoli superiori a 250cc immatricolati nei 36 mesi antecedenti la richiesta. Allo stesso modo, il richiedente e i suoi familiari non devono disporre né di imbarcazioni né di aeromobili di alcun genere. 

 

La scala di equivalenza ADI

Così come definito dal Decreto Lavoro, il parametro della scala di equivalenza ADI viene fissato a quota 1 per il nucleo familiare e viene quindi incrementato fino a un massimo di 2,2, ulteriormente elevato a 2,3 in caso di disabili gravi o non autosufficienti, secondo il seguente schema: 

Scala di equivalenza ADI (prima parte)

Scala equivalenza ADI (seconda parte)

Attenzione! In caso di assenze della durata di 2 o più mesi continuativi oppure di 4 non continuativi nell’arco di 18 mesi, l’eventuale componente del nucleo familiare che interrompa la residenza in Italia o risulti a carico di una struttura pubblica viene estromesso dal conteggio. 

 

Come presentare la domanda per l’ADI? Inoltro della richiesta e trasmissione dei dati

Le domande per l’ADI possono essere presentate, accedendo in via telematica al sito INPS oppure rivolgendosi a un patronato, a partire dal 18 dicembre 2023. A partire dall’1 gennaio 2024 sarà inoltre possibile fare richiesta anche appoggiandosi ai CAF (Centri di Assistenza Fiscale). 

Presentata la richiesta, i dati vengono quindi trasferiti anche alla piattaforma SIISL (Sistema Informativo di inclusione sociale e lavorativo), affinché il richiedente possa adempiere anche all’obbligo di attivazione lavorativa, autorizzando espressamente la trasmissione delle informazioni a tutti i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro. Allo stesso modo, sottoscritta l’autorizzazione (il cosiddetto PAD), i dati sono automaticamente inviati anche ai servizi sociali del comune di residenza, che provvederanno alla convocazione del nucleo familiare, affinché possano essere attivati eventuali ulteriori sostegni. 

 

Quali obblighi per percettore e nucleo familiare? 

A seguito dell’analisi condotta dai servizi sociali, sia il richiedente sia gli altri componenti del nucleo inseriti nella scala di equivalenza sono tenuti a seguire eventuali percorsi per loro individuati, pena la decadenza stessa dell’ADI. 

Il primo e più importante è quello lavorativo, attivato mediante la sottoscrizione del patto di servizio personalizzato, riguardante tutti i componenti maggiorenni, che esercitano la responsabilità genitoriale, non occupati né coinvolti in attività di studio o di cura. Previste a ogni modo eccezioni in caso di disabilità, patologie gravi come quelle oncologiche e in caso di un’età anagrafica superiore ai 60 anni. Altrettanto importante è poi il percorso di inclusione sociale nel quale sono eventualmente coinvolti anche i beneficiari esclusi dagli obblighi di attivazione dell’ADI. 

Attenzione! L’assegno di inclusione è uno strumento pensato anche per accompagnare le vittime di violenza di genere. In questo caso, l’accesso al beneficio è subordinato alla presa in carico da centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni o dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita, anche a seguito di provvedimento dell’Autorità Giudiziaria. 

Previsti infine anche obblighi in materia di istruzione. In particolare, beneficiari età compresa tra i 18 e i 29 anni che non abbiano concluso il percorso scolastico obbligatorio sono tenuti all’iscrizione e alla frequenza di corsi con tale finalità, anche in questo caso pena altrimenti la decadenza del beneficio. Lo stesso obbligo riguarda naturalmente anche i nuclei con percettori minorenni, cui compete il dovere di documentare la partecipazione scolastica dei minori. 

 

Come funziona concretamente l’ADI? 

In caso di esito positivo della domanda, il beneficio economico decorre a partire dal mese successivo della sottoscrizione da parte del richiedente del patto di attivazione digitale (PAD). 

La prestazione viene erogata mensilmente su apposita carta di pagamento elettronica per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi e può comunque essere rinnovata, previa sospensione di un mese, per periodi ulteriori di 12 mesi. Allo scadere dei periodi di rinnovo di 12 mesi è prevista, sempre, la sospensione di un mese.

 

Cosa succede in caso di variazioni della propria posizione reddituale o lavorativa?

Premessa indispensabile a farsi è che, salvo diverse indicazioni, ogni volta che intervenga una qualche variazione sulle condizioni e i requisiti di accesso all’assegno di inclusione (e al suo mantenimento), il beneficiario ha l’obbligo di comunicarla entro un massimo di 15 giorni. Diversamente, in caso di accertamenti che rendano nota la mancata comunicazione, l’accesso all’assegno di inclusione decade. 


Se cambia la situazione professionale… 

Nel caso in cui uno o più componenti del nucleo familiare avviino un’attività di lavoro dipendente, il maggior reddito da lavoro percepito non concorre alla determinazione del beneficio economico fino a un massimo di 3.000 euro lordi annui; viceversa, il reddito che supera questa soglia viene ritenuto valido ai fini della determinazione dell’importo dell’assegno a partire dal mese successivo alla variazione. Nonostante l’Istituto acquista i dati sulle attivazioni tramite l’apposita banca dati, è comunque in capo al neo-lavoratore la comunicazione all’INPS: fino a che questo passaggio non viene compiuto, l’assegno è sospeso mentre decade del tutto il diritto alla prestazione nel caso in cui la comunicazione non sia del tutto realizzata entro 3 mesi dall’inizio della nuova attività professionale. 

Nel caso invece di lavoro autonomo, la comunicazione all’INPS del o dei componenti del nucleo percettore deve avvenire entro il giorno precedente all’avvio di attività di impresa o altra libera professione. In caso contrario, il beneficio decade anche se, in questo caso, continua a fruire senza variazioni e a titolo di incentivo dell’assegno per le due mensilità successive a quella di variazione della condizione occupazionale, ferma restando la durata complessiva del beneficio. Viene tuttavia previsto un aggiornamento trimestrale, prendendo come riferimento il trimestre precedente: anche il reddito da lavoro autonomo e/o imprenditoriale concorre per la parte eccedente i 3.000 euro lordi annui. Per questa ragione, il beneficiario è tenuto a comunicare nei 15 giorni successivi al termine di ciascun trimestre dell’anno, il reddito conseguito come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività. 


Se cambia la composizione del nucleo familiare… 

Nell’eventualità in cui a variare sia il nucleo familiare, si ha tempo 1 mese di tempo dalla variazione per presentare una dichiarazione sostitutiva unica (DSU) per l’ISEE aggiornata pena, ancora una volta, la decadenza dell’assegno; dal mese successivo a quello di presentazione della DSU aggiornata, il nucleo può quindi presentare una nuova domanda di ADI. Sfuggono alla procedura nascite o decessi, per i quali non è necessario presentare nuova richiesta di ADI. 


Se l’ISEE non è adeguatamente aggiornato… 

In caso di ISEE con omissioni o difformità rispetto all’anagrafe tributaria e/o a dati autodichiarati dal cittadino rispetto al patrimonio mobiliare, l’INPS può riservarsi il diritto di chiedere documenti giustificativi oppure una nuova DSU. Decorsi i tempi utili, decade il beneficio o la possibilità di accoglimento della domanda (lì dove le anomalie siano riscontrati in fase di verifica, prima dell’accettazione. 
 

 

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